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 2012  aprile 02 Lunedì calendario

YOUTUBE STORY

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Dagospia (1- 17 puntata)

DAGO PRESENTA:
Youtube ha cambiato la vita a Re, Capi di Stato e di Governo, finanzieri e terroristi, cantanti, scienziati , attori, sfasciacarrozze, biscazzieri, geometri e donne delle pulizie di diversi gruppi etnici. Insomma c’era un Pianeta Terra "ante Youtube" e c’è oggi un Pianeta Terra "post Youtube". "O ci stai dentro o ci finisci " dicono a Wall Street a Shangai e ad Arcore . " Se hai talento puntalo su Youtube e vediamo quanti viewers fai" . Etc... etc... Tutti ne parlano e ne straparlano . Però dove ha inizio lo tsunami di viral videos, quando, come, perchè e per volontà di Chi, lo sanno in pochi ... veramente pochi.

Chi ha dato i primi soldi ai Fondatori? Perchè Google si è affrettato a comprarlo per 1,7 miliardi di dollari? Perchè Barack Obama l’ha usato per diventare Presidente USA e Ilary Clinton, pur di difenderlo, si scontra con il Governo Cinese e con i Governi Islamici? Perchè i suoi competitors si sono talmente impauriti che hanno dovuto inventare Facebook di corsa?

Quanti Servizi Segreti lo usano per controllare e depistare ? Perchè la Royal British Family ha aperto immediatamente un canale dentro Youtube seguita dalle Nazioni Unite e dalla Santa Sede? Perchè un ragazzotto fa una minchiata e la vedono in 150 milioni di spettatori? E perchè invece la fa un altro ragazzotto e la vedono in 12 ?

Perchè dentro Youtube ci sono le morti, le stragi e gli scontri a fuoco live ? Perchè ci sguazzano tutti insieme pubblicitari ed ecologisti, nazionalisti e imperialisti , bianchi, neri, gialli e extraterrestri ? Tutto questo e molto altro è narrato ampiamente da Glauco Benigni in questo libro che i lettori di Dagospia non possono non conoscere . Da oggi cominciamo a pubblicarlo a puntate . Buona lettura .

YOUTUBE. LA STORIA AL PRESENTE DI GLAUCO BENIGNI - PARTE PRIMA
I Fondatori: Chad, Steve e Jawed Gennaio 2005. Nella baia di San Francisco fa un gran freddo. Un gelido e tumultuoso vento soffia dall’oceano e contribuisce a tenere bassa la temperatura. I tre amici comunque sono di buon umore. Stanno convergendo, ognuno dalla propria abitazione, con le bottiglie in mano, verso una festa. Nessuno di loro sa però che quell’appuntamento segnerà per sempre la loro storia personale e contribuirà sensibilmente a mutare la storia dell’Era Digitale.
CHAD HURLEYCHAD HURLEY

Nessuno di loro può immaginare che, di lì a poco, avrebbero intavolato negoziati con i potenti della Terra e guadagnato una tonnellata di dollari. Chad Meredith Hurley, classe 1977, bianco anglosassone, era nato e cresciuto in Pennsylvania; Steve Shih Chen, classe 1978, era nato a Taiwan e la sua famiglia aveva deciso di emigrare negli Stati Uniti nel 1986; Jawed Karim era nato a Merseburg, nella Germania dell’Est, nel 1979, al tempo in cui le sorti di quella nazione venivano ancora decise al Cremlino.

I genitori di Jawed si erano spostati prima nella Germania Ovest e poi nel 1992 - come i genitori di Steve nel 1986 - avevano fatto il gran balzo verso l’American Dream: il Tempio delle Opportunità. I tre, quasi trentenni, non sono comunque ordinary people, ma piuttosto portatori sani e inconsapevoli di quel l’epidemia che avrebbero potentemente contribuito a far dilagare: la Video Comunicazione Virale.

Hurley, figlio di un consulente finanziario e di una professoressa, si era precocemente laureato alla Twin Valley High School di Elverson, dove sua madre insegna tutt’ora. E si era in seguito specializzato in Belle Arti all’Università della Pennsylvania. Aveva avuto un paio di riconoscimenti accademici tra il 1992 e il 1994 ed era stato un insigne membro della Technology Student Association durante il liceo. Fra l’altro, era considerato un esperto di interfaccia utente e sarà questo uno degli elementi che «avrebbero fatto la differenza».

Chen era uno di quegli asiatici-americani prodigio, che sin dalla più tenera età suonano la tastiera di un computer come alcuni geni del passato suonavano il pianoforte, e che si dilettava a smontare e a rimontare qualsiasi pezzo prodotto dall’industria informatica. Aveva studiato alla John Jersey High School, poi all’Accademia di Scienza dell’Illinois e infine si era laureato all’università di quello stesso stato. Anche Karim, figlio di un ingegnere del Bangladesh impiegato alla 3M e di una signora tedesca che lavorava all’Università del Minnesota, aveva frequentato l’Università dell’Illinois ma aveva lasciato il Campus per diventare uno dei primi impiegati alla PayPal. Questo non gli aveva impedito comunque di laurearsi in Computer Science nel 2004.

PayPal! A qualcuno queste due paroline non diranno niente, ma invece sono molto, molto importanti nella storia che stiamo per narrare. I tre si erano incontrati proprio nei corridoi di quella società, e nelle sue stanze avevano passato le loro giornate svolgendo diverse mansioni, insieme agli altri addetti, tutti occupati a spostare da un angolo del mondo all’altro dollari americani, australiani e canadesi, euro, sterline inglesi, yen giapponesi e renminbi cinesi destinati alle piccole transazioni tra gli utenti della sterminata rete web e i siti di e-commerce2 che offrono beni e servizi 24 ore al giorno.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

PayPal, una grande invenzione del 2000, era cresciuta combattendo organizzazioni criminali che tentavano di intrufolarsi nel suo sistema per intercettare i flussi di denaro, fino a quando aveva inventato e brevettato il software Captcha, che aveva reso sicure le transazioni. Una grande scuola dunque per i nostri tre eroi, una palestra dove ogni giorno si aveva a che fare con una massa sterminata di utenti.

Un osservatorio privilegiato dei gusti planetari e delle tendenze che si modificano a grandissima velocità nella immensa tribù di Internet. In quel periodo PayPal gestiva transazioni annue per 27,5 miliardi di dollari, era disponibile in 190 nazioni, operava su 123 milioni di conti attivi dei propri clienti e da tre anni, cioè dal momento in cui era stata acquistata da eBay, evitava accuratamente di lavorare per siti pornografici.

Di tutto ciò parlavano ogni giorno tra di loro i tre amici: globalizzazione digitale, etica delle relazioni in rete, eccezionali volumi di scambi e capacità di gestire masse straordinarie di terabyte.

Queste le loro chiacchiere, tanto familiari in quell’ambiente quanto in una nursery i discorsi su pannoloni e giocattoli. PayPal fu dunque il loro humus, il brodo primordiale dal quale trarre visioni e indicazioni concrete e - come vedremo in seguito - anche il loro primo sostegno economico, la prima fondamentale manifestazione di fiducia nei confronti dei loro sogni di gloria.

Quella sera alla festa comunque i tre parlano sicuramente di altro. Si balla, si beve, si incontra gente e soprattutto - così narrano le cronache e così riportano i protagonisti nelle loro successive interviste - quella sera si scattano molte foto e si registrano molti video grazie alle videocamere che passano di mano in mano.

Non sappiamo in dettaglio cosa succede nei giorni seguenti, ma sappiamo che i tre, come spesso accadeva in quel periodo, tentano di far giungere ai loro amici attraverso la rete Internet sia le foto che i video girati alla festa, per condividere i giochi, rievocare le emozioni, le battute, le smorfie eccetera. Con le foto va tutto bene. Con i video più «ingombranti» però si incontrano alcune difficoltà. La lunghezza, le dimensioni dei troppi megabyte, i diversi standard di codifica e decodifica dei segnali, i software di gestione incompatibili e le richieste di alcuni siti di lunghe procedure per avere accesso o di piccoli costi di sottoscrizione rallentano le azioni, talvolta le rendono impossibili.
GLAUCO BENIGNI jpegGLAUCO BENIGNI jpeg

E tutto ciò non piace a Chad, Steve e Jawed. È intollerabile, per dei professionisti come loro, essere sottoposti a restrizioni che in ogni caso sono teoricamente sormontabili. «Lavoriamoci» si dicono allora, «troviamo una soluzione a un problema che riguarda e riguarderà centinaia di milioni di nostri simili». «La gente compie un sacco di esperienze nel mondo» ricorderà in seguito Chad Hurley, «le filma e vuole condividerle. Ecco cosa dobbiamo fare: fornire una traccia per realizzare questa nuova estrema Tv della realtà».

Siamo a San Bruno, nella contea di San Matteo, in California, una tranquilla cittadina di 40.000 abitanti nei pressi dell’Aeroporto Internazionale di San Francisco. Siamo a due passi dalla Silicon Valley, una zona in cui sin dalla metà degli Anni ’80 hanno visto la luce grandi invenzioni e brevetti, e sono fiorite e cresciute alcune delle maggiori applicazioni nel web, poi trasformate in enormi affari grazie a marchi che hanno fatto la storia dell’Era digitale.

Siamo nella Culla della Cultura informatica, signori, nell’ombelico del Pianeta Internet, dove ogni garage, ogni soffitta, ogni cantina è un potenziale laboratorio, una bottega di idee e pratiche e esperienze che possono condurre a notevoli cambiamenti, addirittura a rivoluzioni della conoscenza, impensabili solo qualche giorno prima. Alcune sigle nate nei decenni successivi sono ormai consolidate e operano con migliaia di impiegati e tecnici all’interno di grandi edifici, altre sono morte e sepolte; quasi tutte, dopo la loro fondazione, sono state comprate e vendute, oppure fuse, smembrate, riaccorpate.

Si respira in ogni palazzo aria di finanza tecnologica e di pionierismo digitale. I sogni, anche quelli più arditi, qui sono autorizzati dal mondo degli affari, attivamente presente nell’area. Qui ogni giovanotto sveglio dispone di contatti, parenti, amicizie che si possono raggiungere con un click del telefono cellulare, referenti ai quali inviare un’email con un progettino o un’ideuzza a caccia di finanziatori.

Dopo la grande epopea del NASDAQ4 sostenuta da Clinton e Al Gore negli Anni ’90, quando bastava collocare in Borsa una società operante su Internet per ottenere ingenti finanziamenti, e dopo la sua conclusione, con l’esplosione della bolla speculativa che ha azzoppato soprattutto le dot.com, è arrivato il grande inverno. La brina delle attività day-by-day si è posata sui falò accesi dall’immaginario incandescente dei Padri Digitali, determinando stagioni di profitti compatibili con altri settori dell’attività umana, ma privi di grandi balzi e sorprese.
JAWED KARIMJAWED KARIM

Senza alcun dubbio l’industria informatica e dei siti Internet ha continuato a vivere bene dopo il crack del 1999, ma nessuna vera star di prima grandezza, a parte Google,6 è apparsa sulla scena come invece avveniva, quasi d’incanto, in passato. Qualcuno però comincia, nel 2005, ad annusare nell’aria l’odore di una nuova primavera. Gli orsi escono dal letargo, i tori cominciano a tamburellare gli zoccoli nervosamente sui prati, pronti a correre all’impazzata.

Gli analisti di mercato e i giovanotti stanno all’erta: qualcosa sta per verificarsi, lo si percepisce nelle discussioni al bar e nelle riunioni di lavoro, nelle lobbies degli alberghi e nelle sale d’attesa degli aeroporti. E intorno ai nostri tre amici è tutto un fiorire di nuovi siti web che propongono nuove soluzioni ai vecchi problemi.

Nel corso del processo evolutivo, naturale e inevitabile, nel DNA dei media, dopo le mutazioni epocali nel trattamento dei testi, si è passati alla gestione di contenuti più complessi, quali l’audio, le immagini fisse e 3D, e ora è giunto il momento dell’evoluzione delle immagini in movimento. I grandi cambiamenti nel modo in cui la gente effettua filmati video, sempre più utilizzando piccole videocamere digitali, e i bassi costi per gli operatori di website, autorizzano il volo della fantasia: ospitare, mostrare, scambiare, inoltrare ad amici e non, rieditare in linea, enormi quantità di filmati.

Dopo Flickr,7 il sito lanciato da Yahoo!,8 che gestisce milioni e milioni di foto per i propri utenti, si tentano le prime versioni per gestire i video: Vimeo, Sharkle, Cliphack e Blip.Tv sono alcune delle sigle che compaiono in questa fase. Su tutti primeggia, con l’autorevolezza del suo nome, Googlevideo. Ma il gigante dei motori di ricerca - stando ai commenti esperti - prevede ancora una lenta procedura.

Troppo lenta per i kids scalpitanti. I nostri eroi hanno altro in testa. Il 15 febbraio 2005 viene informalmente fondata YouTube. Ecco dunque qualche tempo dopo i nostri tre eroi all’interno di uno stanzone - destinato a diventare mitico - secondo alcune versioni sopra a una pizzeria, secondo altre sopra un ristorante giapponese, che armeggiano con un videoclip destinato a passare alla storia come la prima rappresentazione di un’opera lirica di successo. È il 23 aprile 2005. Jawed è andato allo zoo e sta parlando con gli elefanti mentre la madre lo riprende con una piccola videocamera.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

È un video privo di qualsiasi eccezionalità. 17 secondi banali come possono essere banali i video fatti in casa, durante i quali il ventiseienne Jawed appare un po’ giallino. Ma è la scintilla, e innesca la reazione a catena. Da due mesi i tre si stanno dedicando alle soluzioni dei problemi. Ora sono pronti. Le immagini di Jawed e dei suoi elefanti, grazie a un nuovo software scaturito da successive elaborazioni, vengono caricate in rete (uploaded) 9 alla velocità della luce con pochi click, e compaiono sui loro monitor di verifica e sugli schermi dei loro destinatari.

Segue una chat: «Come si vede?» «Bene». «Basta solo Adobe Flash» precisa qualcuno. «Lo puoi inoltrare a qualcun altro?» «Sì». «Bene... presto lo potrai anche rieditare online». È l’alba di un nuovo giorno. L’avventura comincia. Ancora oggi scorrendo i commenti al video di Jawed, che continua a essere visionabile su YouTube, ci si imbatte in frasi emblematiche: «Non posso credere che abbiano fatto tanti soldi con questo... anch’io voglio fare qualcosa... c’è qualcuno che ha un’idea?»

Oppure: «Il primo video? Così è cominciato tutto... e la luce apparve. Tu sei il nostro creatore, il nostro Dio. Voi avete fatto la storia». O ancora: «Seriamente dude voi siete come Dio. Voi avete cambiato il mondo per sempre e avete reso il genere umano più unito». Esagerato? Un po’ sì, ma del resto il mito, per diventare tale, ha bisogno di commenti da mitomani.

