N. T., Il Sole 24 Ore 1/4/2012, 1 aprile 2012
ALLARME FALLIMENTI, NEL 2011 DOMANDE AUMENTATE DEL 4%
-L’indicazione era già chiara da qualche settimana. Ora arrivano altri segnali di pericolo: l’allarme fallimenti non può più essere trascurato. Lo scorso gennaio Il Sole 24 Ore aveva segnalato che nel 2011 erano state registrate 11.707 domande di procedure fallimentari, con una crescita del +4% rispetto agli 11.289 casi del 2010. Più preoccupante il raffronto su un arco temporale più lungo: +25% rispetto ai 9.383 casi del 2009, quando la crisi economica aveva già cominciato a manifestarsi in tutta la sua gravità.
La Cgia di Mestri ieri ha di fatto rilanciato l’analisi che era stata fatta da Cribis D&B e Cerved, rilevando una lieve differenza: secondo la Cgia il totale è di 11.615 fallimenti. Praticamente nel 2011 ogni giorno 31 aziende, soprattutto di piccole dimensioni, hanno portato i libri in tribunale per dichiarare fallimento. In testa la Lombardia con 2.613 imprese in crisi, in coda la Val d’Aosta con sole 9 aziende.
Un dramma, dice la Cgia, vissuto da datori di lavoro e dipendenti. Per Giuseppe Bortolussi, segretario dell’associazione artigiana, sono tre i virus letali: la stretta creditizia, i ritardi nei pagamenti e il forte calo della domanda interna. Sul piano percentuale, secondo una recente stima sempre della Cgia, quasi un fallimento su tre è stato causato proprio dai ritardi nei pagamenti (3.600 aziende). Le cronache di questi mesi indicano che il fallimento di un imprenditore non è solo economico: «Spesso - ricorda la Cgia - viene vissuto da queste persone come un fallimento personale che, in casi estremi, ha portato decine e decine di piccoli imprenditori a togliersi la vita. Bisogna intervenire subito e dare una risposta emergenziale a questa situazione che rischia di esplodere».
Il problema, del resto, sembra non attenuarsi. Sempre secondo le rilevazioni di Cribis, infatti, il numero di fallimenti nel corso del quarto trimestre 2011 è cresciuto di oltre 50 punti percentuali sui tre mesi precedenti, raggiungendo quota 3.313. Lombardia, Lazio, Veneto e Campania le regioni con la frequenza maggiore di fallimenti (più di 1.000 procedure aperte nel corso del 2011).
Particolarmente allarmanti, in prospettiva, i dati relativi a commercio all’ingrosso ed edilizia, come segnalato dal Sole 24 Ore del 23 febbraio scorso: in base ai dati elaborati dall’Osservatorio Cribis D&B, a fine dicembre 2011 il 10,93% delle imprese italiane ha registrato un’alta rischiosità di generare insoluti commerciali nei confronti dei propri fornitori nei 12 mesi successivi.
Il livello di rischiosità più elevata si registra nel settore del commercio all’ingrosso (18,72%) e nell’industria estrattiva (15,60%); seguono i trasporti e la distribuzione (13,78%) e, infine, l’edilizia (13,60%).