Il Sole 24 Ore 1/4/2012, 1 aprile 2012
LA RECESSIONE FA «SCAPPARE» IL DENARO
Gentile Galimberti, per 20-30 giorni all’anno il mio lavoro (sono un bancario) mi porta nelle scuole a parlare ai giovani di educazione finanziaria. Le pongo una domanda che mi è stata rivolta da uno studente di IV liceo che, in tutta onestà, mi ha messo in difficoltà: in periodi di grande recessione e impoverimento dei cittadini di uno Stato, i soldi (quelli materiali, ma anche quelli virtuali), che fine fanno? Dove vanno? I soldi non guadagnati da chi perde il lavoro chi li intasca? Poichè in qualsiasi gioco a somma zero, poker, roulette, monopoli, i soldi persi da un giocatore terminano nelle tasche degli altri giocatori (o del banco) non è che al termine di questa profonda recessione avremo avuto semplicemente lo spostamento di enormi ricchezze (frutto di tanti piccoli impoverimenti) nelle mani di pochi? A quello studente ho risposto che avrei dovuto pensarci. Le sarei grato se mi aiutasse a strutturare una risposta con qualcuna delle sue brillanti metafore. Con stima,
Antonio Buonvino
Caro Buonvino, la domanda è non solo pertinente ma interessante. Se nel corso della recessione lavoro meno ore e prendo meno soldi, o, peggio, sono licenziato e perdo lo stipendio, quei "meno soldi" diventano i "più soldi" di qualcuno?
Ora, è senz’altro vero che, se mi siedo al tavolo del poker con degli amici e perdo 50 euro, io ho 50 euro in meno e i miei amici hanno 50 euro in più. E lo stesso, come dice lei, succede con la roulette al casinò o con le lotterie (in quel caso gli amici sono gli altri giocatori, il banco o lo Stato con il lotto e le lotterie).
Ma l’economia, cioè a dire il sistema economico, è più complicata. E la risposta è questa: i soldi che "ci sono in meno" nelle nostre tasche non sono distrutti. I mezzi di pagamento presenti nel sistema sono quelli di prima. Quel che cambia è la velocità di circolazione della moneta.
Ne abbiamo già parlato (vedi il Sole Junior dell’11 e del 18 marzo) ma mette conto ripetere il concetto. La quantità di moneta presente nell’economia è grosso modo proporzionale alla stazza dell’economia stessa: quante transazioni, quante compravendite, quanti pagamenti si fanno in quel Paese. Ho detto, però, grosso modo; e quel modo può essere davvero grosso. Perché la stessa quantità di moneta può servire diverse quantità di transazioni a seconda di quanto velocemente gira. Pensiamo a una banconota da 50 euro. Se in un giorno passa di mano dieci volte, avrà servito transazioni per 500 euro. Ma se l’economia langue e la gente compra di meno, quella banconota gira meno velocemente: i soldi sono quelli di prima ma non girano, la gente non spende. (f.g.)