Continua/1

DAGOSPIA PRESENTA: YOUTUBE STORY, SECONDA PUNTATA - SE I TRE GIOVANI NERD CHAD, STEVE E JAWED RIESCONO A TRASFORMARE IL LORO SITO DI VIDEO-SHARING IN BUSINESS MILIONARIO LO DEVONO A ROELOF BOTHA - E’ LUI, GIOVANE VENTURE CAPITALIST SUDAFRICANO, A SGANCIARE I PRIMI 3,5 MLN $ PER FAR DECOLLARE YOUTUBE - MA L’INVESTIMENTO è BEN RIPAGATO: IN CAMBIO DEI DOLLARI, BOTHA PRETENDE IL 40% DEGLI ASSET E DEI GUADAGNI FUTURI: UNA BOTHA DI CULO, DIREBBE IL POETA…
"YOUTUBE - LA STORIA" DI GLAUCO BENIGNI - PARTE SECONDA
YOU TUBE
[...] ROELOF BOTHA, IL QUARTO UOMO
Nella storia solo pochi venture capitalist possono vantare così tanto successo quanto ne aveva già avuto questo signore sudafricano alla tenera età di trentatré anni. Però, attenzione: neanche Roelof è un uomo qualsiasi.

Definito dalla grande stampa americana «Math whiz and mentor», cioè mago della matematica e mentore, il giovane Roelof era stato allevato in una potente famiglia sudafricana e da infante sedeva sulle ginocchia del suo omonimo nonno famoso: Roelof «Pik» Botha, ministro degli Affari Esteri negli ultimi anni dell’apartheid. Dopo aver frequentato l’Università di Cape Town ed essersi laureato in Economia e Statistica e dopo essere stato consulente, a Johannesburg, della Mc Kinsey & Co., il quarto uomo vola negli Stati Uniti e si iscrive alla Stanford Business School, dove consegue, nel 2000, un’altra laurea.
Roelof Botha
A quel punto il suo apprendistato e la sua formazione accademica sono impeccabili e lui si sente pronto per guadagnare e far guadagnare fiumi di denaro. Dove andare a lavorare? Il destino lo spinge all’interno di PayPal, ovviamente. Al suo arrivo la società di pagamenti online sta progettando una collocazione in Borsa. Roelof prende in mano le operazioni di collocamento del nuovo titolo sette mesi prima del debutto, e il giorno della quotazione ottiene un ottimo risultato.

Immediatamente viene promosso capo della direzione finanziaria e da quella scrivania manovra verso un altro goal: la vendita della PayPal a eBay. Operazione che si conclude nell’ottobre del 2002 e che frutta ai suoi azionisti la bella cifra di 1,5 miliardi di dollari. Congratulations!

Abitualmente Roelof mantiene un basso profilo e ama minimizzare le sue imprese: «Provo a mettermi di fronte al maggior numero di opportunità possibili» dice alla stampa. «Alla fine degli Anni ’90 non pensavo proprio di andare a fare il direttore finanziario di una società tecnologica. Non avevo neanche idea di cosa fosse il venture capital». In realtà, provetto esperto di scienze matematiche e notevole esperto di scienze attuariali, Roelof è, nei grandi affari, l’uomo giusto al posto giusto: un professionista che gestisce investimenti finanziari calcolando nei dettagli i rischi.
roelof botha
Questo tipo di manager infatti, come i bookmaker che si occupano di scommesse, sono chiamati a prevedere l’imprevedibile. Armati di modelli matematici e statistici, valutano la realtà degli eventi in essere e quantificano le incertezze al fine di ridurre al minimo le perdite e massimizzare i profitti. E Roelof è bravo. Talmente bravo che uno dei boss della Sequoia Capital, Mr. Seth Sternberg, a un certo punto della sua carriera alla PayPal gli offre una posizione in quella che è considerata la maggiore e più attiva società di venture capital operante nell’area delle grandi imprese digitali.

Tanto per chiarire: la Sequoia Capital, nel corso degli ultimi decenni, ha finanziato giganti del calibro di Google, Yahoo!, PayPal, Cisco System, Oracle e Apple. In soldoni: Sequoia ha permesso la costruzione del 10% dell’intero valore del NASDAQ. Se mai si dovesse ipotizzare l’esistenza di una Camelot digitale, la società sarebbe dunque una sorta di Tavola Rotonda dove siedono i Cavalieri di un ipotetico Re Artù.com.
ROELOF BOTHA
«Non solo Roelof è molto abile» disse Sternberg quando lo chiamò alla sequoia «ma è senza dubbio uno con cui non puoi non avere un rapporto». Torniamo un attimo alla PayPal e immaginiamo l’incontro di Chad, Steve e Jawed con Roelof. Forse i tre sono a mensa quando incontrano il loro coetaneo sudafricano. Forse vengono presentati in una riunione di lavoro. Forse rimangono bloccati insieme in un ascensore. Sta di fatto che i quattro si conoscono bene, e quindi... a chi rivolgersi in quell’estate del 2005, dopo aver messo a punto il nuovo sistema di condivisione video (videosharing) destinato a diventare YouTube?

Roelof accoglie il progetto dei tre ex colleghi con grande attenzione e un certo affetto. «A differenza degli altri siti di videosharing che stavano debuttando, YouTube aveva la forza della semplicità ed era portatore di esperienze sociali e interattive» dirà alla stampa motivando il finanziamento. «È per questo che Sequoia Capital ha dato loro i primi 3,5 milioni di dollari».
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM
Ladies and Gentlemen, fermi tutti! Qui finisce la poesia e si comincia a parlare di denaro. Anche se 3,5 milioni di dollari non sono molti, è evidente che, al di là dell’affetto, dell’amicizia e della creatività che stava per dare vita a YouTube, la Sequoia Capital, in cambio del suo primo finanziamento (start up) entrava in possesso di una percentuale del futuro asset e degli eventuali futuri guadagni. I dettagli non sono mai stati rivelati, ma si ritiene che Roelof chiese e ottenne, per i finanziatori, il 40%.

I PRIMI TERABYTE
Già fin qui la storia è esemplare. Ancora non è successo quasi niente, ma la scena nella quale si muovono i protagonisti è degna di un certo rilievo. Quattro esseri umani, a ridosso dei trent’anni: un americano bianco, un cinese di Taiwan, un tedesco-bengalese e un sudafricano, si incontrano nella Silicon Valley degli inizi del Terzo Millennio mentre attorno a loro infuria una sorta di apocalisse globale e, mossi dalla fede nella specie umana e dalla voglia di guadagnare, fondano una enterprise che, a detta loro, si ispira a un pensiero di Allen Ginsberg: «Non è indirizzata alle nazioni, ma a quegli individui che vivono nelle nazioni il cui intento non è alzare frontiere ma abbatterle».
CHAD HURLEY E STEVE CHEN
Volendo si poteva ispirare la fondazione anche a un’altra frase di Ginsberg: «Solo lo scienziato è vero poeta: ci dà la luna, ci promette le stelle, ci farà un nuovo universo, se sarà il caso». La seconda non viene in mente ai Fondatori, che dispongono invece di una loro filosofia semplice e rigorosa: a) non smettere mai di crescere; b) sii amichevole con chiunque incontri; c) agevola l’interconnessione geoculturale; d) e soprattutto - ma quest’ultima parte verrà rivelata solo in seguito - raccogli miliardi di dollari mentre realizzi i primi tre punti.

Tra l’estate e l’autunno del 2005 nel locale di San Bruno, dove YouTube ha stabilito la sua sede, succedono molte cose. I giovanotti si dotano, grazie al finanziamento, delle infrastrutture tecnologiche necessarie; contattano i primi collaboratori e, soprattutto, acquisiscono la facoltà di disporre in progress di diversi terabyte per ospitare un enorme, stratosferico numero di videoclip mai pensato prima d’ora.

A novembre, sebbene ancora in beta test, cioè in una fase di sperimentazione molto avanzata ma non definitiva, sono pronti al confronto con il mondo esterno: utenti, analisti di mercato, concorrenti, giornalisti, esperti di hardware e software attendono la loro prima uscita con una certa curiosità.

Il 7 novembre 2005 viene rilasciato il primo, garbato, comunicato stampa, in cui si legge: «YouTube, una società pensata per ospitare e condividere videoclip prodotti dai suoi utenti, annuncia di aver ottenuto un primo finanziamento di 3,5 milioni di dollari dalla Sequoia Capital. Fondata da pionieri di Internet, YouTube ha sviluppato nuovi servizi che consentono alla gente di caricare facilmente, identificare tramite tag e condividere videoclip personali utilizzando il sito www.YouTube.com. Il servizio consente inoltre di creare il proprio canale video personale».
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chen
«Visto l’aumento di persone che vanno in giro effettuando registrazioni video grazie alle loro videocamere e ai loro telefoni cellulari, YouTube è stata creata per essere la destinazione ideale, il posto in cui vedere e condividere queste esperienze» afferma Chad nel suo nuovo ruolo di amministratore delegato (CEO).

E aggiunge: «Attualmente gestiamo 8 terabyte di dati al giorno, ovvero l’equivalente della quantità di DVD che sarebbero rinvenibili negli scaffali di un Blockbuster. Prima di YouTube non era facile per la gente visionare i propri video nel web. La soluzione era supportare ogni apparato di riproduzione e le diverse centinaia di formati multimediali. Grazie alla nostra struttura tecnologica i nostri utenti possono oggi inviarci video da qualsiasi parte del mondo in modo veloce, facile e divertente». E in effetti è così.

YouTube sta per rendere (quasi) ogni attività umana degna di essere filmata e condivisa e ha creato, all’interno del web, il luogo più ovvio per rendere pubblici tutti quegli atti che prima erano considerati (solo) privati. Di fatto, grazie alla sua semplicità, sta risolvendo la visione del futuro, il sogno mediatico della comunicazione interattiva globale, consentendo un potenziale contatto facile e gratuito tra ogni membro della popolazione mondiale.

Gli analisti e la stampa se ne accorgono presto. Mentre i commenti riguardanti l’offerta di GoogleVideo e Microsoft Video continuano a essere problematici: «Ci vorranno anni prima che questi siti decollino... Meno del 10% dei proprietari di videocamere sono in grado di trasferire videoclip a causa delle procedure... Gli utenti devono scaricare il software, inviare il videoclip, riempire schede con i loro dati, includere il titolo, la descrizione, il genere, attendere l’approvazione... Ci vogliono ore o finanche giorni».
Google
Nel caso di YouTube i commenti sono allibiti: «L’utente si registra, indica un titolo e invia. Il caricamento è quasi istantaneo». E inoltre, la cosa che più impressiona tutti è la quantità. A due settimane dal debutto ufficiale i giornali non possono fare a meno di sottolineare: «YouTube consente di visionare un numero impressionante di clip, 3 milioni, e la gente ne carica sul sito 8000 nuovi al giorno». A quel punto i terabyte a disposizione sono già diventati 16, e Chad afferma: «I Blockbuster visionabili gratis sono ora due». È ancora solo l’inizio.

DAGO PRESENTA: YOUTUBE STORY, TERZA PUNTATA - non appena il sito decolla, da ogni angolo del pianeta arrivano migliaia di clip al giorno che iniziano a rimbalzare su ogni computer generando il primo effetto virale nella rete - molti fiutano le opportunità di business e l’upload dei video, in barba alle regole del copyright, diventa massiccio - le major televisive e discografiche iniziano a muoversi fino al caso di “lazy sunday” e la prima guerra contro nbc…
"YOUTUBE - LA STORIA" DI GLAUCO BENIGNI - PARTE TERZA
CHAD HURLEY
DIRITTO D’AUTORE? CHE COS’È? PARLIAMONE
Il varo della piattaforma YouTube nell’immenso, procelloso e pescosissimo mare di Internet è dunque avvenuto con successo. Migliaia di nuovi videoclip ogni giorno affluiscono nel sito; si vanno ad aggiungere ai 3 milioni di video già presenti, e tutti vengono ospitati grazie a masse di terabyte che funzionano da stiva e vetrina.
Il numero dei clip sembra, inoltre, destinato ad aumentare esponenzialmente, come se una fusione nucleare a freddo, quella che i Fondatori avevano definito «interconnessione geoculturale», si fosse innescata e cominciasse a sprigionare energia al di là del controllo. Come se una forza, quella della web community, repressa e compressa da anni, avesse finalmente trovato un punto di fuga dalle viscere di una Storia Arcaica dei Media e si manifestasse a mo’ di eruzione vulcanica incontrollabile o in forma di tsunami di megabyte.

Da ogni angolo del pianeta omnia si riversa all’interno di YouTube e, una volta raggiunte le sue agognate sponde, alcuni clip vi si fermano in trepida attesa di essere visionati dai membri della Comunità, a loro volta in crescita esponenziale, altri clip invece rimbalzano via email verso dovunque, anywhere - anytime, perpetuando la loro emanazione irrefrenabile.

Mai prima d’ora il concetto di viral communication era apparso così evidente. Si assiste e si partecipa a una manifestazione tanto primitiva quanto tecnologicamente evoluta di un bel pezzo dell’anima collettiva. Si partecipa e si assiste divertiti a un arrembaggio tanto ribelle quanto altamente civilizzato. Un arrembaggio caotico e razionale al contempo.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM
A bordo di YouTube, nelle pieghe dei suoi 16 terabyte, sin dalle prime settimane, si comincia a rinvenire qualsiasi suono e immagine. Ogni argomento, gesto individuale e/o collettivo, sogno, sorriso, lamento doloroso, sberleffo, satira eccetera, ha diritto di ospitalità e ottiene pertanto quella visibilità prima negata. Ogni argomento e gesto viene rilanciato nella segreta speranza di ottenere un’eco, un riconoscimento, una minima o massima dignità.

Videoclip su politica, ambiente, animali, cucina, amore, viaggi, videoclip musicali, stralci di pubblicità, comizi lucidi o deliranti, spicchi di partite di calcio, gare di pattinaggio... Omnia affluisce incessante e prende posto automaticamente negli sterminati scaffali di YouTube.
In questa iniziale stagione, inoltre, non esiste alcun filtro nei confronti di nessuna fonte. Gli uploader (utenti che inviano i clip) dichiarano di aver letto i Termini d’uso (Terms of Use) e di accettarli. In realtà invece molti di loro ignorano o fingono di ignorare le regole del copyright per poterle sbeffeggiare a piacimento.

I filmati giungono da una massa di utenti dilettanti e sconosciuti, ma anche da professionisti o individui che si considerano tali, i quali hanno immediatamente intuito che quel nuovo medium può essere un’ottima vetrina per i loro lavori e lavoretti.
C’è però un problema. Una quantità di scogli - alcuni enormi e visibilissimi, altri affioranti, altri poco sotto il pelo della linea di galleggiamento - si erge lungo la rotta della nave YouTube.

Moltissimi filmati, infatti, lunghi o corti che siano, belli o brutti, irriverenti o ossequiosi nei confronti delle élite, giungono firmati da anonimi o emeriti sconosciuti che affermano di possederne i diritti. In realtà, alcuni di questi filmati sono recuperati dagli uploader negli sterminati archivi di soggetti industriali che li hanno messi in circolazione su DVD, o sono stati registrati dalle emittenti Tv dei diversi network.
CHAD HURLEY E STEVE CHEN
Di fatto la Community è in larga parte composta da individui giovani, che si ispirano alla cultura degli hacker: legioni di adoratori di Napster, che per anni si sono scambiati brani musicali senza curarsi in alcun modo di violare il diritto d’autore, cominciano a spedire a YouTube vecchi spezzoni di film, copie registrate di programmi Tv recenti o del passato, brani da DVD in commercio contenenti video musicali e altro materiale protetto da copyright.

Mossi dalla voglia di condividere, inoltrano tutto ciò che ritengono degno di essere sottoposto all’attenzione altrui. Non è pirateria secondo loro, è fair use (uso personale e senza fini di lucro) quindi tollerabile. In fin dei conti nessuno guadagna un solo centesimo in quel frenetico invio e scambio di filmati e ciò corrisponde, in teoria, al concetto di fair use più volte evocato in alcune dispute relative al copyright.

