Cesare Peruzzi, Il Sole 24 Ore 1/4/2012, 1 aprile 2012
«TRE ANNI PER VEDERE IL NUOVO MONTEPASCHI»
«Tre anni per cambiare il Monte». È arrivato a Siena a metà gennaio, ma sul futuro della banca più antica del mondo Fabrizio Viola ha già le idee chiare: «Ci concentriamo sull’attività retail e sui territori: la dimensione della rete non è un valore assoluto», dice il 54enne direttore generale del Montepaschi, che il 27 di aprile entrerà in consiglio per essere nominato amministratore delegato (è uno dei sei membri indicati dalla Fondazione Mps, come il presidente designato Alessandro Profumo).
Banca Mps si prepara dunque a dimagrire?
Al contrario, in alcune regioni come Emilia Romagna e Lombardia, penso che dovremo crescere. È una questione di quote di mercato: a livello nazionale siamo tra il 7 e l’8% ma, pur coprendo bene l’intero Paese, ci sono zone che offrono spazi di sviluppo. Certamente punteremo a tagliare le duplicazioni e gli sportelli improduttivi: in questo momento sono circa 150 le agenzie che pensiamo di chiudere o dismettere.
Una bella svolta rispetto al traguardo della dimensione nazionale e dei 3mila sportelli annunciato come strategico e raggiunto nel 2008 con l’acquisizione di Antonveneta...
In questo arco di tempo è cambiato il mondo. E comunque sono dell’avviso che oggi il Montepaschi abbia una dimensione sufficiente per realizzare le opportune economie di scala e una forza commerciale da valorizzare sui territori. Possiamo e dobbiamo essere efficienti e flessibili, oltre che grandi. Il modello a cui guardo è quello delle banche regionali americane.
Piacerà anche a Profumo?
Ci siamo incontrati e ne abbiamo parlato: posso dire che la strategia di business è condivisa. Entrambi pensiamo che rincorrere i big del settore sarebbe sbagliato. Più che alla dimensione di una portaerei, puntiamo all’agilità di un incrociatore. Su questo progetto c’è la più completa convergenza di azionisti e manager.
Eppure c’è chi ritiene che proprio l’arrivo di Profumo risponda a un disegno d’integrazione internazionale...
Si tratta di fantasia. Per quanto mi consta, nel futuro del Monte non ci saranno aggregazioni. Il nostro impegno è proprio quello di garantire autonomia e indipendenza alla banca.
Come?
Il piano presentato all’Eba contiene un ventaglio di operazioni, alcune già realizzate come la conversione a patrimonio dei titoli Fresh per circa un miliardo, in grado di coprire largamente le richieste di rafforzamento patrimoniale, interamente legate ai 26 miliardi di Btp che abbiamo in portafoglio. Non siamo dunque legati a una revisione dei tempi e dei contenuti del documento Eba, che pure ci auguriamo avvenga. Piuttosto nella riscrittura del piano industriale di gruppo, a cui sto lavorando con la prospettiva di presentarlo entro maggio, su questo fronte dovremo prevedere una sorta di exit strategy.
In che senso?
Dovremo ridurre gradualmente il portafoglio finanziario di almeno 10 miliardi, nei tempi e nei modi consentiti dal mercato.
È stato un errore sottoscrivere tutti quei titoli di Stato?
Col senno di poi è troppo facile dare giudizi. Il punto è che, stante le condizioni del mercato, il Monte deve alleggerire la posizione e siccome smontarla ha un costo studieremo strade alternative.
Tornerete a emettere titoli vostri?
Abbiamo già iniziato con successo un mese fa: vediamo se le condizioni di mercato ci consentono di proseguire
Quali sono le altre mosse in cantiere?
Penso a un rafforzamento della struttura manageriale, nell’ottica di sviluppare le caratteristiche di banca commerciale, in Italia e all’estero dove vogliamo essere vicini alle nostre Pmi.
Dunque non saranno cedute le due controllate in Belgio e Francia?
Una decisione non è stata ancora presa. Molto dipende da come andrà il piano Eba.
Questo vale anche per la ventilata cessione di Biverbanca e del Consorzio informatico?
È tutto prematuro. I punti fermi sono gli obiettivi strategici a cui accennavo, il primo dei quali è fare efficienza operativa, anche nell’It e nelle attività di back office, a prescindere da operazione straordinarie.
Il piano di riduzione dei costi va in questa direzione: i licenziamenti sono davvero scomparsi dall’agenda?
Nessuno vuole licenziare. I 1.500 esuberi non erano il risultato di un calcolo analitico, ma di una trasformazione dei risparmi attesi in ipotetici posti di lavoro. Non è questo l’oggetto della trattativa sindacale che si è aperta e che deve risolvere il problema dell’impatto negativo della riforma pensionistica del Governo Monti, nel rispetto del principio della salvaguardia dell’occupazione. Serve una piattaforma di sacrifici che ci faccia superare questa fase in via transitoria, diciamo nell’arco di 12-18 mesi.
I sacrifici riguardano anche i manager?
Certamente, riguardano tutti.
Qual è la sua retribuzione, dott. Viola?
La stessa del mio predecessore: 1,4 milioni lordi all’anno, più una parte variabile che comprende anche il ruolo di amministratore delegato.
Con una perdita di 4,6 miliardi, quest’anno, oltre alle gratifiche economiche salta anche il dividendo: quando tornerà a produrre reddito il Monte?
Il piano si realizzerà nell’arco di tre anni. Ma ci tengo a dire che la perdita relativa al 2011 è largamente legata alle svalutazioni dettate dall’andamento del mercato. Ecco, voglio una banca con un bilancio meno dipendente dalle variabili esterne.
E il mercato nei prossimi mesi come se lo aspetta?
Vedo una prima parte dell’anno ancora difficile per l’economia italiana. Ma nel secondo semestre le cose dovrebbero migliorare. Se poi lo spread andasse a 180 punti...