Alessandro Barbero, Tuttolibri-La Stampa 31/3/2012, 31 marzo 2012
Carlo Magno scintilla dell’Europa moderna– Il sottotitolo scelto per questa traduzione italiana del Charlemagne di Georges Minois è tratto dal capitolo conclusivo del libro, e riflette un problema con cui la storiografia non ha smesso da un secolo di confrontarsi: l’età di Carlo Magno rappresenta il punto d’arrivo della tarda antichità, o il momento d’inizio della moderna storia europea? Carlo Magno, quanto a lui, non avrebbe avuto esitazioni: viveva in un mondo in cui l’unica lingua scritta era il latino, l’unica teologia esistente era quella tardoantica, gli autori dell’ultima romanità occupavano gli scaffali delle biblioteche, e lui stesso era stato acclamato Augusto dai Romani, in quell’Urbe che benché decaduta era anco- ra la più grande metropoli dell’Occidente
Carlo Magno scintilla dell’Europa moderna– Il sottotitolo scelto per questa traduzione italiana del Charlemagne di Georges Minois è tratto dal capitolo conclusivo del libro, e riflette un problema con cui la storiografia non ha smesso da un secolo di confrontarsi: l’età di Carlo Magno rappresenta il punto d’arrivo della tarda antichità, o il momento d’inizio della moderna storia europea? Carlo Magno, quanto a lui, non avrebbe avuto esitazioni: viveva in un mondo in cui l’unica lingua scritta era il latino, l’unica teologia esistente era quella tardoantica, gli autori dell’ultima romanità occupavano gli scaffali delle biblioteche, e lui stesso era stato acclamato Augusto dai Romani, in quell’Urbe che benché decaduta era anco- ra la più grande metropoli dell’Occidente. E in verità, da un certo punto di vista Carlo Magno è proprio l’ultimo imperatore romano. Come Vespasiano o Traiano, fa raffigurare sulle monete il suo faccione coronato d’alloro; e pazienza se è ornato da un bel paio di baffi, che sarebbero sembrati tremendamente barbari ai senatori dei vecchi tempi. Mettere il proprio ritratto sul recto delle monete, su un piano di parità con la croce del verso, è un’audacia che dopo l’età carolingia i sovrani cristiani del Medioevo non avranno più; bisognerà aspettare il Rinascimento perché con qualunque moneta si possa giocare a «testa o croce». Certo, quello di Carlo Magno è un impero cristiano: ma così era già la Roma degli ultimi secoli. Al pari di grandi imperatori come Costantino o Giustiniano, Carlo dichiara la sua profonda deferenza per la Chiesa, nel momento stesso in cui di fatto la dirige: convoca concili ecumenici di cui detta l’agenda teologica, proprio come aveva fatto Costantino a Nicea, e stabilisce per legge quali colpe sono da considerare inaccettabili per un sacerdote (fra l’altro, avere più di una moglie, «perché sono peggiori dei laici»). Ma Carlo Magno è anche uno dei creatori dell’Europa moderna. Si deve alle sue riforme monetarie se ancora i nostri nonni parlando di 5 centesimi (cioè un ventesimo di lira) li chiamavano «un soldo», e se fino a pochi decenni fa la sterlina era divisa, in modo apparentemente così bizzarro, in 20 scellini, e ogni scellino in 12 pence. Si deve alle sue scelte politiche e culturali se in tutta Europa la nobiltà si è articolata in una gerarchia di duchi, marchesi, conti e baroni; se tutti i monaci d’Occidente sono benedettini; e se la stampa, che pure fu inventata più di seicento anni dopo la sua morte, utilizza i caratteri che state leggendo, discendenti diretti della minuscola carolina. Georges Minois, già allievo dell’Ecole Normale Supérieure di rue d’Ulm dove studiarono Sartre e Le Goff, poi professore di storia e geografia in un liceo bretone, è uno di quegli storici francesi che coniugano grande capacità di divulgazione con una camaleontica capacità di impadronirsi degli argomenti più diversi: ha scritto una vita di Galileo, una storia dell’ateismo, una della depressione, una del suicidio, una dell’omicidio politico, una dell’avvenire, una della vecchiaia e una dell’inferno. Non è dunque così strano se il suo libro non appare sempre al corrente del dibattito più specialistico: ad esempio dove presenta la tonalità economica dell’epoca carolingia, di cui oggi non si dà più una valutazione così pessimistica. Ma è un libro ottimamente scritto, densissimo di informazioni, ideale per l’appassionato di storia che voglia imparare e divertirsi approfondendo la vita di uno dei personaggi più celebrati del Medioevo. E non solo del Medioevo: uno dei capitoli più succosi è quello dedicato ai tanti modi in cui Carlo Magno è stato reinventato dalla politica, da Napoleone a Hitler, fino all’ attuale Prix Charlemagne assegnato ad Aquisgrana dall’ Unione Europea. L’autore rievoca fra l’altro la storia della divisione SS Charlemagne, in cui i nazisti radunarono i loro sostenitori francesi per mandarli a combattere sul fronte orientale. Il nome sembrava la scelta perfetta per celebrare la comune ascendenza di francesi e tedeschi; ma il contingente bre- tone, al comando dell’Obersturmbannfuhrer Le Coz, dichiarò che non intendeva farsi inquadrare in una divisione dedicata a Carlo Magno, per la buona ragione che milleduecento anni prima i bretoni avevano combattuto contro di lui per l’indipendenza della Bretagna. Nel nostro mondo, in cui la storia è spesso fonte di divisione più che di unione, ognuno può trovare un motivo per schierarsi con Carlo Magno o contro di lui: e c’è perfino da stupirsi che in Italia i discendenti dei Longobardi, così accaniti nella difesa di un’identità immaginaria, non abbiano ancora pensato di boicottarlo.