Nella Community tutto sembra svolgersi dunque all’ombra del Copyright Act del 1998: una voluminosa serie di norme con cui si era tentato di regolare il non regolabile, quando la riproduzione elettronica dell’opera d’arte, dopo tanti anni di registrazioni audio e video illegali, aveva invaso anche il web.

Ma per molti soggetti industriali e commerciali, alcuni dei quali siedono nell’Olimpo dei vecchi media, «copyright» non è semplicemente una parolina interpretabile a piacimento, e per i loro molti e agguerriti uffici legali la sua violazione reiterata (infringement) costituisce un attentato, quasi un atto terroristico contro una delle roccaforti del sistema economico planetario: il diritto d’autore e di Produttore, perdio!

I cani da guardia dei vecchi media e dello Show&Music Business, già provati dall’interminabile braccio di ferro che li aveva visti da decenni in prima linea contro i pirati di film e musica, si innervosiscono immediatamente. Qualcuno comincia a ringhiare, altri ad abbaiare.

Nonostante le continue dichiarazioni di buona fede e il gioco di interpretazioni a doppio incastro contenute nei Termini d’uso di YouTube e nei riferimenti che echeggiano al Copyright Act del 1998, la questione appare da subito incandescente. È come se i Fondatori cercassero di tenere una rotta che li dovrebbe condurre, con i loro utenti, verso il mare aperto del libero videosharing, mentre alcuni di questi utenti caricano la nave con ingombranti - dal punto di vista legale - carichi, che la fanno sbandare paurosamente conducendola verso le secche o addirittura verso scogli che affiorano improvvisamente. Per contro i timonieri, che certo sono al corrente del problema, sembrano ignorare completamente gli scogli.
lorne michaels PADRE PADRONE DI SNL
Ciò che impressiona gli analisti e rallenta le azioni legali è, comunque, l’abilità dei timonieri di comportarsi in modo talmente «leggero» da giungere quasi a sorvolare gli ostacoli. YouTube non si limita a galleggiare nella storia della cultura contemporanea. Non appartiene in nessun modo alla classe dei media digitali noti.

È l’ultimo prodotto dei New Media, dà ospitalità a una immensa comunità di surfisti e la stessa nave, nonostante la sua mole, tenta di comportarsi come una piattaforma in grado di fare surf sulle norme e sulle pratiche dominanti nel mondo degli affari. Ovviamente questo presunto privilegio non può durare a lungo. E infatti...

SUNDAY, LAZY SUNDAY
A San Francisco si racconta che Chad lo apprese da un’email, Steve da un sms notturno e Roelof da uno dei suoi legali. Fatto sta che il 9 gennaio 2006, subito dopo la pausa natalizia, tutto il mondo ne viene a conoscenza perché il caso finisce sulle pagine del grande settimanale Newsweek. In apparenza è una baggianata: una cosa da ragazzi, fatta da ragazzi. Ma secondo alcune interpretazioni non è per niente così.

I protagonisti della vicenda sono Chris Parnell e Andy Samberg, una coppia di irriverenti giovani attori-cantanti- rapper che potremmo paragonare a una delle tante che si vedono ogni giorno anche sui nostri teleschermi. I due erano andati in onda il 17 dicembre con una stralunata e surreale gag intitolata Lazy Sunday (una pigra domenica), all’interno di Saturday Night Live, un famoso programma del sabato sera della NBC Television, ovvero la più antica rete Tv degli Stati Uniti d’America, di proprietà della General Electric.

Chris e Andy, in quei 2’ 30" in cui smangiucchiano dolcetti e prendono un taxi a Manhattan per recarsi a vedere un matinée teatrale, sono stati visti da 7,2 milioni di persone. Chris e Andy sono due talenti da utilizzare e «mungere» con calma. Due giovani star che hanno firmato un rigido contratto con la NBC, una rete di tradizioni autorevoli e rispettate, nata dalla esperienza radiofonica degli Anni ’50, fondata da uno dei padri dei media americani, il generale David Sarnoff. NBC, nel suo ruolo di gigante dei media, dispone ovviamente di uno staff di legali che nel corso dei decenni si è scontrato con chiunque, e ha spesso vinto. È gente che non può certo tollerare l’accaduto.

«Perché dunque? Perché» si chiedono ai piani alti del grattacielo NBC «qualche youtuber ha creduto di poter registrare quei due minuti e mezzo e ha creduto di poterli inviare al sito di videosharing? Come è potuto accadere che il video sia stato inoltrato via email a chissà quanti altri indirizzi della web community? E come mai è stato visto e rivisto milioni di volte? Ma soprattutto: perché è stato riproposto talvolta dopo essere stato ‘sezionato’, tagliato, reinterpretato, e tutto senza il nostro permesso?»
CHRIS PARNELL ANDY SAMBERG
Ovviamente non è la prima volta che si verifica un caso simile. Già in passato c’erano stati episodi del genere. Ma stavolta c’è la «lesa maestà» della NBC, la «lesa maestà» di un programma di prime time del sabato sera, la «lesa maestà» nei confronti di un’audience dell’ordine dei 7 milioni che, tra- dotta in potenziali inserzioni pubblicitarie - e questo in definitiva è il punto -, equivale a centinaia di migliaia di dollari. Per capire bene la questione bisogna smontare il giocattolo.

I lettori più esperti perdoneranno l’insistenza sui dettagli, ma non tutti conoscono i meandri del Media and Show Business. L’interpretazione che la NBC dà dell’accaduto è questa: se Chris e Andy fanno - come si dice in gergo - 7,2 milioni di spettatori, la nostra concessionaria di pubblicità offre le loro future performance agli inserzionisti a una cifra x, ipotizzando che quei 7 milioni di spettatori li vogliano rivedere e quindi si espongano anche agli spot.

E siccome ogni spettatore vale una certa quantità di dollari, più sono - e saranno - e meglio è per la rete Tv. Ovviamente la NBC deve poter disporre in esclusiva della loro immagine, e deve considerarli «cosa nostra». Se però quei maledetti, anarchici youtuber se ne fregano di tutto ciò, prendono le performance di Chris e Andy - o di chiunque altro - le registrano e le fanno circolare gratuitamente e senza pubblicità, avvengono fatti inaccettabili: a) si soddisfa l’ansia di rivederli e goderseli.

Ergo: il giorno in cui vengono riproposti dagli schermi NBC si rischia un calo di audience; b) la loro immagine potrebbe essere danneggiata o gestita impropriamente; c) gli spettatori potrebbero cambiare programma dicendosi: «Tanto poi me li rivedo su YouTube quando mi pare»; d) gli inserzionisti potrebbero mercanteggiare al ribasso. E infine: e) non possiamo rivenderceli sugli iPod.
LAZY SUNDAY DI SATURDAY NIGHT LIVE ANDY SAMBERG CHRIS PARNELL
La questione però è - e si chiarirà in seguito - ancora più aggrovigliata, in quanto nel complesso gioco mediatico tutte queste considerazioni possono anche essere lette al contrario. Ma i legali della NBC, quel giorno, ispirati dalla loro tradizione di cani da guardia con pedigree, sono costretti ad abbaiare a chiunque si avvicini al recinto, senza distinguere se l’intruso sia una vera minaccia o un potenziale vantaggio. Abbaiano ma non mordono! Le cose infatti non sono del tutto chiare.

«In un certo senso» commenta Lorne Michaels, il produttore dei due comici «siamo di fronte a una nuova fabbrica di stelle. D’ora in poi qualsiasi cosa facciano il pubblico li vorrà». Ma anche questo si può considerare un messaggio trasversale contro la NBC. Interpretabile come: «Voglio più soldi!» E questo non piace ai boss.

I giornali per loro conto commentano ariosamente: «Il successo di Lazy Sunday su YouTube rappresenta un giro di boa per l’industria cinematografica e televisiva. I filmaker seguiranno ora il percorso tracciato dai videoblogger e, dopo averli creati a basso costo, distribuiranno direttamente i loro lavori sul web». «È il tramonto dello strapotere di Tv e cinema» aggiungono altri. «Finalmente» si legge nei titoli della stampa specializzata «abbiamo una nuova Età dell’oro, nella quale gli artisti possono avere un rap- porto diretto con il loro pubblico».
Andy SAMBERG ChrisParnell
Tutte considerazioni in realtà non nuove: da anni si vagheggia questa eventualità. Ma ora è successo su grande scala, nell’arena mediatica, con una grande eco di massa. Il re è nudo e strilla come un’oca del Campidoglio. In ogni caso l’industria mantiene una speranza e la esprime così: «Non tutto funziona bene come Lazy Sunday».

Ma anche questo suona minaccioso, perché l’arbitro della qualità e del gradimento non è più il complesso sistema di promozione, misurazione e critica dei talenti, da sempre sotto controllo da parte dell’élite dei media, quanto piuttosto il vertiginoso numero di click ottenuti su YouTube. A molti sembra la presa della Bastiglia, e qualcuno dell’Ancien Régime comincia a considerare Chad, Steve e Jawed alla stregua di Marat, Danton e Robespierre perché - a loro dire - «stanno per instaurare il Terrore».
LORNE MICHAELS TINA FEY E UN AUTORE DI SNL SATURDAY NIGHT LIVE
AGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, QUARTA PUNTATA - QUELLA GRANDE IDEA DI FARE DELL’UTENTE UN PICCOLO EDITORE SU SCALA MONDIALE - CHIUNQUE DECIDA DI CARICARE UN VIDEO Può FARLO SENZA CENSURE, NON VIENE RIEDITATO NÉ TAGLIATO - LA COMUNICAZIONE BYPASSA DEFINITIVAMENTE I MASS-MEDIA: È COMINCIATA L’ERA DELL’USO SOCIALE DELLA RETE, DELLA ‘’TAGGING STRATEGY’’, DELLA COMUNICAZIONE VIRALE…

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI - QUARTA PUNTATA
YOU TUBEYOU TUBE

I CONTENUTI? LI FORNISCONO GLI UTENTI...
I due acronimi: UGC (User Generated Content) e CGM (Consumer Generated Media) sono la definizione inglese di concetti noti all’industria dei giornali e della radio da diversi decenni. Contrariamente a ciò che si può credere, non sono stati inventati per il web o dal web, ma dalla stampa di massa. Basti pensare alle «lettere al direttore», che sono senza dubbio «contenuto generato dagli utenti», per datare il concetto agli Anni ’30.

Ma soprattutto basta riflettere per un attimo su pubblicazioni quali Porta Portese o La Pulce o simili, per capire che molti media, anche importanti e di massa, hanno costruito il loro successo grazie a contenuti inviati alle redazioni dai loro lettori-utenti e grazie al fatto che in tal modo si crea una comunità in cui i membri mostrano attitudini, pratiche e interessi simili.

Nel caso di YouTube, e di tutti gli altri siti che tendono a costruire comunità, ovviamente il grado di complessità del rapporto utente-editore-utente è molto più alto, ma in definitiva l’architettura di base è rimasta quella originale. Io-Editore metto un medium a disposizione - sia esso giornale o radio o Tv o sito web - dei miei utenti-fruitori-inserzionisti-clienti-ascoltatori-spettatori-consumatori-blogger-vlogger; e costoro, da me sollecitati, inviano in qualche modo i contenuti: a mezzo posta, fax, telefono, sms o email.

Sempre Io-Editore, li impagino, edito, registro... li ospito nel mio medium che rendo, attraverso procedure industriali e commerciali, accessibile, visibile o circolante e attendo sereno che i miei utenti lo comprino, lo leggano, lo ascoltino, lo guardino, lo sottopongano ad altrui attenzione, sostenendo in tal modo il mio sforzo e l’obiettivo di massima distribuzione e diffusione del mio medium.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Grazie alle tecnologie Internet questo arcaico, talvolta lento processo, viene accelerato all’inverosimile. Al punto da rendere il contenuto prodotto dagli utenti disponibile in un tempo che tende a zero. La grande innovazione di YouTube è, tra le altre, il fatto che il messaggio inviato da un utente, nella quasi totalità dei casi, resta e appare integro, non rieditato né tagliato, salvo divieti di inserimento e rimozioni motivate da conflitti con l’etica dei Fondatori, che esclude rigorosamente materiale pornografico, violento, blasfemo e osceno.

COMUNQUE CONTIAMOLI...
Fin quando il fenomeno UGC viene gestito in casa degli Old Media viene considerato, dagli analisti al loro servizio, un fatto naturale, una parte della produzione e una pratica che manifesta il grado di democrazia del medium. Un buon medium invece di limitarsi a pubblicare contenuti dei giornalisti e di altri apre (questo il verbo maggiormente usato) agli utenti e accoglie opinioni o addirittura valuta fatti da loro riportati, considerandoli quindi fonti attendibili.

Un ulteriore esempio: sin dalla seconda metà degli Anni ’70, le radio cosiddette libere, poi definite apertamente solo commerciali, hanno usato e abusato di contributi audio generati dagli utenti. Solo pochi mezzi di comunicazione, ciò nonostante, sono diventati CGM, ovvero media generati dai consumatori.

Nel 2006 però i successi della condivisione in rete di contenuti di ogni tipo cominciano a destabilizzare l’Ancien Régime. E, come sempre in questi casi, fioriscono le nuove analisi. Si mettono i vecchi occhiali nel cassetto e se ne inforcano di nuovi; si tiene conto della facoltà di fare ricerche molto mirate, si ribadisce il concetto, già peraltro noto, secondo il quale «il numero dei visionamenti (click) è oggettivamente misurabile e ciò costituisce un dato rilevante, più rilevante delle proiezioni fatte su campioni».

In soldoni, se un videoclip su YouTube viene visto n milioni di volte significa che qualcuno ha scelto n milioni di volte di vederlo e inoltre significa che non l’ha visto per caso. Ben inteso, c’è sempre l’eventualità che quel Qualcuno si sia divertito, o perversamente impegnato, a cliccare più volte sullo stesso videoclip, generando quindi un numero di transiti che possono non coincidere con il numero di individui davvero esposti al messaggio. Ma questo fa parte del gioco, ed è materia da affrontare in sede di vendita dell’audience ai pubblicitari.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Ciò che interessa è il cambio di paradigma storico. È cominciata l’Era dell’uso sociale della Rete (Social Networking), della Tagging Strategy, della comunicazione virale e, conseguentemente, la misurazione di questi fenomeni si dota di nuovi strumenti.
Hitwise, la maggiore società di ricerche del mondo che misura i transiti online, comincia in quei giorni a pronunciarsi pubblicamente: «Nel 2005 i Contenuti Generati dagli Utenti hanno raggiunto volumi e importanza di massa, grazie alla proliferazione delle tecnologie che hanno cambiato il modo in cui gli utenti di Internet rinvengono, condividono e creano i contenuti». Augh!

In effetti i dati parlano da soli: MySpace, il maggior concorrente di YouTube, sebbene abbia una struttura più complessa e professionale, si classifica al quarto posto tra i siti maggiormente frequentati, ed è cresciuto dell’846% da dicembre 2004 a dicembre 2005. Wikipedia, un’enciclopedia online scritta dai propri lettori, ha sorpassato qualsiasi altra enciclopedia online e nel settembre 2005 batte addirittura il New York Times online. Recentemente Wikipedia si è dimostrata, grazie ai contributi dei propri scrittori-lettori, anche come fonte di notizie, in particolare nel caso dell’attentato a Londra e degli uragani Katrina e Rita.

