Elsa Vinci, la Repubblica 3/4/2012, 3 aprile 2012
ROMA - Un segreto custodito in Vaticano. Sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, sparita a 15 anni nel giugno 1983, c´è qualcuno ancora in vita presso la Santa Sede che saprebbe cosa è accaduto
ROMA - Un segreto custodito in Vaticano. Sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, sparita a 15 anni nel giugno 1983, c´è qualcuno ancora in vita presso la Santa Sede che saprebbe cosa è accaduto. «In Vaticano conoscono la verità». Ne è convinta la procura di Roma, che entro l´estate deciderà se archiviare il caso o depositare gli atti e andare verso richieste di rinvio a giudizio. Le indagini dell´aggiunto Giancarlo Capaldo hanno fatto emergere «elementi di verità giudiziaria ancora a livello indiziario». Troppo deboli, teme il pm, per sostenere l´accusa in dibattimento. Così la procura lancia un amo. E le parole che non dice, alla fine vengono pronunciate dal fratello della ragazza, Pietro Orlandi: «Chi sa si presenti dai magistrati». Ci sarebbe un alto prelato tra i soggetti a cui pensa il pm. Si era molto sperato nelle confessioni di Sabrina Minardi, per un periodo donna del boss Enrico De Pedis, uno dei capi della banda della Magliana, morto ammazzato sette anni dopo la scomparsa della ragazza e sepolto nella basilica di Sant´Apollinare, come un Papa. Ma le affermazioni della donna, benché suggestive, nel tempo si sono rivelate «contraddittorie», «fumose». In qualche caso, i suoi racconti hanno svelato una realtà sconosciuta alla procura, come per il dedalo di cunicoli sotto un appartamento di Monteverde, utilizzato da esponenti della banda della Magliana per la gestione di sequestri o per nascondere armi e droga. In altri casi, invece, la Minardi ha confuso date e circostanze, finendo lei stessa indagata per il sequestro di Emanuela Orlandi e rendendo, alla fine, le sue dichiarazioni inutilizzabili. Di certo, la procura sa che Emanuela è stata a lungo seguita e pedinata, prima di sparire nel nulla, così come sa che alla gestione del suo sequestro ha partecipato «qualche pezzo» della Magliana, magari all´insaputa della vera banda. Per ora sono indagati Sergio Vitrù, Angelo Cassani detto "Ciletto", Gianfranco Cerboni conosciuto come "Gigetto". Tutti soggetti di primo piano nella holding del crimine attiva a Roma tra gli anni Settanta e Ottanta. Tutti vicini a Renato De Pedis. Capaldo non sembra intenzionato a riaprire la tomba di "Renatino". L´ispezione del sepolcro a Sant´Apollinare non sarebbe necessaria all´inchiesta. Tempo fa, accompagnato dal rettore Pedro Huidobro - sentito come persona informata sui fatti con monsignor Pietro Vergari ( rettore fino al ´91) - il pm ha fatto un sopralluogo nella cripta. Il magistrato vide che, come aveva denunciato una voce anonima alla trasmissione "Chi l´ha visto?", c´era il nome di De Pedis su una elegante struttura di marmo, copiata da un artigiano della Santa Sede dalla tomba di un Papa. Un sopralluogo utile, perché tra l´altro Capaldo capì che dalla cripta in cui è sepolto "Renatino" si accedeva a una rete di cunicoli, ora chiusi, che conducono alla scuola di musica frequentata da Emanuela. Ma dentro quella bara, dice il pm, c´è De Pedis, nessun altro. Si stupisce il fratello della scomparsa: «Il magistrato mi ha detto che sarebbe andato a vedere, non capisco cosa possa avergli fatto cambiare idea». La questione era stata rilanciata negli ultimi giorni da un´interrogazione dell´onorevole Walter Veltroni. Il ministro degli Interno Cancellieri gli ha risposto che fu Ugo Poletti, allora arcivescovo vicario di Roma, ad autorizzare la sepoltura. Tutti fatti già noti alla procura. «Dal pm frasi importanti e coraggiose», commenta ora Veltroni. Pietro Orlandi guarda al Vaticano e si augura che «questi esponenti di cui parla il pm dicano quel che sanno». La famiglia di Emanuela chiede una risposta ufficiale alla Santa Sede. Che tace.