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 2012  marzo 31 Sabato calendario

Il pescatore di aragoste da analfabeta a scrittore – Non è mai troppo tardi, avvertiva una fortunata trasmissione della Rai condotta dal maestro Alberto Manzi, che negli anni Sessanta insegnò a leggere e scrivere a centinaia di italiani analfabeti

Il pescatore di aragoste da analfabeta a scrittore – Non è mai troppo tardi, avvertiva una fortunata trasmissione della Rai condotta dal maestro Alberto Manzi, che negli anni Sessanta insegnò a leggere e scrivere a centinaia di italiani analfabeti. Tardi quanto James Arruda Henry, però, non se lo sarebbe sognato neppure Manzi. James, infatti, è un pescatore di aragoste analfabeta, che ha imparato a leggere e scrivere a 92 anni. Non contento, a 98 ha pubblicato un libro di memorie, «In A Fisherman’s Language», che è diventato un caso negli Stati Uniti. Questa storia comincia quando non era neppure iniziata la Prima Guerra Mondiale. Allora James venne al mondo, in una famiglia portoghese che viveva alle Azzorre. Come molti altri poveri, emigrarono in America e si stabilirono a Mystic, sulla costa del Connecticut. «Mio padre - racconta James - era violento e alcolizzato. Quando avevo otto anni, costrinse me e mio fratello a lasciare la scuola, perché voleva che lavorassimo per lui. Facevamo di tutto: raccoglievamo l’immondizia, costruivamo mattoni, vendevamo il mais. La prima volta che mi pagò, era la festa del 4 luglio. Mi diede un dollaro e io ero felicissimo: comprai un bicchiere di latte, una fetta di torta alle mele, un gelato e dei fuochi d’artificio che sparai subito». James era dispiaciuto di aver lasciato la scuola, e si vergognava davanti ai suoi ex compagni perché non aveva imparato a leggere e scrivere. Quindi decise di tenere per sé questo segreto. Continuò ad arrangiarsi facendo i mestieripiùduri,compresoilpugile,finoa quando scoprì il mare. Iniziò a fare il pescatore di aragoste e non smise più. «Mi sposai, ma all’inizio non dissi neppure a mio moglie Jean che ero analfabeta. Se ne accorse dopo due anni di matrimonio, quando le spiegai perché non potevo andare a pagare le bollette». Jean mantenne il segreto, nascondendolo anche alle due figlie avute con James. Quando andavano al ristorante, lui non riusciva a leggere il menù. Perciò aspettava che qualcun altro ordinasse, e poi chiedeva la stessa cosa. Se nessuno parlava, restava digiuno. Il trucco funzionò fino al 2005, quando Jean si ammalò. A quel punto James fu costretto a chiedere aiuto alle figlie, esvelareilsuosegreto.Unanipoteallora gli portò un libro di George Dawson, «Life is So Good», in cui raccontava la storia del figlio di uno schiavo nero che aveva imparato a leggere e scrivere a 98 anni: «Diavolo, pensai, se ce l’ha fattaluipossoriuscirciancheio».Ilnipote Bobby faceva il maestro, ma gli disse di non chiamarlo mai: «Scrivimi una lettera, è l’unico modo in cui sono disposto a comunicare con te». James la prese bene: «Era la sfida di cui avevo bisogno». Si mise a lavorare: «Stavo sui libri fino a mezzanotte, quando mi cadevano a terra perché mi addormentavo sulla sedia». Nel frattempo, però, la malattia di Jean si era aggravata, finché morì: «Smisi di fare qualunque cosa e mi misi a letto. Volevo lasciarmi morire, come quando mio cugino cadde dal peschereccio e affogò». Le nipoti gli trovarono una casa nuova e un tutore, l’ex maestro Mark Hogan: «Per un po’ restai in un angolo, poi decisi di finire quello che avevo iniziato». Imparò a leggere e scrivere, e la cosa gli piacque così tanto che disse a Hogan: «Ora voglio scrivere un libro, ho un sacco di storie in testa da raccontare». Il resto è storia, appunto. «A Fisherman’s Language» è stato stampato in proprio da James, ma è diventato un caso.Colprogetto«PorttoPort»girando le scuole, per ispirare i ragazzi alla lettura, e una volta visitato il cinquantesimo stato lo manderanno al presidente Obama affinché lo firmi. «Non sarò un professore - dice James - ma sto ancora imparando. E chi lo sa? Se vivo abbastanza a lungo, magari lo diventerò».