Questa considerazione è insopportabile per i vertici degli Old Media e tuttora fa tremare i polsi ai boss dei grandi organi di informazione. Immaginate cosa accadrebbe se un social web network affiancasse o si sostituisse alle agenzie di stampa internazionali con riconosciuta autorevolezza? Salterebbero una serie di «cordate» geopolitiche legate all’organizzazione del consenso su scala planetaria.

Flickr, il sito di condivisione foto (photo sharing), acquistato a marzo del 2005 da Yahoo! ha visto aumentare i propri frequentatori del 1300% da dicembre 2004 a dicembre 2005; anch’esso è cresciuto a dismisura durante gli uragani che hanno devastato alcune regioni d’America. Fra l’altro si riconosce a Flickr il merito di aver per primo ottimizzato la strategia dei tag. In sostanza: considerando i milioni e milioni di foto che erano rinvenibili su Flickr, come si poteva ottimizzare la ricerca?
STEVE CHENSTEVE CHEN

Appunto suggerendo agli utenti di «taggare», come ormai si dice in italiano, i file da loro inviati, con una o più parole che consentissero di identificare l’argomento e quindi rendessero possibile la ricerca da parte di coloro che a quell’argomento erano interessati. Nel caso di Katrina, per esempio, i tag avrebbero potuto essere: «uragano», «ciclone», «Mississippi», «New Orleans», «nubifragio», «acqua», «allagamenti», «pompieri» o altre parole facenti riferimento alla scena visibile poi nelle foto.

Nel caso dell’attentato a Londra, invece: «terrorismo», «kamikaze», «metro», «Londra» e così via. La Tagging Strategy viene immediatamente adottata anche da YouTube, e costituisce - e costituirà, come del resto avvertiva la Hitwise - uno degli elementi fondamentali per il rinvenimento, la consultazione e il successo o meno di un videoclip.
Un altro elemento della Nuova Era sono stati i blog e i loro equivalenti realizzati con i video: i vlog. Technorati, il leader tra i motori di ricerca di blog, è cresciuto in un anno dell’800% tanto da convincere Google e Yahoo! News, nell’autunno 2005, a inserire nei propri motori di ricerca una sezione dedicata ai blog, per tentare di arginare l’emorragia di utenti.

La vera novità comunque, nel vasto panorama web, è senza dubbio costituita dalla ricerca e visionamento di filmati. Nella seconda metà del 2005 si è registrato un imprevedibile boom, determinato soprattutto dal debutto di alcuni nuovi soggetti, tra cui brillano Google Video e iTunes, quest’ultimo specializzato nella vendita.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Ma - sottolinea la ricerca di Hitwise - mentre da ottobre a dicembre 2005 Google Video ha registrato un incremento di traffico pari al 169%, la «Star nascente YouTube» ha visto un’esponenziale crescita dell’873%, dovuta prevalentemente alla condivisione e in particolare al caso Lazy Sunday. I filmati maggiormente ricercati e visti appartengono a tre categorie fondamentali: divertimento, brani di programmi Tv e spezzoni di film.

Tra tutti i siti di successo analizzati da Hitwise si rinviene inoltre che la stragrande maggioranza è frequentata da utenti al di sotto dei 35 anni, i quali rivelano di non aver alcun bisogno di essere informati dai vecchi media. «L’esplosione di contenuti generati dai consumatori» conclude la ricerca «continuerà a crescere a dismisura nel 2006 e soprattutto la distanza tra creatori di contenuti e consumatori di contenuti tenderà inesorabilmente a diminuire».
AGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, QUINTA PUNTATA - NEL 2006 ANCHE UN GIORNALE CATTOLICO BENEDICE IL SITO DI VIDEOSHARING: “C’È UN MONDO ENORME ATTORNO A NOI E UN SACCO DI GENTE HA PUNTATO LE VIDEOCAMERE PER RIPRENDERLO” - SI ALLARGA E SI RIDEFINISCE IL CONCETTO DI WEB 2.0, LA PUBBLICITÀ ONLINE SEMBRA REDDITIZIA - IN 4 MESI IL NUMERO DEI VISITATORI PASSA DA 1 A 10 MILIONI - PARTE IL DIBATTITO SUI DIRITTI D’AUTORE...

1 - SI ACCENDE IL DIBATTITO
Il 19 gennaio 2006 sulle pagine del Christian Science Monitor, uno dei fogli più seguiti dalla comunità cattolica statunitense, appaiono tre scarne righe: «Se quello che c’è in Tv non vi eccita, mettete mano alla questione. YouTube autorizza chiunque a inviare filmati originali da mostrare a tutto il mondo e a vedere quello che gli altri hanno creato. I canali includono sport, comicità, didattica e animali domestici. C’è un mondo enorme attorno a noi e un sacco di gente ha puntato le videocamere per riprenderlo».
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È un ulteriore segnale, molto importante, che il fenomeno va considerato «ecumenico», anche da chi di queste cose se ne intende. Il dibattito si accende, eccome, anche nei bar, nei ristoranti interni dei grandi Studios e nelle strade di Hollywood, dove migliaia di piccoli e medi produttori e videomaker, insieme a decine di migliaia di piccoli e medi attori, discutono animosamente con migliaia di piccoli e medi autori e registi, ognuno alla perenne ricerca del modo in cui sbarcare il lunario in attesa del contratto che li traghetterà verso la sponda dei grandi budget.

Le piattaforme sulle quali allocare pezzi più o meno lunghi, più o meno divertenti o socialmente impegnati, aumentano ogni giorno: Steve Jobs ha lanciato a ottobre un videoblog che gira sull’iPod della Apple ed è arrivato a 200.000 spettatori; altri big, quali Google, Yahoo!, Microsoft e la stessa Time Warner, vecchia padrona di casa a Hollywood, offrono opportunità per piazzare «qualcosa». Ma cosa?

Una società di nome Rocketboom ha ideato un notiziario della durata di 3 minuti che va via TiVo e fa 130.000 spettatori al giorno, 5 giorni a settimana. «In passato la gente poteva solo cedere i diritti alle reti Tv» si comincia a dire. «Oggi non è più così. Oggi puoi raggiungere direttamente la tua audience e dividere i proventi della pubblicità con i gestori dei siti». Sì, ma a quanto si vendono i contatti Internet alla pubblicità? Circolano alcune cifre: 25 dollari per ogni 1000 contatti. Però, non male!
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Ok, ma di che lunghezza devono essere le interruzioni pubblicitarie? Certo non si può restare legati al formato dei 30 secondi. Aprire o interrompere un videoclip con uno spot è impensabile per un mondo di scalpitanti autori che sta progettando la realizzazione di filmati brevi. Short! Short! è l’imperativo per ottenere successo. Ma ben presto si aggiungono altre due caratteristiche: interattivo e visionabile su apparati mobili.

Un caso inaspettato viene alla ribalta a rimescolare le carte e i progetti: ManiaTv. Non è un clip o un cortometraggio, ma un intero canale musicale lanciato a metà del 2005 per essere visto solo su siti online. Oggi raggiunge 2 milioni di spettatori al mese. Fa riflettere.
Siti quali YouTube non sono solo destinati a ospitare filmati amatoriali o filmati professionali, comunque corti. I terabyte a disposizione autorizzano anche un ardito volo di fantasia. Perché non trasportare anche la programmazione dei network Tv, o pezzi di essa, dentro i videosharing sites?

Infuria anche il dibattito su cosa sia un social network e in che cosa differisca da un videosharing network e se queste definizioni siano, a loro volta, aderenti al concetto di Web 2.035 o no.

Secondo alcuni, Amazon e eBay sono stati per anni esempi di Web 2.0, anche se la definizione è stata coniata solo verso il 2003 dai manager della O’Reilly Media, una società che organizzava conferenze sul tema. A quel tempo si era indicato con Web 2.0 quel gruppo di siti, non statici, che erano emersi dalle ceneri del collasso del NASDAQ.

Con l’andare del tempo poi si è convenuto sul fatto che i siti Web 2.0 sono quelli che utilizzano porzioni di banda sempre più larga, godono di ampi contributi degli utenti, consentono l’interattività e gestiscono abilmente il sistema dei tag per facilitare le ricerche.
Interrogato sulla questione, Chad Hurley taglia la testa al toro: «Forse il Web 2.0 sta permettendo alla gente di realizzare il vero potenziale di Internet. Secondo noi era lì da sempre. Quello che ha accelerato l’ideale di Web 2.0 sono le tecnologie: soprattutto l’evoluzione della capacità di stoccaggio dati, i software, e di certo la banda larga per connessioni Internet ad alta velocità».
STEVE CHENSTEVE CHEN

2 - STREAMING SÌ! DOWNLOAD NO!
YouTube intanto continua a crescere. Dal milione di visitatori di novembre è passato ai tre milioni di dicembre e, agli inizi di febbraio 2006, il suo direttore marketing, Julie Supan, annuncia garrula: «Abbiamo superato i 10 milioni di video visti ogni giorno. Mostriamo 115 video al secondo o, se preferite, 6944 al minuto».

Su quel «mostriamo» si apre un nuovo dibattito. Apparentemente poco significativo per i non addetti ai lavori, ma invece fondamentale per le sue ricadute rispetto alle norme sul copyright in vigore. YouTube, come specificato nei suoi Termini d’uso, consente infatti di visionare solo in modalità streaming e per contro non consente il download. Cioè si può vedere ma non registrare, scaricare su altro supporto o all’interno del computer.

E inoltre, ogni potenziale uploader, prima di inviare video, deve affermare di possederne i diritti (licenze, permessi), incluso il consenso di ogni persona che in essi compare. Tale dichiarazione, nella pratica abituale del web viene rilasciata cliccando sulla finestrina in fondo ai Termini d’uso ed è tutto ciò che viene richiesto; per lo meno fino al momento in cui un legale detentore di copyright non si rivolge a YouTube rivendicando la proprietà del materiale e rendendo dunque illegale sia l’azione dell’uploader incriminato che quella di YouTube che ne consente il visionamento.

Ora, secondo alcuni avvocati, in particolare quelli specializzati nella difesa delle case discografiche, che lamentano la presenza di innumerevoli music clips illegali, lo streaming può ritenersi tollerabile, alla luce di quanto scritto nel Digital Millennium Copyright Act del 1998, ma non il downloading, in quanto negato dalla stessa legge.

La questione buffa è però questa: se, dopo aver visionato in modalità streaming, gli utenti di YouTube rimettono in circolazione il materiale illegale filmato grazie alla loro facoltà di condividerlo con migliaia di email, o addirittura milioni, si verifica comunque un danno per i proprie- tari dei diritti, i quali teoricamente si vedono privati di ingenti porzioni di mercato che vengono soddisfatte gratuitamente.

«Ma ciò avviene all’interno di una comunità» rispondo- no a YouTube. «E in ogni caso» aggiungono «in osservanza della legge. Basta che ci venga chiesto di rimuovere i clip illegali e noi procediamo immediatamente». «Ok, voi cancellate il videoclip che appare sul vostro sito e quindi non è più visionabile, ma se nel frattempo qualcuno dei vostri utenti lo ha inoltrato agli altri la questione resta aperta». Il cane si morde la coda. L’uovo e la gallina si confondono. Il groviglio è inestricabile.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

3 - CARE VECCHIE ROCKSTAR
Intanto YouTube cresce, grazie anche all’ultima moda, che sta dilagando nelle pieghe dei suoi terabyte, rivelando la sua natura contagiosa, virale. Decine di migliaia di utenti inviano vecchie copie di videoclip musicali, recuperate da qualsiasi possibile supporto, in cui compaiono star del passato più o meno recente. Vuoi rivedere Bob Dylan, Ella Fitzgerald, Nat King Cole, Wilson Pickett, James Brown, John Lennon e chissà quanti altri che hanno cantato le gesta delle generazioni Anni ’60, 70, 80? Vai su YouTube e verrai ampiamente e gratuitamente soddisfatto.

È come se dalla storia recente si levasse un’eco mai so- pita, un mantra collettivo che riecheggia da Woodstock all’Isola di White passando per Parco Lambro: «La musica è nostra e non si paga... la musica è nostra e non si paga». È in gran parte già avvenuto con Napster, ma stavolta è diverso. Ci sono le vecchie immagini, un po’ sbiadite, con i colori sparati, i volti eccitati e sudati, gli occhi lucenti dei cantanti, le note riprodotte con apparati analogici. Rock, soul, funk, pop, dance e discomusic riemergono dall’oblio e rientrano sinergicamente nel ciclo past-modern a sostegno del rinnovato gusto vintage.

A YouTube gli impiegati sono diventati venti. Solo venti e nient’altro che venti. Possono chiudere da un giorno all’altro, e lo sanno, ma nonostante il cupo ringhiare dei cani da guardia delle multinazionali della musica, si sentono degli eroi. La marcia trionfale continua e appare inarrestabile. «Se all’inizio poteva impaurire» afferma il direttore della Reverb, una influente società di promozione, «ormai il fenomeno è troppo grosso per essere ignorato».

E infatti, proprio dal mondo della musica giungono i primi rinforzi. Il 14 febbraio la Matador Record annuncia l’accordo Make our video (fate il nostro video). Gli utenti YouTube sono autorizzati, e spronati, a scaricare la versione mp3 di Nocturnal House e ricreare con immagini da loro girate, su quella base musicale, un videoclip originale per la band Pretty Girls Make Graves. Ai migliori un premio di 1000 dollari e un viaggio a New York per assistere al concerto della band.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Il fronte si è rotto. YouTube non è più sola contro tutti ma, anzi, comincia a essere fiancheggiata da sigle prima impensabili. Osservando l’evoluzione del triangolo media-pubblico-inserzionisti, alcuni di questi ultimi hanno infatti deciso, numeri e dati sociodemografici alla mano, che per raggiungere quel turbolento magma costituito dagli esseri umani tra i 15 e i 35 anni bisogna gettare il cuore oltre l’ostacolo, smetterla con le garbate inserzioni, fatte solo di testo, nelle colonnine laterali dei social site e inserire con decisione veri spot, anche a rischio di vederseli rieditati e sbeffeggiati nei commenti irriverenti degli youtuber.

I primi a inserire video pubblicitari nel sito YouTube sono Jeep e Nike. Quest’ultima, furbescamente, sceglie come testimonial il calciatore brasiliano Ronaldinho e rimane in attesa. L’esito è soddisfacente: 140.000 click in 2 mesi. Non male. Sembra sempre più un enorme tavolo di dadi aperto nel Casinò della Comunicazione Globale. Chiunque può puntare e attendere gli esiti. Il video «rolla» nella grande piattaforma e si contano i click.

Tu hai vinto x consensi, tu y. Tu non hai ancora vinto. Tu non vincerai quasi niente. E voci accattivanti, come nei casinò, intanto incitano: «Puntate signori, puntate. Fare gioco, fare gioco. New direction, new selection». Sono i ragazzi del marketing di YouTube, che hanno agende più grandi del solito, tanto sono fitte di appuntamenti con rappresentanti di qualsiasi società si muova nel mercato.

Kevin Donahue, vicedirettore marketing, al telefono, già ha cominciato a parlare anche con Warner Bros e Virgin. Il tema è: «Come far interagire nel modo migliore i nostri utenti con il vostro materiale video in circolazione». E sottovoce si aggiunge: «Anche quello illegale?» «Ovviamente!»

