Angelo Lupoli, Affari e Finanza 2/4/2012, 2 aprile 2012
Lucia Aleotti dai farmaci a Mps Menarini va in banca ma non in Borsa – Lucia Aleotti del Monte dei Paschi di Siena ne sente parlare da quando era bambina
Lucia Aleotti dai farmaci a Mps Menarini va in banca ma non in Borsa – Lucia Aleotti del Monte dei Paschi di Siena ne sente parlare da quando era bambina. Non tanto perché in Toscana la banca è un’istituzione, ma soprattutto perché è legata a un episodio della sua infanzia. Una storiella riemersa dal passato proprio quando la sua famiglia, proprietaria della Menarini, ha deciso di investire circa 150 milioni di euro nel 4% dell’istituto senese. Una scelta d’istinto, che proietta per la prima volta il gruppo fiorentino al di fuori del core business. E che raddoppia gli impegni di Lucia da settembre alla guida della più grande industria farmaceutica italiana, in sostituzione del padre Alberto ritiratosi per motivi di salute a quasi 90 anni. Proprio il vecchio Alberto ha sempre guardato al Monte come a un punto di riferimento sin da quando dalla natia Emilia negli anni Sessanta approdò in Toscana. Allora aveva la sua scrivania in una stanzetta piena di carte e più di una volta era stato criticato per la modestia del suo ufficio. «Così, punto sul vivo, andai a visitare la sede del Monte dei Paschi di Siena confrontandomi con un mix fra antico e nuovo che non mancò di affascinarmi racconta a Mauro Castelli nel libro "A prova di crisi" lo stesso Alberto Aleotti e i successivi lavori ne tennero conto». «Quella ristrutturazione fa parte del passato ma è significativa dice oggi Lucia Aleotti certo è che il mio papà ha sempre avuto un apprezzamento particolare per il Monte sia per la sua storia sia per il grande legame che la banca ha con Siena e Firenze, le città più belle del mondo». Così appena se n’è presentata l’occasione entrare in Mps è stata una scelta quasi naturale. «Quando la Fondazione ha iniziato a cercare nuovi soci racconta Lucia io e mio fratello Alberto Giovanni ci siamo messi la mano sul cuore e abbiamo deciso di fare questo passo. E’ una sfida importante, ma io credo in questo Paese e credo nella crescita del territorio in cui vivo». L’investimento nel Monte è una scelta industriale, ma la famiglia intende avere un ruolo attivo. Per gli Aleotti ci saranno uno o due posti in consiglio e per Lucia si parla della poltrona di vice presidente. «Sono cose che scrivono i giornali interviene lei non è detto che l’investimento mi coinvolga personalmente. Decideremo con gli altri soci. Certo è che oggi la banca ha un’ottima squadra e sebbene la sfida sia difficile sicuramente sarà vinta». Lucia e suo fratello, con il quale condivide la guida del gruppo, guardano a Mps in una prospettiva di lungo termine e non come a un’operazione puramente finanziaria. Gli investimenti mordi e fuggi alla famiglia non sono mai piaciuti. E le incursioni al di fuori della farmaceutica non sono state mai fatte. Aleotti padre ha sempre lavorato alla crescita della sua azienda senza alcuna voglia di mettere piede in terreni sconosciuti come quelli del credito e della finanza. Del resto i risultati si sono visti: all’inizio degli anni Novanta la Menarini aveva oltre 3.600 dipendenti e fatturava l’equivalente di 800 milioni di euro. Oggi ha 13 mila dipendenti nel mondo e fattura oltre 3 miliardi. Solo una volta, in tanti anni, c’è stata la voglia di esplorare nuovi spazi. Nel 1995 Lamberto Dini, allora presidente del Consiglio, propose ad Alberto Aleotti di partecipare alla privatizzazione dell’Ina: 500 miliardi di lire di investimento per il 5% dell’istituto. «Mio padre si era mosso ricorda Lucia partendo dall’idea che i costi del servizio sanitario nazionale in prospettiva sarebbero diventati molto elevati e che sarebbe stato necessario