Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 1/4/2012, 1 aprile 2012
LA VERA INCOGNITA È IL RITORNO SUI MERCATI
Il muro di protezione costruito attorno all’Eurozona, con la capacità di intervento congiunta dei fondi di stabilità Efsf e Esm, non è stato eretto fino a quota 1.000 miliardi come speravano i pronostici più ottimistici ma si è fermato a metà dell’opera, a 500 miliardi, con un’extra dote che può farlo arrivare a 740 miliardi. La differenza è sostanziale, deludente, ma non determinante per il futuro dell’euro. Quel che farà la differenza, in prospettiva, è la somma data non soltanto da Efsf e Esm ma anche dalle risorse disponibili di Fmi, Bce e dalla nascita degli euro-union bond: il muro dei firewall può essere innalzato potenzialmente all’infinito, tenendo a freno l’azzardo morale e blindando la convergenza fiscale.
Con le dotazioni rese disponibili dopo la decisione dell’Eurogruppo di Copenhagen, il salvataggio di Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e persino Italia verrebbe assicurato per svariati anni, stimano gli addetti ai lavori. BnpParibas ha calcolato che le necessità di finanziamento di questi cinque Paesi (fabbisogno sommato al rifinanziamento dei titoli di Stato a medio-lungo in scadenza nel 2012-2013) ammontano a 680 miliardi (al netto dei 63,2 miliardi dei titoli italiani e spagnoli già rimborsati nel primo trimestre 2012) e sono più che coperte dai 740 miliardi dei fondi e dall’Fmi. Purché gli Stati già sotto programma di aiuto non sforino i target, tornando a finanziarsi sui mercati nei tempi previsti, e sempreché Spagna e Italia debbano essere assistite per crisi di liquidità temporanee, veramente passeggere, tra il 2012 e il 2013. Riccardo Barbieri Hermitte, chief European economist di Mizuho International, guarda a un orizzonte più ampio, arriva fino al 2015 con una somma lievitata a 1.341,9 miliardi.
Le cifre sui firewall possono trarre in inganno. È inutile tentare di prevedere, seduti attorno a un tavolo a Bruxelles, quanti anni possa impiegare uno Stato debitore a recuperare la fiducia persa sui mercati dei capitali. Le stime sull’efficacia e sulla capacità di fuoco dei firewall entrano in crisi quando nell’equazione va scritta la data di ritorno sui mercati dei Paesi assistiti finanziariamente. Il Portogallo, per esempio, non riuscirà a centrare la tabella di marcia indicata nel suo programma di aiuti. La Grecia ha saltato tutti gli schemi. E l’Irlanda, il Paese messo meglio tra tutti gli Stati assistiti, sta facendo l’impossibile per evitare di tornare sui mercati alla fine dell’anno prossimo: un ingresso prematuro, con rendimenti e spread di nuovo alle stelle, potrebbe mandare a gambe all’aria anni di sacrifici imposti ai cittadini irlandesi. Se gli aiuti invece di tre anni si allungano a quattro o cinque oppure addirittura a dieci anni, i firewall europei per quanto alti si sgretolano all’istante.
L’Eurozona tuttavia non ha a disposizione i soli fondi di stabilità per risolvere la crisi del debito sovrano europeo, dovuta alle divergenze strutturali tra diversi tassi di crescita, debito/Pil, deficit/Pil, equilibri e squilibri delle bilance commerciali e dei pagamenti. All’Efsf, all’Efsm (l’European financial stabilization mechanism gestito dalla Commissione europea) e all’Esm va sommata la potenzialità d’intervento dell’Fmi (che rappresenta le risorse del mondo intero con cifre in discussione dai 150 miliardi europei a 250 miliardi se non di più) e la disponibilità illimitata del Securities markets programme della Bce e dell’Eurosistema.
I salvataggi di Grecia, Irlanda e Portogallo hanno dato prova che quando i giochi si sono fatti duri, nella partita dell’Eurozona gli aiuti sono arrivati da ogni parte. Non bisogna dimenticare il fatto che nel caso dei soccorsi all’Irlanda abbiano messo mano al portafoglio alcuni Stati che non fanno parte della moneta unica: il Regno Unito partecipa con 3,8 miliardi, la Danimarca con 0,4 e la Svezia con 0,6 miliardi. L’Fmi, con un grande sforzo di flessibilità per adattare le sue regole stringenti (l’erogazione dei finanziamenti è subordinata alla capacità dello Stato di avere liquidità per i 12 mesi successivi), è stato al fianco di Bruxelles nei tre salvataggi. All’inizio, il pacchetto degli aiuti veniva diviso assegnando un terzo degli interventi al Fondo e due terzi agli Stati membri. Il caso della Grecia è degenerato oltre le peggiori aspettative e l’Fmi ha ridotto la sua assistenza nel secondo pacchetto di aiuti ad Atene: ma non ha voltato le spalle all’Europa. Il 20 aprile dovrebbe definire una volta per tutte l’entità delle risorse accantonate per l’emergenza dell’Eurozona. Infine la Bce, con l’obiettivo di ripristinare le cinghie di trasmissione nel mercato monetario, ha acquistato prontamente sul secondario i titoli di Stato dei cinque Stati in crisi di liquidità o di insolvenza per oltre 200 miliardi (ne ha attualmente 213,5 in portafoglio). E non è escluso che possa farlo nuovamente, intervenendo al fianco di Efsf e Esm. Da ultimo, l’asso nella manica europeo è l’emissione degli euro-union-bond, pronti a partire, risolto il problema dell’azzardo morale cioè dell’euroconvergenza fiscale.