Continua/5....
O PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, SESTA PUNTATA - NEL 2006 LA POPOLARITÀ DEL SITO AUMENTA A DISMISURA, SOSTENENDO LA POLITICA DELLA LEGALITÀ: “NON SIAMO COME NAPSTER. NOI VOGLIAMO ESSERE IN AFFARI CON I PROPRIETARI DI CONTENUTI, NON CERTO IN CONFLITTO” - SI COMINCIA A PARLARE DI SOLDI VERI E ARRIVA IL MOMENTO DELLA SCELTA: O LA PUBBLICITÀ O L’ACQUISTO DA PARTE DI UN GIGANTE - E YOUTUBE SI ALLEA CON MTV...

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI

1 - «BUONGIORNO, SIAMO I LEGALI DELLA NBC»...
A un tratto, qualcuno, giovedì 16 febbraio 2006, per un attimo spegne la luce nel casinò! «Ooohhhh!» Commenta la stampa. Cos’è successo? Vi ricordate la storia di Lazy Sunday? I due minuti e mezzo del video, mentre continuava il negoziato con la NBC, erano rimasti al loro posto.
YOU TUBEYOU TUBE

La gag, ben piantata nei terabyte di YouTube, era arrivata a collezionare 5 milioni di click, più una quantità di video derivati e inoltri via email, e aveva generato una linea di T-shirt. Da quella mattina però chi va a cercarla non la trova più. NBC ha ufficialmente chiesto la rimozione e l’ha ottenuta. «Sappiamo quanto popolare sia il video» avverte YouTube in una nota ai suoi utenti, «ma YouTube rispetta il diritto di coloro i quali detengono il copyright».
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«Amazing!» dissero a New York. «Superb!» dissero i parigini. «Impeccabile!» dissero a Tokyo. «Che furbata!» dissero a Napoli. Nonostante il video continui a essere visionabile sul sito della NBC (che però funziona solo con Windows), nonostante si possa vedere, curiosamente gratis, sul sito di GoogleVideo, e nonostante sia acquistabile, a 1,99 dollari, da iTunes, i ragazzi di YouTube lo hanno cancellato.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

C’è forse una questione «personale» tra NBC e YouTube? In parte sì, perché alcuni giornali, tra cui il New York Times, hanno scritto che il vero successo della gag non è stato determinato dalla messa in onda sul network Tv, ma da Internet. E questo è un bel rospo peloso da digerire. Alla NBC comunque stanno cavalcando una nuova strategia di marketing: dopo la cancellazione da YouTube il video resta disponibile presso altri soggetti, con cui esiste un accordo; in particolare, dalle eventuali vendite su iTunes, la NBC ricaverà profitti.
loredana berte furiosa youtubeloredana berte furiosa youtube

In ogni caso la NBC fa sapere, attraverso la sua portavoce Julie Summersgill, che «è stata inoltrata una richiesta per la cancellazione, e non solo da YouTube, relativa a 500 altri video illegali e alcuni clip Tv delle Olimpiadi. Ovviamente» aggiunge Julie «stiamo cercando un equilibrio che soddisfi la base degli utenti e che ci consenta di proteggere una notevole quantità di materiale di nostra proprietà. Comunque» conclude Julie «è stato un processo relativamente amichevole».

La mossa e la contromossa sulla scacchiera appaiono determinanti, e condurranno a ulteriori impensabili effetti. L’incidente diventa una notizia di grande risonanza. La reazione di YouTube viene apprezzata, e la sua popolarità cresce ulteriormente.

2 - CHIARIAMO UNA COSA: «NOI SIAMO IN AFFARI»...
Dopo alcune roventi riunioni, a San Bruno si ritiene opportuno chiarire meglio la posizione di YouTube. Tocca ancora a Kevin Donahue prendere le distanze dalle accuse di spavalda violazione delle norme. «Non siamo più nel 1999» dice a un arcigno giornalista, che peraltro accusa YouTube del fatto che moltissimi video sono inguardabili. «A quel tempo quelli di Napster si comportavano da rinnegati. Pensavano che nessuno potesse fermarli. Noi invece vogliamo essere in affari con i proprietari di contenuti, non certo in conflitto».
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L’uscita piace ai boss di Hollywood, che ancora non si sono pronunciati ufficialmente e presto arriva la risposta della potente MPAA. Il cartello delle major cinematografiche, che fa il bello e il cattivo tempo in tutto il mondo, fa sapere che secondo loro quelli di YouTube sono «bravi cittadini».

Non altrettanto simpatici sono invece i commenti di un signore dal nome antico e altisonante, Fred von Lohmann, capo dell’ufficio legale della Electronic Frontier Foundation, il quale vuole sottolineare che «cancellare dal sito i video illegali per il momento è accettabile, ma YouTube sta decidendo di accettare pubblicità: quando ciò avvenisse, uscirebbe dal cono d’ombra del Copyright Act del 1998 e il nuovo status di società che fa business non le consentirebbe più di elemosinare il perdono».
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Insomma: sulle ragazzate chiudiamo un occhio ma quando si tratterà di soldi veri saranno guai. YouTube sta giocando una partita difficile, della quale, forse per primi, non conoscono l’esito neanche i suoi fondatori. Gli analisti intanto l’hanno messo sotto torchio. Le ipotesi di sopravvivenza non possono essere che due.

O si mettono a raccogliere pubblicità, «tradendo» in qualche modo i loro utenti - anche perché a quel punto dovrebbero osservare rigorosamente le leggi sul diritto d’autore e di produttore - oppure, ipotesi sempre presente nella Silicon Valley, continuano a lavorare nella speranza di un acquisto da parte di qualche gigante, non importa se vecchio o nuovo medium.

Ma in tal caso, come non rendersi conto che ogni possibile violazione e conseguente azione legale rallenterebbe le offerte? Il sentiero diventa sempre più stretto, e le scelte obbligate. «Proprio come qualcuno dei suoi fantastici videoclip» commenta un analista «questa di YouTube è comunque una storia che vale la pena di stare a guardare».
crozza veltroni youtubecrozza veltroni youtube

3 - INTANTO FACCIAMO UN ACCORDO CON MTV...
A YouTube concordano: la partita è aperta e si riflette sulle prossime mosse. Nel frattempo però c’è una «cosuccia» nell’aria che attira la loro attenzione. Si tratta della rete Tv che ha fatto la storia degli ultimi vent’anni di video musicali.

L’imperatrice degli All Music Network. Ebbene sì, sua maestà MTV sta strizzando l’occhio ai Ragazzi di San Bruno. L’imperatrice è in crisi: perde smalto, pubblicità e spettatori ogni giorno; e non è più in grado di sostenere la missione originale che l’ha resa una potenza nella cultura pop-rock mondiale. È attaccata da ogni parte.
Iris Berardi da YoutubeIris Berardi da Youtube

Un accordo con YouTube riassocierebbe il suo marchio alla generazione del millennio, e il sito potrebbe diventare la nuova piattaforma per quel tipo di music video che MTV non manda più in onda, ovvero quelli prodotti dalle migliaia di band underground che popolano invece il web. Si può fare. Si deve fare!

Il 3 marzo 2006 se ne sa di più. «Loro vogliono muoversi in fretta» rivela la portavoce di YouTube, Julie Supan, «e noi abbiamo deciso di aiutarli inserendo i loro video. In cambio possiamo definirci ‘partner ufficiali’, a significare che i contenuti arrivano direttamente da MTV2 e che il loro uso è legale». L’accordo non prevede alcuno scambio di denaro tra le parti.

Quel giorno, sull’homepage di YouTube compare il logo MTV2 alla sommità della sezione Today’s Featured Video. La sera si contano i click: 85.000 in continua crescita. Niente male.

Continua/6...

O PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 7° PUNTATA - IL SITO, PRESO DI MIRA DAI GRANDI NETWORK, CANCELLA I VIDEO CONTESTATI, MA COMPARE UN NUOVO ATTORE, FONDAMENTALE: LA COMUNITÀ DEGLI UTENTI, CHE RIVENDICA IL SUO DIRITTO A CARICARE CIÒ CHE VUOLE - SI PONE IL PROBLEMA DEL CONTROLLO, MA LA CENSURA NON È UNA VIA PERCORRIBILE - BISOGNA CONCILIARE BUSINESS E “INTERCONNESSIONE GEOCULTURALE” - UNA SOLUZIONE? I TRAILER... - -

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
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"BUONGIORNO, SIAMO I MEMBRI DELLA COMUNITÀ"
L’abbraccio con MTV è stata una buona consolazione per la squadra YouTube. Una ciliegina sulla grande torta che addolcisce l’amaro sapore provocato dal colpo che arriva da un gigante dei vecchi media. La CBS, altro storico Tv network nordamericano, ha chiesto di cancellare un clip di sua proprietà che, dopo essere andato in onda nelle mitiche CBS Evening News, è comparso su di YouTube. Stavolta il protagonista è un giovane autistico, Jason McElwain che, durante una partita di basket, in 4 minuti ha fatto 20 canestri. YouTube ha prontamente ottemperato alla richiesta di cancellazione, ma il clip, come d’incanto, è riapparso puntualmente poco dopo essere stato rimosso.Evidentemente in qualche remota provincia del regno qualche youtuber, certo più di uno, ha deciso di manifestare il dissenso.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

La vicenda non sembra concludersi. Dalle nebbie ricompare anche il clip Lazy Sunday. Viene cancellato. Viene ricaricato. Viene ricancellato... e così via. Un altro clip di un gruppo rap, che è stato cancellato, viene riproposto e colleziona circa 500.000 visionamenti in 24 ore. La Comunità appare vigile, vivace e scalpitante, e rivendica il proprio ruolo.

Anche i critici vogliono dire la loro. «Se qualche utente ispirato trova su Internet qualcosa che lo interessa veramente e vuole condividerlo con altri, i Tv network dovrebbero rendersi conto che queste persone sono, in fondo, proprio quelle che dovrebbero essere raggiunte» scrive Melissa Grego, managing editor dell’influente settimanale Tv week. «Questo è proprio il tipo di sostegno che non si riuscirebbe mai a comprare».

Giustamente altri notano che bisogna distinguere tra contenuti short e long. «I pezzi di video corti sono un antipasto e possono essere usati per stimolare l’appetito e non tanto per soddisfarlo» dice il presidente di Diffusion Group. «I boss delle Tv sono abituati a pensare i contenuti nella loro integrità, invece dovranno abituarsi a considerare di più i pezzi corti circolanti sul web quali strumenti promozionali».

La sfida è aperta: anche la critica prende posizione a favore della libera circolazione, ma il vero fronte è l’ostinazione degli utenti. E questo è un pessimo segnale. Qualche membro della Comunità evidentemente non accetta le decisioni del governo di San Bruno. Si pone sul tavolo una spinosissima questione: il controllo del sistema. Una parola che fa rima con censura. Due parole che nel vocabolario degli uploader sembravano non esistere.

Come «controllare» nel web una moltitudine che nel frattempo fa circolare interpretazioni anche altamente liriche del web stesso? «Stanno succedendo così tante cose che anche le parole chiave quali Web 2.0 diventano inadeguate istantaneamente» scrivono i blogger. «Definire e ridefinire, grazie a parole prive di significato pensate da squadroni di aspiranti imprenditori, esperti di mercato, cacciatori di fortune... A che serve?
STEVE CHENSTEVE CHEN

Siamo in un momento particolare in cui si dovrebbe spazzare via il fumo della retorica e vedere come stanno le cose in realtà. Non lasciatevi distrarre dalle misurazioni che aiutano solo a migliorare e giustificare il profitto. C’è qualcosa di profondamente importante e reale - e potente - dietro quei numeri. Grazie alla larghezza di banda, alle
attrezzature video da pochi soldi e al software open source, e grazie a noi utenti, il web sta cambiando pelle radicalmente, sta diventando una bestia diversa dalla precedente.

Siamo nella mutazione iniziale di ciò che dovrebbe essere «pensato» come NextNet, un ambiente in cui ogni apparato digitale verrà armonizzato: dal PC, alla televisione, al telefono cellulare, all’iPod. La caratteristica è che in questo nuovo ambiente incidono più di 1 miliardo di utenti web nel mondo. Noi! Senza contare poi quelli che si scambiano messaggi audio e video istantaneamente.

La NextNet è profondamente collaborativa. Gente di tutto il pianeta può lavorare insieme alla soluzione dello stesso problema, e i loro prodotti e i loro strumenti possono essere rapidamente migliorati grazie alla saggezza collettiva dell’intero mondo online. Ognuno, con un browser, può accedere a vasti contenitori di informazioni, rimpastarle e servirle in una nuova forma, a poche persone o a qualche milione di individui. Diamoci da fare».

Questo è il tono dei commenti qua e là nei blog. YouTube avrebbe dovuto tenerne conto. Quindi: come conciliare la visione dei critici, la richiesta di collaborazione e l’evocazione alla saggezza collettiva della base di utenti con la tradizione del copyright e il bisogno pressante di fare affari?

BUSINESS IS BUSINESS. O NO?
Si narra che i Fondatori si addormentarono con questo dilemma in testa per giorni e giorni... Si narra anche però che Roelof, il quarto uomo, nel suo ufficio alla Sequoia Capital, dopo aver selezionato accuratamente le telefonate alle quali si doveva o non si doveva rispondere, tracciava grafici e faceva proiezioni sul valore pubblicitario di ogni singolo contatto con ogni singolo utente e giungeva a conclusioni sorprendenti sul potenziale valore di una comunità online vasta come quella di YouTube, e sull’importanza dei target group che in essa si potevano individuare, ritagliare e offrire ai mercanti.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

«Fate gioco signori, fate gioco» nel frattempo si continua a sentire quella voce che incita comunque a inviare video. «Prego puntare». Il resto si vedrà.
In ogni caso bisogna dare un segnale, e qualcuno dei Fondatori ci deve mettere la sua faccia. Tocca a Chad che, durante un PC Forum sull’argomento «Me Media», verso la metà di febbraio 2006, rilascia una lunga dichiarazione:

«Ogni giorno offriamo 30 milioni di video e ne carichiamo 30.000 di nuovi per il diletto di 5 milioni di spettatori. (La Nielsen per contro gliene attribuiva ben 9 milioni al giorno, NdA). Siamo un grande esempio di come una semplice idea, la condivisione dei video, stia conducendo alla costruzione di una vera Company, che avrà un suo proprio modello d’affari e che offrirà agli investitori opportunità di profitti senza sottoporli peraltro al rischio di spese legali da pagare per violazione di copyright».

Ecco qui, il dado è tratto. L’esperto di interfaccia utente si rivela anche un esperto di risorse economiche e in questo nuovo ruolo dunque disinvoltamente continua: «Nel corso di questa transizione stiamo risolvendo diversi problemi, sia interni che con la nostra Comunità. Nel frattempo stiamo lavorando sulle questioni del copyright con gli Studios cinematografici, con i Tv network e con le case discografiche. Una delle soluzioni individuate è porre un limite di 10 minuti ai clip. In ogni caso, noi vogliamo dare soprattutto anticipazioni e rinviare la gente alla Tv e al cinema».

Et voilà! Traballano un paio dei pilastri della filosofia originale, in particolare quello dell’interconnessione geoculturale - a meno che non si dia per scontato che solo Hollywood e i grandi network Tv siano autorizzati a occuparsi di questo tema. E purtroppo molti in Occidente ne sono convinti.

