Angelo Aquaro, la Repubblica 31/3/2012, 31 marzo 2012
Village Voice, baby prostitute in offerta bufera sul settimanale cult di New York – NEW YORK - La voce del villaggio è diventata la voce dei magnaccia ma adesso New York ha deciso di dire basta alla vergogna che sta infangando mezzo secolo di giornalismo liberal
Village Voice, baby prostitute in offerta bufera sul settimanale cult di New York – NEW YORK - La voce del villaggio è diventata la voce dei magnaccia ma adesso New York ha deciso di dire basta alla vergogna che sta infangando mezzo secolo di giornalismo liberal. «Questo una volta era un giornale progressista, il giornale della gente, e vedere perdere la sua credibilità così è straziante: papà non l´avrebbe tollerato» dice perfino il figlio del fondatore. E quel papà era nientedimeno che Norman Mailer, il grande romanziere e maestro del New Journalism. Il Village Voice affonda nello scandalo delle prostitute minorenni, il Village Voice affonda nella vergogna di quegli annunci sexy che campeggiano per la verità sulla stampa di mezzo mondo ma sulle pagine della storica rivista nata nel Greenwich Village hanno dato vita a un business che vale 22 milioni di dollari: grazie soprattutto alla pubblicità online gestita dal sito Backpage.com che al giornale appartiene. I procuratori di 48 stati hanno spedito una lettera all´editore denunciando il mercato del sesso. Sostiene una ricerca che da lì passa il 70 per cento della pubblicità per la prostituzione di tutti gli Usa. Arresti legati ai traffici del sito sono stati fatti in 22 stati. E un´inchiesta a New York ha portato alla scoperta di una ragazzina di 15 anni segregata, stuprata e venduta a ore proprio su Backpage. L´amministratore delegato naturalmente smentisce. «Il traffico di esseri umani e lo sfruttamento sessuale sono realtà così complesse che additare un singolo sito non solo è senza prove» tuona Liz McDougall «ma è anche irresponsabile». Di tante e responsabilissime campagne il giornale è stato protagonista nel suo mezzo secolo di vita. Certo, come dice oggi John Buffalo Mailer, 33 anni, attore e scrittore non proprio celeberrimo, la rivista gratuita - che appunto con la piccola pubblicità si sostiene - non è più quel faro di inchieste e letteratura liberal dei tempi di papà Norman, Tom Wolfe e Truman Capote. L´anno scorso hanno mollato anche Tom Robbins e Wayne Barrett, che non erano famosi come i fondatori ma erano pur sempre i due cronisti più scomodi di New York, quelli che avevano scoperto per esempio l´ombra della malavita nella famiglia dell´ex sindaco-sceriffo Rudy Giuliani. La proprietà ha perfino lasciato la Grande Mela: il Village Voice Media oggi è una società con sede a Phoenix, Arizona, che raccoglie poco meno di una ventina di giornali liberal e indipendenti di mezza America. Tutto questo affonda ora nella vergogna di quel sito dove la libertà di inchiesta è stata sostituita dalla schiavitù della pubblicità: anche di quella criminale. Oltre 250 mila newyorchesi hanno firmato una petizione per chiedere che la voce del villaggio non dia più voce al tragico sfruttamento. E proprio ieri davanti alla storica sede di Cooper Square il reverendo Galen Guengerich ha disteso centinaia di scarpette da ginnastica: «Sono per quelle ragazzine che non potranno indossarle più, quelle ragazzine usate e buttate via di cui sentiamo il grido di dolore...». Chissà che avrebbe scritto Norman Mailer, chissà che avrebbe scritto il Village Voice.