Matteo Motterlini e Martin Monti, Domenica-Il Sole 24 Ore 1/4/2012, 1 aprile 2012
IL CASO HA LE SUE RAGIONI
Un matematico "prudente" non prende mai l’aereo senza portarsi con sé una bomba. Ragiona così: «Le probabilità che su un aereo ci sia una bomba sono minime. Di certo le probabilità che su un aereo ce ne siano due sono pressoché nulle!». Se la battuta vi fa sorridere è perché ne avrete riconosciuto insieme la (falsa) persuasività e la fallacia del ragionamento; la stessa per cui puntiamo sul numero ritardatario al Lotto oppure sul nero alla roulette dopo che sono usciti cinque rossi di fila.
La cosiddetta «fallacia dello scommettitore» scaturisce dall’errata rappresentazione mentale che ci facciamo di un meccanismo interamente governato dal caso. A ogni giro di roulette la probabilità di un particolare esito è sempre la stessa, eppure siamo irresistibilmente attratti da quei numeri che si fanno desiderare a lungo. Ma anche senza essere giocatori d’azzardo è interessante sapere che un simile problema affligge medici e profani quando si tratta di fare una diagnosi. L’ordine con cui certi sintomi compaiono in una lista, infatti, influenza le probabilità associate a una certa malattia.
I meccanismi neurali del perché ciò accade sono stati ora svelati da una sofisticata batteria di esperimenti (in corso di pubblicazione sui «Proceedings of the National Academy of Sciences») a opera di un gruppo di ricercatori cinesi. Immaginate di fare le vostre puntate in un gioco paragonabile alla roulette, opportunamente distesi dentro uno scanner di risonanza magnetica, in modo che vi si possa osservare il cervello. Ebbene, un’intensa attivazione della corteccia prefrontale sinistra "confessa" che siete caduti nella trappola dello scommettitore, vale a dire che punterete sul nero dopo una sfilza di cinque rossi. Ma stabilita la correlazione tra corteccia prefrontale e ragionamento fallace è possibile verificarne anche il nesso causale? In questo caso la risposta non si può cercare dentro allo scanner, ma con una tecnologia diversa: la stimolazione transcranica con corrente diretta. I ricercatori hanno quindi somministrato ai soggetti una serie di impulsi eccitatori su quell’area, e verificato che un’eccitazione della corteccia prefrontale determinava scelte di gioco fallaci in ancora maggior misura.
Un colpo bassissimo per una delle aree regine delle nostre facoltà cognitive. La lezione che ci viene dalle pionieristiche neuroscienze dell’irrazionalità è niente affatto scontata. Che la nostra mente non traffichi efficientemente con l’incertezza e la teoria della probabilità è ben noto; ma che ciò avvenga a causa di quelle stesse aree cerebrali che più ci distinguono dagli altri mammiferi è sorprendente.
La corteccia prefrontale sinistra infatti è cruciale per permetterci di creare ipotesi e modelli predittivi di come funziona il mondo, una qualità evolutivamente utilissima per rispondere flessibilmente e dinamicamente a un ambiente complesso e in costante cambiamento. Eppure, è essa stessa a produrre il baco cognitivo: esito di una risposta «male adattiva» in cui estendiamo illegittimamente la nostra peculiare capacità di cogliere regolarità là dove, appunto, regolarità non ce ne sono. Un errore, per così dire, di sovra-performance o di iper-razionalità. Siamo tanto ossessionati dall’ordine – in quanto ci permette di semplificare i dati e orientarci nel flusso di informazioni che ci avvolge a ogni istante – che spesso finiamo per vedere ordine anche dove ordine non c’è. Scivoliamo così in letture della realtà che sono pregiudiziali, se non perfino superstiziose e mistiche. Il punto è che per la nostra corteccia prefrontale convivere con il caso è difficile. E quindi vorremmo che anche il caso sottostasse alle nostre regole. Caspita sono usciti cinque numeri neri, il prossimo non può non essere rosso! Ma non è così; ora anche grazie alle neuroscienze cognitive, sappiamo che il caso ha delle ragioni che la ragione non vuole (ri)conoscere.