«Noi» conclude Chad a proposito delle risorse pubblicitarie «siamo molto sensibili a questo discorso e al modo in cui viene percepito nella nostra Comunità. Accetteremo dunque sponsorizzazioni e promozioni nel corso della transizione dagli interessi individuali agli interessi professionali. Grazie. Presto ci saranno altri annunci».
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Con queste sibilline parole Chad rende noto che i tempi stanno per cambiare e che la neonata clip culture, come viene definita dai mediologi, alla tenera età di pochi mesi, per non andare in debito d’ossigeno, deve essere sottoposta a trasfusioni di sangue.

Al festino intanto si erano presentate anche le grandi società di telecomunicazioni: alcune, come Verizon e Telus, interessate a partecipare al banchetto YouTube in qualche modo, altre, avendo investito cifre faraoniche per progettare e rendere disponibili apparati di ricezione video on demand e quindi rigorosamente a pagamento, disturbate dall’idea di circolazione gratuita dei contenuti.

Dalla scena iniziale invece era praticamente scomparso Jawed Karim, il quale sin dall’inizio aveva mantenuto un basso profilo, senza mai assumere un ruolo operativo, e che in seguito figurerà solo quale consulente. Non sappiamo bene per quali motivi. Forse, a causa delle sue origini bengalesi, Jawed teneva maggiormente all’interconnessione geoculturale che non al denaro; forse, come verrà rivelato in seguito, voleva occuparsi più di relazioni accademiche che non di affari.

Sta di fatto che i Fondatori a quel punto restano in due, mentre il quarto uomo incessantemente incrocia dati, disegna grafici sul suo PC, telefona, manda email e fa molte riunioni. I giornali titolano: «Il mondo del media business sta spingendo in un angolo YouTube. Ma è solo per abbracciarlo meglio».

Il trailer di un film simbolo del genere parodia, Scary Movie 4, viene caricato sul sito e viene visto in 24 ore da 200.000 spettatori. Addirittura la guerrafondaia Fox Tv, il quarto network Usa, decide di utilizzare il sito per promuovere un episodio dei Simpson. Che tempi! Le streghe e gli stregoni si stanno intrufolando nella Comunità. E dove è finita la sbandierata anarchica sensibilità della comunicazione virale?

Continua/7...
GO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 8° PUNTATA - SI DIFFONDE LA FEBBRE DEL “VIRALE”, CHE SI IMPONE COME NUOVA STRATEGIA COMUNICATIVA - IL SITO CEDE ALLA TENTAZIONE DEL DENARO E COMINCIA A INSERIRE BANNER PUBBLICITARI - GRAZIE AL VIDEOSHARING COMPULSIVO NASCONO I PRIMI FENOMENI E SI AFFERMANO TALENTI VERI - YOUTUBE DIVENTA UN “ALEPH”, DOVE C’È DI TUTTO E QUALUNQUE COSA PARTE DAL BASSO - E LE CLIP SUL SESSO DILAGANO…

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
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1 - VIRALE? SÌ, VIRALE...
«Facciamo un viral video» resta comunque il leitmotiv. «Virale» perché si diffonde in modo incontrollabile, sia all’interno che all’esterno della Comunità YouTube. «Virale» anche in riferimento al fatto che i vecchi media la considerano una sorta di malattia giovanile della comunicazione: una esantematica, contagiosa come sono appunto le esantematiche, e in grado di contagiare anche tutti quegli adulti che da piccoli non l’hanno avuta. Il termine si è andato magicamente sostituendo a un precedente concetto che era stato molto in voga nei decenni precedenti, quello di «Snow Ball Communication» o «effetto palla di neve».

In questa definizione si assumeva che un messaggio, se ben collocato in una posizione comunque «alta», era in grado di rotolare nelle pieghe dei diversi media fino a una valle ideale, generando nel suo rotolare una palla di neve, fatta di informazioni e commenti, che diventava valanga e invadeva, con il minimo sforzo e il massimo effetto, l’audience che si trovava a valle.

A guardar bene, nel confronto tra questi due diversi concetti si può individuare l’avvenuto passaggio tra i vecchi media - lineari, gerarchici, in cui si può rinvenire un alto e un basso - e i nuovi media - trasversali, concentrici, radicati in un unico corpus tendenzialmente costituito da simili e al suo interno comunicante, grazie a Internet, al punto da poter trasferire, in modo appunto virale, i messaggi.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Il nuovo concetto echeggia nelle discussioni degli addetti ai lavori, sulle pagine dei giornali, nelle trasmissioni radiofoniche, nelle scuole e sui bus e «autoalimenta» se stesso e la propria forza, giustappunto a dimostrazione di quanto sia «virale»: basta parlarne ed evocarlo per renderlo efficace. Anch’esso è dunque diventato un nuovo mantra, un chanting metropolitano che sostiene il sogno di milioni di uploader, quelli già attivi e quelli potenziali.

Come già accennato, il concetto di viral video è uno degli elementi dell’inarrestabile fusione a freddo che si è innescata, e tutti vogliono impossessarsi della formula. In particolare i cortigiani dei Re Media addetti alla promozione, qualsiasi promozione: merci, servizi, cultura, intrattenimento, viaggi, arte o cosiddetta tale, farebbero chissacché per utilizzarlo per i loro fini. La miscela esplosiva continua a bruciare in rete, alimentata soprattutto dalla creatività dei milioni di uploader i quali, inconsapevoli situazionisti del Terzo Millennio e moderni alchimisti dei megabyte, inventano azioni di web-guerriglia.

E tutto senza alcuna bussola ideologica! Piuttosto per il semplice gusto di esistere, di manifestarsi, di gridare al mondo «Ci siamo anche noi. Ecco le nostre facce, le nostre vite, le nostre stanze, i nostri animali domestici. Eccoci! Siamo diversi da quelli che mostrate nei programmi Tv e nei film. Noi siamo così. E siamo milioni di milioni».

Una delle pratiche che maggiormente diverte e colpisce al cuore il sistema (come si diceva una volta) delle élite planetarie, è il riassemblaggio irriverente di brani video recuperati da fonti diverse e rimpastati in modo ilare e oltraggioso. Tra questi, in quel periodo, è molto cliccato The apprentice (l’apprendista), un video in cui spezzoni di Charles Manson e segmenti del reality show più famoso della NBC, condotto da Donald J. Trump, mostrano 3’46’’ di un’intervista impossibile sul tema dei serial killer.

Come le vecchie rock star degli Anni ’70, viene resuscitata anche la satira più pungente e sbeffeggiante. Lampi di inquietante libertà, spesso un po’ troppo dark, innervano i social web, e YouTube è la destinazione più scelta per spettacolarizzare il gioco vero/falso, per ribaltare la prospettiva. I giovani americani per primi e poi il resto dei kids nel pianeta, probabilmente ignari del motto lanciato dal conte di Lautréamont, «una risata vi seppellirà», scoprono, quarant’anni dopo, Guy Debord e Raoul Vaneigem, padri del più dissacrante situazionismo europeo, e muovono all’attacco della Società dello Spettacolo con gli strumenti della videocomunicazione virale.
STEVE CHENSTEVE CHEN

Saremmo sciocchi però se ci limitassimo a questa analisi. Tutto ciò è solo parte del grande processo che si è innescato. Una parte che, se in passato poteva essere considerata «contro», libertaria e liberatoria, oggi appare già embedded, incastrata, trasportata, quasi funzionale a tutto il resto che appare dentro YouTube.
All’esterno infatti romba l’establishment, e già mani forti stanno forgiando la caotica creatività per sottometterla ai loro scopi mercantili.

2 - CHAD-FAUST...
Chad Hurley ormai ha passato il guado, forse s’è tolto la maschera, forse se l’è messa, forse sta esaurendo quei primi 3,5 milioni di dollari che gli ha dato Roelof; forse, è l’ipotesi più probabile, si diverte talmente tanto che non vuole più uscire dalla stanza dei bottoni e dei comunicati stampa. Sta di fatto che, nonostante in ogni suo intervento ricordi di non voler perdere il rapporto con la Comunità, nel frattempo taglia il cordone ombelicale che a essa lo lega.

«Ci sono diversi esempi di Direzioni Marketing di grandi società che ci inviano direttamente contenuti per ottenere visibilità dei loro prodotti» dice. «E contemporaneamente i legali delle stesse società ci inviano lettere chiedendo di cancellare quei contenuti». È vero, è falso? Chissà? È iperbolico? Sicuramente queste frasi disegnano un panorama di riferimento abbastanza assurdo e quindi lasciano intendere che, nell’assurdo, può accadere qualsiasi cosa. «Ci muoviamo con grande cautela» aggiunge comunque. «Cerchiamo contenuti che siano in risonanza con la nostra audience». E conclude però: «Non possiamo instaurare un regime poliziesco nel sito ma - pausa - stiamo costruendo strumenti che ci consentiranno di controllare ogni contenuto in arrivo».

L’ha detto! Ha pronunciato il verbo «controllare» il 21 marzo 2006 in un colloquio con Andrew Wallenstein, autorevole giornalista dell’Hollywood Reporter, una specie di Gazzetta Ufficiale dello show business.

Povero Chad! (Si fa per dire). Per lui, per Steve, per Jawed che si è comunque defilato, deve essere stato un bel dramma. A meno di trent’anni, uno si trova in mano la chiave di una immensa cassaforte piena di denaro. Sa che quella chiave gliel’hanno data i suoi utenti. Li conta: sono milioni e milioni. Li vede crescere ogni giorno. Sa che quegli utenti lo hanno condotto dov’è, di fronte alla cassaforte, non già attraverso un lungo labirinto, ma semplicemente abbattendo per lui le mura del labirinto.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Sa che se apre la cassaforte molti rimarranno sbalorditi dal suo gesto perché ingenuamente, molto ingenuamente, pensano che lui la cassaforte voleva solo farla saltare in aria. Sa che molti si sentiranno addirittura - diciamolo pure - «traditi». Ma sa anche che se non apre la cassaforte il sogno potrebbe svanire, dissolversi con la stessa velocità con cui è si è materializzato. E chiaramente Chad non vuole uscire dal sogno. Perché dovrebbe? In cambio di che? Oggi lui negozia alla pari con i boss della NBC, della CBS, della Nike, di MTV, con le major di Hollywood... persino con gli uomini di Rupert Murdoch.

Oggi decide di rispondere o non rispondere ai giornalisti di importanti testate. Solo un anno fa invece lavorava lunghe ore ogni giorno alla PayPal, seduto di fronte a un computer, con un sandwich in mano, a controllare che poche decine di dollari di qualche cliente arrivassero nelle mani di qualche gestore di piccoli commerci in rete.
Oggi lui è Mr. Chad Hurley, se fosse inglese potrebbe anche pensare di diventare Sir. È uno dei fondatori di YouTube e a ogni incontro pubblico ipnotizza i media snocciolando cifre sbalorditive.

Non ha fatto una rivoluzione, ma il giovane uomo si trova, suo malgrado, nel dilemma di Lenin: «Che fare?» Forse lui e Steve hanno un progetto. Ma forse no! Forse il progetto ce l’ha Roelof. Forse il progetto era solo quello di costruire una comunità e di venderla al maggior offerente. Forse - e questo è molto probabile - nessuno poteva prevedere una crescita e una visibilità come quella che hanno ottenuto.

Lasciamo Chad-Faust al suo dilemma e torniamo ai fatti. Al sontuoso incedere della cronaca che si fa storia da un giorno all’altro, e se ne fotte dei destini individuali.
Marzo 2006: nel tentativo di rinforzare la propria politica contro le infrazioni del copyright, YouTube impone un limite massimo di tempo pari a 10 minuti, tranne per i contenuti spediti attraverso il suo programma, nel quale si può specificare che si tratta di video amatoriali. La restrizione è però spesso aggirata da uploader che dividono i video originali in segmenti inviati poi in sequenza.
Ancora marzo: YouTube comincia a inserire annunci pubblicitari di solo testo a lato dei videoclip.

3 - UN ALEPH DIGITALE. PERCHÉ NO?...
Nonostante le ormai inevitabili minacce di controllo, le orde di youtuber sono sempre più scatenate alla conquista del loro video-Eldorado. Per alcuni aspetti sembra di essere negli Anni ’60, quando la gente ritagliava le foto o pezzi di foto dai rotocalchi a colori e faceva i collage. Ma è anche come, negli Anni ’80, quando, grazie al diffondersi delle fotocopiatrici, a qualcuno venne in mente di definire arte delle copie tirate via improvvisamente durante la scansione, in modo che l’inchiostro lasciasse lunghi sbaffi nerastri.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Alcuni di questi capolavori avevano trovato ospitalità nei corridoi, nei salotti e nelle gallerie d’arte periferiche o erano stati addirittura esposti in manifestazioni più serie, dove avevano ricevuto alati commenti da parte dei critici del momento. Ed è così anche per YouTube. L’inno alla creatività povera e collettiva si leva alto sulle pagine dei giornali, nelle radio, nei siti dei blogger.

Fortunatamente, qua e là nel coro, si fa notare che il materiale rinvenibile online può essere anche incommensurabilmente brutto. Che molti clip sono sgranati, spappolati per mancanza di definizione. Che quasi sempre le luci sono sbagliate: o troppo basse o troppo alte. Che molti soggetti sono noiosi e che qualcuno di essi incoraggia comportamenti paranoici, depressivi o eccessivamente esaltati e comunque socialmente pericolosi. Nonostante tutto ciò, sono vere anche le parole pronunciate in quei giorni da Steve Chen: «Cominciamo a vedere che chiunque dotato di una connessione Internet, una videocamera digitale e un computer può diventare una star da un giorno all’altro». Sì, è vero anche questo, e alcuni casi lo confermano.

David Lehre, per esempio, è un giovanotto di ventun’anni del Michigan al quale viene in mente di realizzare una parodia intitolata MySpace: the Movie. Il suo è uno dei primi casi in cui si rivela al mondo, grazie a YouTube, un vero talento della regia. In poco più di 11 minuti, David e i suoi amici trovano il modo di rappresentare alcuni degli aspetti più intimi della vita dei teenager globalizzati: in primis i tentativi di filmarsi gli organi genitali, poi l’appuntamento fissato via computer con una sconosciuta che si rivela un travestito, inoltre la negazione della propria password alla fidanzata affinché non possa accedere ai sogni sessuali celati nel PC e infine il party, in cui miseramente ci si abboffa di pizza e alcol da due lire.

Da notare, e questo vale per una buona percentuale dei clip che ottengono successo, che l’argomento dominante è sempre lo stesso: il sesso. La pornografia, lo ricordiamo, è regolarmente esclusa da YouTube ma il dibattito sulla sessualità per contro è molto, molto presente. Dopo circa 1 milione di visionamenti David e il suo marchio, Vendetta Studios (omaggio all’Italia?), cominciano a interessare quelli di Hollywood e il ragazzo firma un contratto con loro.

Un altro successo eclatante, che ha goduto di milioni e milioni di visionamenti e ha generato migliaia di emulatori, è quello di due studenti cinesi che, in sync labiale, mimano l’interpretazione di una famosa canzone dei Backstreet Boys.
Questo clip è a tutti gli effetti la Grande Madre del genere in cui famosissime canzoni da hit parade finiscono per essere fintamente interpretate da decine di migliaia di improvvisati cantanti.

Poi imperversa Brokeback to the future, un rimpasto del noto film Back to the Future (Ritorno al futuro) e di I segreti di Brokebrack Mountain, in cui Michael J. Fox, nei panni di Marty McFly, tuba garbatamente con Christopher Lloyd, nei panni del dottore, di cui finisce per apparire innamorato. Anche qui, un altro dei temi dominanti. Etero o omo? Ecco il problema.

