Barbara Gallavotti, La Stampa 31/3/2012, 31 marzo 2012
Cern, si dimette il fisico che sfidò Einstein – Ifisici sono abituati a tentare nuove strade: lo fanno quando formulano teorie, quando costruiscono strumenti, e ultimamente anche nella comunicazione con il grande pubblico
Cern, si dimette il fisico che sfidò Einstein – Ifisici sono abituati a tentare nuove strade: lo fanno quando formulano teorie, quando costruiscono strumenti, e ultimamente anche nella comunicazione con il grande pubblico. L’esempio più eclatante è di ieri con l’annuncio delle dimissioni di Antonio Ereditato, coordinatore dell’esperimento «Opera» che lo scorso settembre aveva messo in discussione la Teoria della Relatività di Einstein, attribuendo ai neutrini una velocità maggiore di quella della luce. Tesi poi smentita da autorevoli scienziati. Il Cern di Ginevra è stato un capofila della strategia della massima trasparenza, trasformandosi in una casa di cristallo. La scelta è stata adottata con molta decisione nel 2009, dopo l’incidente che ha messo fuori uso l’acceleratore LHC appena inaugurato. In quella situazione difficile, proprio l’apertura al dialogo ha permesso di consolidare la fiducia verso la ricerca del Cern, e ha bloccato il dilagare di paure (come il famigerato rischio che i fisici creassero un buco nero in grado di inghiottire il mondo). Le decisioni coraggiose però hanno dei rischi, e oggi qualcuno rimpiange il rilievo che le pareti trasparenti hanno contribuito a dare alla vicenda dei neutrini più veloci della luce. Tutto è cominciato a settembre, quando nel corso di un seminario al Cern i ricercatori di Opera hanno comunicato i risultati del loro esperimento al Gran Sasso. Nessuno in realtà ha cercato in modo particolare l’attenzione della stampa, ma proprio i rapporti ormai strettissimi che legano giornalisti e scienziati hanno fatto sì che chi segue la scienza fosse al corrente dell’evento. E inevitabilmente, la notizia che forse la Teoria della Relatività andava riscritta ha conquistato le prime pagine di tutto il mondo. Ora, come sappiamo, l’ipotesi appare largamente smentita e qualcuno suggerisce che in questa occasione le pareti di cristallo andassero oscurate, scoraggiando i giornalisti dall’occuparsi dei neutrini superveloci fino a quando non si fosse stati sicuri del risultato. In realtà quella della trasparenza è una scelta da cui non si torna indietro: noi giornalisti ci saremmo comunque accorti del dibattito scientifico e degli articoli pubblicati, e poiché la vicenda era interessante l’avremmo raccontata. Piuttosto è necessario fare crescere ancora di più il dialogo fra pubblico e scienziati. Non sono solo più le scoperte ad essere sotto i riflettori, ma anche la loro produzione: dunque è più che mai importante mostrare il modo di procedere della ricerca, così che nessuno si stupisca del fatto che i primi risultati debbano essere confermati, e eventualmente smentiti. E neppure del fatto che un singolo scienziato possa sbagliare, perché è per questo che la comunità vigila su ogni possibile scoperta.