Federico Fubini, CorrierEconomia 02/04/2012, 2 aprile 2012
EURO. ORA VA RISOLTO L’ENIGMA SPAGNOLO
In vista degli Spring Meetings, il tradizionale vertice di primavera della comunità finanziaria internazionale, molti investitori hanno notato una differenza: per la precisione, una diversità di comportamenti fra due Paesi considerati abitualmente su traiettorie simili come la Spagna e l’Italia. Per gli incontri di primavera del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale a Washington, molti investitori privati hanno già ricevuto un invito.
A recapitarlo sono state grandi case finanziarie come Bank of America o Barclays, ma in realtà lo hanno fatto per conto di un loro cliente del settore pubblico: il governo italiano. A suo nome, il dirigente del Tesoro Lorenzo Codogno a Washington a fine aprile spiegherà ai manager dei grandi hedge fund e ai leader intellettuali della comunità finanziaria i progressi dell’Italia. Dati alla mano, Codogno cercherà di dimostrare come e perché l’Italia è sulla strada giusta per centrare gli obiettivi di deficit e di debito previsti per quest’anno e il 2013. Dirà (presumibilmente) che è possibile che il debito nel 2012 salga dell’1% o al massimo del 2% del Pil rispetto al 2011. Ma confermerà che l’Italia è in rotta per un deficit più o meno azzerato nel 2013, con un debito pubblico su una solida traiettoria discendente dal prossimo anno.
Il paradosso
L’aspetto sorprendente, è che il governo di Madrid non ha preparato affatto una simile campagna di spiegazione e motivazione dei progressi della Spagna. Gli inviti agli incontri privati con gli investitori a margine degli Spring Meetings non sono mai partiti ed è anche questo che contribuisce a preoccupare il mercato. Il ministro delle Finanze, Luis de Guindos, non è certo all’oscuro dell’importanza di queste iniziative: per anni ha guidato e rappresentato gli interessi di Lehman Brothers in Spagna e sa perfettamente come e quando bisogna parlare ai mercati.
Qui è il paradosso che oggi pesa su tutta la periferia dell’area-euro. Malgrado la competenza di Guidos, e un programma di risanamento molto chiaro presentato dal neo-premier Mariano Rajoy, l’avvio del nuovo esecutivo a Madrid è stato percepito come esitante. Lo spread del titolo decennale iberico sul Bund è salito dell’11% circa da inizio anno, oltre che del 93% nell’ultimo anno. A inizio dicembre era a 291 punti, venerdì scorso ha aperto a 361.
Questi tremori hanno contribuito in parte anche a momenti di tensione politica sottotraccia quando giorni fa Mario Monti, il premier italiano, ha espresso la sua preoccupazione per una nuova ondata di contagio che potrebbe arrivare dalla Spagna. Il governo di Madrid non deve aver gradito, a giudicare dalle precisazioni della portavoce di Monti poche ore dopo. Peraltro l’Italia, come si è visto la settimana scorsa, ha ancora i suoi problemi interni da curare.
Il debito locale
Nondimeno la Spagna resta un enigma, e non solo per il relativo silenzio nei confronti degli investitori. Ci sono anche dati di sostanza. Il più macroscopico riguarda certo la revisione al rialzo del deficit pubblico del 2011 dal 6% all’8,5% del Pil, ma secondo alcuni osservatori potrebbe essere la punta di un iceberg. Willem Buiter, capo economista di Citigroup, ha parlato in proposito di una correzione «di sapore greco», ma è stato ingiusto e ingeneroso: i conti spagnoli sono trasparenti e gestiti con competenza, benché complessi.
È proprio questa complessità che potrebbe produrre un problema. Sulle finanze di Madrid incide l’indebitamento degli enti locali e regionali, accumulato spesso «sotto al radar» dei mercati e dunque poco prevedibile.
Inoltre, fra le altre voci poco discusse, pesano le garanzie pubbliche (ad oggi per circa 88 miliardi di euro) sul sistema bancario: non si tratta di un rischio solo virtuale, perché la caduta dei valori immobiliari continua a creare forti perdite nel sistema finanziario.
Le conseguenze sono difficili da prevedere. Per esempio nel caso del Frob (il fondo pubblico per la ristrutturazione ordinata del settore bancario) la reale esposizione è difficile da misurare. Alcune casse di risparmio di fatto sono già state nazionalizzate, mentre altre dipendono dal Frob per il finanziamento ma potrebbero dover finire presto sotto il suo controllo. È anche per questo che Buiter di Citi e anche gli analisti di Goldman Sachs parlano già di una ricapitalizzazione delle banche spagnole ad opera del fondo salvataggi europeo.
In questo quadro, con la disoccupazione oltre il 20% e l’economia in recessione, la manovra per centrare gli obiettivi di deficit (5,3% del Pil quest’anno) appare fuori portata. Rajoy, come Monti, ha ereditato problemi che non ha creato lui stesso. Ma, come Monti, più passa il tempo, più sarà difficile convincerne il mercato e i suoi stessi cittadini.
Federico Fubini