Ciò accade in quei primi mesi, durante i quali - più o meno - succede già tutto quello che può riguardare la Comunità di base. Molte cose invece devono ancora avvenire e molti altri gruppi sociali e antropologici, che si limitano a orbitare attorno a YouTube, saranno attratti nel ribollente magma che va assumendo una forma.

Non vogliamo annoiare il lettore con considerazioni di sociologia dell’intrattenimento, ma un aspetto importante, relativo alla Comunità di base, viene fatto rilevare più volte. Gran parte dei videoclip, i cui temi sono prevalentemente musicali e ironici, sono ambientati nelle stanze degli youtuber. Anonime piccole camere, chiaramente individuabili nelle periferie delle metropoli contemporanee: negli Usa come in Brasile o in Giappone o in India. Il fatto che balza agli occhi e colpisce è che queste camere sono in realtà molto, quasi troppo, simili tra loro.

Contengono ognuna quegli elementi tipici della gioventù globalizzata, che non sono i poster dell’altro secolo e i libri sulla liberazione o i giornali, ma galline di gomma penzolanti dal soffitto, drive di computer sventrati buttati qua e là, buste di plastica con marchi in ogni lingua abbandonate sopra mensole piene di briciole, tazze sporche e lattine accartocciate, letti perennemente sfatti, scarpe finte Nike-Reebok e calzini in ordine sparso, finestre prive di tendaggi e poi cavi, cavi stesi ovunque che collegano diffusori audio in bilico sopra mobili traballanti e schermi e modem. E rifiuti urbani solidi in ogni dove.

I protagonisti poi compulsivamente, invece di fumare come i protagonisti del passato, mangiucchiano perennemente qualcosa. Questo si nota quando gli ambienti sono case o dormitori o stanze di college. Nel caso invece in cui i clip vengano girati in ufficio, è ancora più sorprendente la somiglianza di ogni ambiente di lavoro nei quattro angoli del pia- neta. Tutto ciò, però - e l’abbiamo descritto apposta - fa «tribù del villaggio globale», genera senso di appartenenza e identificazione, e nel contempo estraneità rispetto invece alle scenografie messe in piedi dall’industria multinazionale dell’intrattenimento.

YouTube è così, e anche i suoi Fondatori all’inizio erano così, ed è importante non dimenticarlo. Un’analisi complessiva dell’immensa quantità di contenuti di ogni tipo e dello stile sarebbe assolutamente impossibile e richiederebbe un libro a parte, ma anche in questo caso si rinvengono alcune costanti. Tutto traballa un po’. E ciò è in gran parte dovuto alla leggerezza degli apparati con cui si filma, ma è anche voluto, dettato dalla ricerca di un linguaggio per immagini che sia «diverso».

Una diversità paragonabile a quella che, nella ricerca musicale, ha mutato l’armonia in ritmo fino alla disintegrazione totale dei suoni o che, nella pittura, ha condotto all’astratto. Disintegrazione, astrazione, surrealismo, ma anche realismo e iperrealismo, che anzi stanno per diventare generi a parte, convivono dentro YouTube e talvolta i contenuti vengono immersi in un gioco incrociato di luoghi e tempi che alcuni youtuber realizzano, anche con successo, grazie al montaggio e al cut and paste delle immagini. Per lo meno quelli che dispongono di postazioni di editing.

Insomma: reshape, mutare forma, mutare linguaggio, è un altro degli imperativi della tribù, che cerca, come ormai fanno le giovani generazioni in Occidente da più di trent’anni, di affermare uno stile di vita con pochi mezzi a disposizione e tanta fantasia e voglia di vivere. Stiamo banalizzando?

Forse sì, ma in realtà se passate qualche decina di ore a guardare YouTube, scoprirete che non c’è niente di nuovo nei contenuti e nelle forme. L’enorme novità è nel fatto che omnia, il tutto, che in precedenza risiedeva segmentato, serrato, gelosamente custodito in archivi privati, oggi comincia ad apparire visionabile all’interno di un unico spazio/tempo accessibile gratuitamente: una sorta di Aleph, per dirla con Jorge Luis Borges.

«L’Aleph?» scriveva nel 1952 il grande letterato argentino, già quasi completamente cieco, come Omero. «Sì, il luogo dove si trovano senza confondersi tutti i luoghi della Terra, visti da tutti gli angoli... Ogni linguaggio è un alfabeto di simboli il cui uso presuppone un passato che gli interlocutori condividono... Come trasmettere agli altri l’infinito Aleph?... Una sfera di cui il centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo... Un Angelo con quattro volti che si dirige contemporaneamente a Oriente, a Occidente, a Nord e a Sud... In quell’istante gigantesco ho visto milioni di atti gradevoli o atroci; nessuno di essi mi stupì quanto il fatto che tutti occupassero lo stesso punto, senza sovrapposizione e senza trasparenza».

Continua/8...


AGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 9° PUNTATA - PROLIFERANO TRA L’ALTRO LE TRASMISSIONI TV COSTRUITE CON I VIRAL CLIP RECUPERATI DAI SITI DI VIDEOSHARING COME WEB JUNK 2.0 - DURANTE LA DIGITAL HOLLYWOOD CONFERENCE, ALLA QUALE OGNI ANNO PARTECIPANO I SOGGETTI PIÙ IMPORTANTI E ATTIVI DELL’ERA DIGITALE, YOUTUBE VIENE DEFINITA “L’ESPERIENZA PIÙ ECCITANTE” - I GRANDI NETWORK INIZANO A SFRUTTARE IL SITO PER PROMUOVERE I PROGRAMMI TV…

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
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I PIÙ VISTI, I PIÙ RECENTI, I PIÙ DISCUSSI
Giungono altri clip - centinaia di migliaia da tutto il mondo - e alcuni fanno scalpore. In uno un giovanotto osserva in estasi il risultato di un test sulla paternità: «Negativo!» esulta. Anche questo è un segno dei tempi? O piuttosto il fatto che ogni argomento tabù assume il diritto di essere urlato? Lazy Sunday non tramonta e anzi, dal suo seme nascono altri clip molto visionati quali Lazy Monday, Lazy Muncie e Lazy Saturday che costituiscono la risposta del Mid West e della West Coast alla provocazione newyorkese.

Proliferano tra l’altro le trasmissioni Tv costruite con i viral clip recuperati dai siti di videosharing e tra questi, manco a dirlo, primeggiano quelle inviate dagli youtuber. La più famosa di queste trasmissioni diventa Web Junk 2.0 (Il pattume del web 2.0), che già nel titolo la dice tutta. «Saranno famosi!» Gli eroi di quel serial Tv cominciano con YouTube ad avere un nome e un volto. Saranno famosi. Famosi e contagiosi al punto da invadere anche i palinsesti dei grandi network.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

E! Entertainment Television, di proprietà della maggiore casa di produzione e distribuzione di programmi di intrattenimento, propone un accordo a YouTube per la realizzazione di Cybersmack: satira oltraggiosa fatta in casa, cultura pop e premi da 25.000 dollari ai migliori clip. YouTube accetta con entusiasmo.

A Santa Monica, durante la Digital Hollywood Conference, alla quale ogni anno partecipano i soggetti più importanti e attivi dell’Era digitale, YouTube viene definita «l’esperienza più eccitante», quella che sta soddisfacendo la sete di reality programmes accumulata nei decenni. Circolano alcune cifre: YouTube fa 4,2 milioni di visitatori unici, equivalenti a 25 milioni di transiti al giorno, contro gli «unici» 3,5 di Apple iTunes, i 4,4 di eBaumsworld e i 4,7 di AOL Video. Gli ultimi due players sono però sulla scena già da anni e godono di ingenti risorse, mentre YouTube è comparsa solo da 4 mesi e sta per esaurire i fondi. Un aspetto continua a restare in ombra: come tradurre in denaro l’immensa popolarità?

In aprile, nel cupo silenzio della sua immensa memoria, YouTube, senza sbandierarlo troppo, inizia una poderosa cancellazione di video che violano il Copyright Act. Si parla di centinaia di migliaia di clip rimossi. Contemporaneamente comincia a usare Google AdSense: che fa guadagnare rimandando gli utenti a pagine di Google che contengono annunci pubblicitari. Il servizio viene successivamente interrotto.
STEVE CHENSTEVE CHEN

Il gioco della promozione o prepromozione dei programmi Tv per alcuni network è ormai diventato un’abitudine vincente: VH1 batte HBO nella conta dell’audience grazie all’amplificazione ricevuta su YouTube; la Fox stessa, ancora una volta, sperimenta con successo la promozione dei suoi Simpson, diffusi gratuitamente a 4,5 milioni di youtuber; poi recupera il clip e lo infila in un episodio, stabilendo il record d’ascolto a 10,1 milioni di spettatori. I grandi network Tv quali NBC e CBS appaiono invece ancora titubanti.

Gli analisti cominciano a chiedersi il perché di tanto successo. Oltre a quanto peraltro già accennato, si comincia a valutare nei dettagli l’interfaccia utente: amichevole, razionale e in grado di dare accesso immediato alle sezioni che interessano. Nell’homepage compaiono «i più visti», «i più recenti» e «i più discussi» e grazie a ciò si può cominciare a stabilire una mappa del gradimento.

In quell’aprile 2006 «il più visto» ha realizzato 6,8 milioni di click. Il suo concept è tale da costituire veramente un caso mediatico. Si tratta di Pokemon Theme Music Video, uno degli ennesimi karaoke-sberleffo, in cui due pischelli, senza nemmeno preoccuparsi di essere in sync con la musica, abusano della colonna audio dei Pokemon, famosi personaggi dei videogiochi Nintendo.

I mostriciattoli «Made in Japan», concepiti nel 1995, e «allevabili» dagli umani per farli combattere tra loro, avevano venduto nel mondo un totale di 155 milioni di copie delle loro versioni e avevano fatto canticchiare il loro tema a decine di milioni di giovanissimi occidentali: prima di andare a letto, mentre facevano il bagnetto, usciti da scuola eccetera. Le note sono ben radicate dunque in gran parte della mente collettiva, ed è facile rievocare, grazie a loro, molte sensazioni vissute nei primi anni di vita. Ma gli autori, Padilla e Hecox, non si limitano a mettere i piedi nel piatto della multinazionale giapponese, e arditamente tentano di più.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

A un tratto infatti, tutto preso dal suo delirio interpretativo, Hecox succhia con gusto una statuetta raffigurante il Cristo Gesù. Potete immaginare i commenti e le accuse di blasfemia che piovono da ogniddove, ma anche le risate dei coetanei. Risultato: il video è ancora lì. Ha generato una quantità di emulazioni e versioni in diverse lingue tra cui lo spagnolo, il brasiliano, il giapponese, lo svedese e il danese. Non manca la versione italiana, che è stata aggiunta il 29 agosto 2006. O tempora, o mores!

Al secondo posto figura il già citato clip che promuove i Simpson, in realtà un vero e proprio trailer pensato per la nuova stagione degli irriverenti cartoni animati. Al terzo posto si colloca il menzionato cortometraggio di una decina di minuti di David Lehre sugli usi e costumi sessuali della generazione M (o del Millennium). Seguono alcuni veri e propri spot commerciali: Nike con Ronaldinho e Sony Bravia. La major giapponese per il lancio dei suoi nuovi schermi ultrasottili a cristalli liquidi, dopo aver bloccato al traffico un’ampia zona della città di San Francisco, ha fat- to rotolare ben 250.000 palline di plastica colorate per le sue molte strade in discesa: i pixel dello schermo Tv.

Gli abitanti della città, incuriositi dallo strano evento, si sono riversati nelle strade e hanno filmato la scena con videocamere e telefonini. In un attimo i filmati sono stati condivisi su YouTube. In questo modo lo spot è già visionabile prima ancora della programmazione televisiva. Ancora una volta, eccolo qua: un altro caso di Viral Advertising.

Nella classifica trovano posto inoltre una quantità notevole di clip inviati da asiatici o asiatici-americani, che hanno per oggetto soprattutto le relazioni in famiglia.
Et voilà! Massiccio e corrosivo uso dell’imprinting dei primi anni dovuto a videogiochi; i Simpson e dintorni, con tutto il loro devastante impatto sulla cultura giovanile; le eccitazioni/frustrazioni sessuali della pubertà; gli scazzi in famiglia e i beni status symbol. Questi gli ingredienti più appetitosi del minestrone YouTube. Una realtà che impressiona gli adulti ma che attrae i pubblicitari come le mosche il miele.

Oh, ben inteso: omnia è omnia, quindi c’è dell’altro ed entra anche in classifica con dignità. Il n. 2 dei «più discussi» per esempio, resta un clip eterno dentro YouTube. Si intitola semplicemente Guitar (chitarra) e mostra un adolescente che non rivela mai il suo viso per tutti i 5’20’’ della performance, mentre suona la chitarra elettrica seduto nella sua camera, stretto tra il letto e il tavolo dove trova posto il suo PC.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Guitar fa piuttosto riflettere sull’anonimato e sul talento con la T maiuscola. A oggi il clip, che è stata inserito il 20 dicembre 2005, ha ricevuto quasi 26 milioni di visionamenti. I commenti ricevuti da Guitar sono esaltati ed esaltanti: il suo esecutore viene paragonato a Jimi Hendrix e molti lo ritengono un Maestro del suo genere, uno dei maggiori chitarristi di tutti i tempi. Cliccare per credere.

Sempre in questo periodo un altro clip che genera commenti a valanga è Leprechaun in Mobile. In una notizia di un paio di minuti, diffusa da una Tv dell’Alabama, si adombra l’esistenza di un elfo leprecano, ovvero un folletto delle fiabe irlandesi, figlio della mitologia celtica. Vero? Falso? Non si chiarirà mai.


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GO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, DECIMA PUNTATA - SULL’ENTERPRISE DELLA CULTURA POP: YOUTUBE LANCIA CON G4TV LA VERSIONE “SUBURBANA” DI STAR TREK, ANIMATA E IN 3D - LA SEQUOIA CAPITAL VERSA ALTRI 8 MLN $ NELLE CASSE DEL SITO - COMINCIANO A ESSERE CARICATI ANCHE VIDEO DI COMMENTATORI POLITICI: FRA I PRIMI C’È BEPPE GRILLO - LA SVOLTA ARRIVA A MAGGIO 2006: DIVENTA POSSIBILE CARICARE VIDEO DIRETTAMENTE DAI TELEFONINI...

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
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1 - ALL’ASSALTO DI STAR TREK...
L’ufficio stampa di YouTube, come sempre, ha il suo bel da fare e pompa comunicati. «La Tv non si fa più solo in televisione» afferma a proposito del suo nuovo accordo con G4 i cui elementi sono, anche stavolta, destinati al successo. G4 Tv arriva a 56 milioni di case via cavo e satellite, il suo target è l’audience tra i 18 e 35 anni di età, i suoi introiti derivano dalla vendita di video a pagamento.

E cosa ha inventato? La prima mondiale su YouTube di una nuova versione di Star Trek, denominata Star Trek 2.0, in cui gli storici personaggi della serie, il capitano Kirk, il dottor Spock, Scotty e gli altri, nella loro versione 3D animata, invece che all’interno della loro astronave, vivono una «second life» nelle strade e nelle piazze di un’America suburbana, con possibilità per gli youtuber di interagire nelle loro vicende. Marketing al vetriolo. Una vera trovata che accende ancor di più gli entusiasmi di una certa critica e delle centinaia di milioni di fan che si incontrano negli Star Trek Club del pianeta. Si rifletta sul fatto che Star Trek, dal suo debutto nel 1966, al quale parteciparono autori del calibro di Frank Herbert (autore di Dune) e Isaac Asimov, in quarant’anni è stata vista da miliardi di persone in tutto il mondo.