affiancare un sistema assicurativo efficiente e di larga scala. Ed era convinto di poter dare il suo contributo». L’operazione non andò in porto. E non ci furono altri tentativi di andare oltre compresse e pomate. «Per noi la farmaceutica resta il core business conferma Lucia e credo che l’intero settore rappresenti un grande valore per il paese. In una visione strategica l’Italia può rafforzare la sua competitività proprio puntando sull’alta tecnologia, sulla ricerca, sull’occupazione qualificata, tutte caratteristiche che il nostro settore ha». E aggiunge: «Le aree di sviluppo nella farmaceutica sono tantissime e le potenzialità che ha l’Italia di attrarre investimenti internazionali sono ancora molto elevate». Lucia Aleotti parla contando sulla sua esperienza ultra ventennale in azienda dove entrò da neolaureata nel ’91 come assistente del padre prima e amministratore delegato della Menarini Sud subito dopo. I primi anni del suo lavoro coincidono con l’espansione internazionale del gruppo che, dopo aver creato la filiale francese, acquisisce dalla riunificata Germania la BerlinChemie partecipando a un’asta pubblica. Il piano di risanamento dell’industria dell’ex Ddr messo a punto dai nuovi proprietari italiani era lacrime e sangue: l’industria tedesca fu rivoltata come un calzino e dei 1.700 dipendenti ne rimasero 500. Ma gli effetti furono eccezionali: oggi la BerlinChemie è la testa di ponte della Menarini in tutto l’est Europeo, ha oltre 5 mila dipendenti ed è uno dei maggiori datori di lavoro di Berlino. «BerlinChemie per me è stata un’esperienza eccezionale ricorda Lucia novellina com’ero fui sottoposta a un bombardamento benefico di nozioni ed esperienze che mi aiutarono a capire quanto sia importante lavorare duro per conquistare l’efficienza». Per Lucia quelli furono tempi esaltanti: viaggi continui a Berlino e la famiglia totalmente coinvolta nell’operazione. La mamma Massimiliana imparò persino il tedesco per poter comunicare meglio con i nuovi interlocutori. «Furono anni di formazione per me che la vivevo sul campo e per mio fratello, ancora studente, al quale raccontavo ciò che facevo. Forse anche per questo siamo così uniti, io e lui, e così concordi nelle decisioni che prendiamo in azienda». La scelta di entrare in Mps l’hanno presa insieme tenendo presente l’insegnamento del padre: «Lavorare molto, oculatezza nelle risorse, coraggio ma senza manie di grandezza, forza dell’esempio». «Guardiamo al lungo periodo insiste Lucia del resto il nostro obiettivo primario resta l’azienda su cui continueremo a puntare». Oggi Menarini è una multinazionale: con il 66% del fatturato all’estero è la trentaquattresima impresa farmaceutica al mondo su 14 mila. E la crescita non si ferma: a novembre dell’anno scorso è stata acquisita a Singapore l’Invida, che con i suoi 3.500 dipendenti in 13 Paesi rappresenta il trampolino di lancio verso l’area dell’AsiaPacifico. «Sarà la BerlinChemie del XXI secolo», dice orgogliosa Lucia. La famiglia fa tutto da sola, con le sue risorse. «Alla Borsa guardiamo in modo obiettivo: se ci sarà un passo importante che non potremo fare con le nostre forze non metteremo in pericolo la crescita del gruppo e ci apriremo a capitali esterni. Ma ora stiamo bene così e preferiamo continuare su questa strada senza il vincolo della trimestrale che ci imporrebbe la quotazione». Insomma la strada è tracciata e l’idea dello sviluppo futuro è ben preciso nella mente dei fratelli Aleotti. La finanza non sarà una distrazione e Lucia affronterà il nuovo impegno senza mollare un minuto. «Non bisogna lasciarsi incantare dai modi pacati, l’understatenent e dal viso da fata Turchina dice chi la conosce bene Lucia è una tosta: il futuro del gruppo è in buone mani, ma al Monte Paschi stiano in guardia».