Dalla serie sono stati tratti cartoni animati e film. La stessa Nasa ha invitato i membri del cast ai lanci dello Shuttle. Questo accordo è dunque la conclamazione del ruolo di YouTube ai vertici della cultura pop: fioriscono i karaoke che utilizzano le colonne sonore di Star Trek, i backstage con gli errori degli attori, i cartoni animati derivati, i montaggi incrociati e qualsiasi altra pratica da videocamera, tastiera e mouse sia possibile per gli youtuber.

2 - «BRAVI, VI DIAMO ALTRI 8 MILIONI DI DOLLARI»...
Lo stesso giorno dell’annuncio di Star Trek 2.0 i Ragazzi di San Bruno rivelano al mondo un’altra notizia per loro altamente strategica: la Sequoia Capital ha deciso di riempire la cambusa con altri 8 milioni di dollari. Un secondo round. Una cifretta, considerando cosa sono stati capaci di fare con i primi 3,5 milioni. Un segnale preciso però del grande interesse che l’alta finanza digitale ripone nel futuro di YouTube e, di conseguenza, nel proprio.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

«Questa è la nascita di una nuova clip culture» rivela il 5 aprile 2006 Chad ai giornalisti «nella quale l’audience ora è ‘in control’ più che mai». (Sempre sibillino il nostro eroe.) «Con più di 35 milioni di video visti al giorno la nostra Comunità si rivela sempre più appassionata e YouTube appare sempre più la destinazione ideale su Internet per ogni forma di intrattenimento video. Il sostegno di Sequoia ci aiuterà a realizzare questo obiettivo».

Il corrispondente del Financial Times da San Francisco, Kevin Allison, fa notare che un anno prima la News Corporation di Murdoch aveva sentito il bisogno di acquisire MySpace, un altro famoso sito di social networking per adolescenti, alla cifra di 580 milioni di dollari. Oggi si vocifera su una proposta di 750 milioni di dollari fatta recentemente a Facebook, sito simile. Si apre l’asta per YouTube dunque? Da dove arriveranno le offerte? Da chi e quando?

Il coro dei media concorda sul fatto che YouTube fa gola a molti, inclusa Yahoo!, e che grazie alla sua crescita continua e ai nuovi fondi arrivati da Sequoia Capital sta inevitabilmente sollecitando offerte per la sua acquisizione.
Si dice che intanto Roelof, il quarto uomo, nel suo ufficio alla Sequoia Capital, non risponde più al telefono e cambia in continuazione numero di cellulare. Chiama lui, solo quelli con i quali ormai vale la pena di parlare di grosse cifre. E i soggetti diventano sempre meno.

Un rapporto pubblicato da alcuni grandi consulenti per l’industria tecnologica fa sapere in quei giorni che nel 2010 i profitti generati dal video online dovrebbero ammontare a 1,7 miliardi di dollari, ma aggiunge che tali profitti deriveranno prevalentemente da interi programmi Tv da vedere sul web e altri contenuti lunghi; comunque non dagli short content che si rinvengono su YouTube.

Anche alla Hitwise si interrogano sul futuro di YouTube e rilevano che è in corso una guerra tra i Ragazzi di San Bruno e la potente MySpace di Murdoch. In ogni caso, per il momento YouTube mantiene un importante vantaggio. È sticker (to stick = appiccicare): i suoi utenti infatti in media passano 14 minuti al giorno a guardare e commentare i video. Un’eternità nel mondo del quickclicking: la media degli altri siti simili è 7 minuti, la metà esatta. Perché?
STEVE CHENSTEVE CHEN

A spiegare il successo di YouTube scende in campo Jesse Shannon, il presidente della SEJA Media, un’agenzia di marketing interattivo molto quotata a Los Angeles: «È l’interfaccia utente, stupido!» scrive in una sua ormai famosa relazione. «Le barriere tecnologiche e della banda larga per ottenere video online sono state recentemente superate, YouTube è stato però il primo a cogliere le nuove opportunità. Sin dall’inizio la sua interfaccia è rimasta strutturalmente inalterata e ora, oltre alla grande base di utenti, essa costituisce il suo maggiore capitale.

YouTube si sta rivelando l’esempio più maturo di rapporto diretto tra editore e spettatore, laddove l’utente assume le responsabilità di ciò che pubblica e l’editore si concentra nel costruire la piattaforma migliore per divulgarlo. Grazie all’uso dei tag e delle opzioni altamente coordinate dei link all’esterno, YouTube consente non solo di condividere i video caricati ma anche di esprimersi a proposito di questi. L’organizzazione sociale di tutti quei video è la chiave e nessuno ha bisogno di conoscerne i principi accademici o tecno-esoterici perché l’interfaccia da sola agisce quale guida e insegnante».

Il 21 aprile 2006 YouTube annuncia un’altra innovazione nella storia della promozione cinematografica. The Weinstein Company avrebbe reso visionabili nel sito i primi 8 minuti di un suo thriller, Lucky Number Slevin, peraltro già disponibile nelle sale. Dopo i trailer giungono ora su YouTube intere sequenze autorizzate. La tendenza ormai è inequivocabile: YouTube si mette al servizio tanto dei vecchi media quanto dei suoi anarchici uploader. Ce la farà? YouTube è una star, certo. Ma già assomiglia a Evita Peron. «Se vogliamo vedere qualcosa di commerciale» fanno sapere gli youtuber, che nel frattempo si vanno organizzando «facciamo prima a guardare la Tv».

Non ci sono però solamente «i duri e puri». Cominciano ad arrivare per esempio i commentatori politici. Tra questi Terry Turner, un funzionario del Pentagono, ha cominciato a caricare settimanalmente i primi video fatti in casa in cui dibatte le stesse questioni sulle quali sono impegnati i parlamentari al Congresso. È un antesignano. Il nostro Beppe Grillo infatti arriverà solo cinque mesi dopo, ai primi di ottobre 2006.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

E intanto alcuni talenti scoperti da YouTube continuano a far parlare di sé. Tra questi David Lehre, che rilascia ormai interviste ai grandi giornali, in cui descrive i suoi difficili rapporti con le major di Hollywood che lo avevano convocato e il modo in cui costoro, ancorché impauriti, si aspettino da lui «roba buona per le nuove generazioni».

3 - DA OGGI BASTERÀ IL VIDEOTELEFONO CELLULARE...
Il 10 maggio 2006 l’ufficio stampa di YouTube dirama un breve comunicato stampa in cui si annuncia l’ennesimo giro di boa nella grande regata digitale. «Da oggi si lancia un servizio che consentirà agli utenti di inviare video dai loro telefoni mobili e dai loro computer tascabili (PDA) direttamente nel sito web YouTube». In quella stagione c’era stato un netto incremento di vendite di telefoni cellulari in grado di effettuare anche registrazioni video.

Adesso, quindi, chiunque sia in possesso di uno di quei telefoni, può filmare e inviare le proprie gesta e le proprie esperienze visive (quasi) istantaneamente. «Fatti e notizie» incita il comunicato «potranno essere caricati con pochi click dalle strade ed essere visti immediata- mente in tutto il mondo. Aiutare i nostri membri a condividere esperienze su YouTube, in ogni momento e dovunque, continua a essere il nostro obiettivo». «Fate gioco signori, fate gioco».

È Steve Chen stavolta a parlare, e fornisce anche alcuni suggerimenti di tipo tecnologico: «Avrete bisogno di un apparato mobile che fa riprese e spedisce MMS e un accesso Internet o un data plan di un service provider. Attualmente YouTube carica attraverso Cingular, Sprint, T-Mobile e Verizon (compagnie telefoniche).
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

E infine avrete bisogno di una registrazione quale membro di YouTube grazie alla quale si potrà creare un profilo mobile da qualsiasi PC». È tutto, ma non è una cosuccia da niente. L’area della sfida si allarga a dismisura. E da quel momento, tra i sostenitori di YouTube si rinvengono anche alcune compagnie telefoniche che hanno fiutato business colossali. Se prima si era legati a postazioni fisse per caricare video adesso si può fare in mobilità.
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GO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 11° PUNTATA - LA FILOSOFIA: “LA COSA PIÙ IMPORTANTE PER NOI È LA COMUNITÀ. VENDEREMO PROMOZIONI E SPONSORIZZAZIONI, MA NON PUBBLICITÀ. POTREMMO OTTENERE DOMANI 10 MLN $ DI DOLLARI AL MESE INSERENDONE POCHI SECONDI NEI VIDEO” (LE ULTIME PAROLE FAMOSE) - I FENOMENI NATI SU YOUTUBE SCONVOLGONO IL MODO DEI SOCIOLOGI DEI MEDIA - LO STORICO ACCORDO CON NBC E L’ENTRATA NEL SALOTTO BUONO…

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
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1- PROMOZIONI SÌ, PUBBLICITÀ NO
«Siamo molto interessati a vedere che tipo di contenuti arriveranno ora dai cellulari» dicono Chad e Chen ai giornalisti qualche tempo dopo, aggiornandoli sul fatto che i visitatori unici sono diventati 12 milioni al giorno, che i clip visti al mese in media sono 1,2 miliardi e che YouTube dunque è diventato 3 o 4 volte più grande di Google Video e di Yahoo! Video. In quell’occasione - a un giornalista di Fortune - rivelano la sintesi della loro nuova filosofia: «Niente nudità, oscenità, profanità o violenza».

E Chen vuole precisare: «La cosa più importante per noi è la Comunità. I nostri membri vogliono mantenere il sito pulito e ci fanno sapere quando qualcosa non deve starci. A quel punto noi provvediamo a levarla». «Bravi, e come pensate di guadagnare?» - la domanda ricorreva in ogni occasione. «Venderemo promozioni e sponsorizzazioni, ma non vogliamo bombardare la gente con la pubblicità. Volendo potremmo ottenere domani 10 milioni di dollari al mese inserendo pochi secondi di pubblicità nei video» è la risposta «ma dobbiamo essere sicuri che qualsiasi modello di profitti venga adottato e accettato dagli utenti. Stiamo dialogando con Hollywood, i network Tv e le case discografiche, perché loro hanno bisogno di raggiungere un nuovo pubblico e noi abbiamo una grande piattaforma che lo raggiunge. Comunque al momento non abbiamo assunto nessuno che si occupi di vendere spazi pubblicitari».

Anche stavolta i lettori più informati scusino la digressione, ma l’immenso labirinto di accordi e vendita spazi e collocazione di informazioni pubblicitarie nei media in Italia va sotto il nome generico di «pubblicità», e tale definizione non consente di capire fino in fondo il gioco che YouTube sta facendo.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

È evidente che YouTube fa genericamente «pubblicità», tanto che annunci di solo testo erano già apparsi in alcune finestrine a lato dei video. È evidente dunque che in cambio prenda denaro e ottenga altri vantaggi, tra cui la cross promotion, grazie al- le relazioni che ha instaurato con alcuni soggetti di mercato, ma a YouTube tali pratiche le chiamano promozioni e sponsorizzazioni.

Ciò che resta in ballo sono le inserzioni dirette di video pubblicitari all’interno dei clip di successo inviati dagli uploader. La montagna di denaro è là, ma è difficile scalarla senza generare frane nella Comunità. E infatti la questione resterà insoluta ancora per molto tempo.

2- LE PRIME VIRAL STARS DI YOUTUBE
Comunque, di che preoccuparsi? La crescita resta assicurata grazie alla disinvolta fantasia e alla strampalata creatività dei membri. A giugno un’altra star si colloca nel firmamento YouTube. Judson Laipply è apparentemente un middle man americano sui trentacinque-quarant’anni, vestito con un paio di jeans e una t-shirt arancione. Il 6 aprile, certo dopo lunghe preparazioni, Judson piazza una videocamera fissa di fronte a un piccolo palco male illuminato e per 6 minuti balla.

Poi invia la sua performance a YouTube e va a dormire. Due mesi dopo è stato visto 18 milioni di volte. I registi, i sociologi, gli antropologi, i produttori Tv, gli impresari teatrali e di concerti, i talent scout e chiunque altro pensa di conoscere le leggi dello show business restano interdetti. Qual è il segreto? Dove sta il trucco? Judson si è limitato a ballare una ventina di ritmi che andavano dal rock Elvis Anni ’50, alla discodance, al rap, passando per alcune parodie di John Travolta, di kung fu, di danze asiatiche e africane, e ha intitolato il suo video Evolution of dance. Un titolo meraviglioso. Ma non può essere solo il titolo.

Judson non è un ballerino professionista, ha studiato danza per un anno al liceo, e basta. Si autodefinisce «un attore ispirato» e dice di seguire due regole fondamentali: «Prima di tutto falli ridere, poi falli pensare». Viene immediatamente convocato dalla NBC per apparire nel Today show e riceve un gran numero di proposte di matrimonio che rifiuta dicendo: «Sono single, sono etero, ma non posso sposare una donna che me lo chiede via email». Al momento in cui scriviamo Judson ha collezionato più di 75 milioni di click e 60.000 commenti ed è giudicato «il preferito» da 250.000 membri. Per YouTube, Judson è un monumento, come il Colosseo, come la Statua della Libertà: un patrimonio incalcolabile. Resta aperto il dibattito. Perché lui sì? Perché lui è virale e i migliaia di altri che hanno tentato di emularlo no? Ai posteri l’ardua sentenza.

Gli stessi posteri saranno chiamati a pronunciarsi anche su altri video divenuti virali in quel periodo.
STEVE CHENSTEVE CHEN

Uno è Bus uncle. Il 12 maggio 2006, un signore di Honk Kong che si chiama Jon Fong, casualmente seduto all’interno di un bus che attraversa la città asiatica, vede e riprende una conversazione delirante, ma ritenuta esemplare dai molti commenti aggiunti al video, il cui oggetto alla fine appare essere: «Siamo tutti esauriti e sotto pressione. Ogni piccola cosa può condurci a dare di matto e azzuffarci». Nel bus infatti un passeggero sui cinquant’anni, Roger Chan, sta parlando al telefono a voce alta. Il passeggero seduto dietro di lui, Elvis Ho, un giovanotto tra i venticinque e i trent’anni, gli bussa sulla spalla chiedendogli di ridurre il tono della conversazione.

Non l’avesse mai fatto! Roger si volta immediatamente, molto indispettito, e per 6 minuti, gesticolando a pochi centimetri dalla faccia di Elvis, lo insulta mentre questi si limita a rispondere a monosillabi, scusandosi fra l’altro più volte. Anche stavolta è il teatro dell’assurdo a manifestarsi. È il rapporto violento tra estranei nella metropoli che diventa caso esemplare. Ma cosa lo rende virale? Bus uncle è probabilmente l’ultimo esempio di come il telefono cellulare influisca e determini una parte della realtà contemporanea. A causa del cellulare scoppia la lite, a causa del cellulare la lite viene ripresa e vista in tutto il mondo. Questi sono gli elementi evidenti. Ma dietro resta il mistero. Se la lite fosse scoppiata sulla metropolitana di New York o di Milano, avrebbe incuriosito allo stesso modo? Il video rieditato e sottotitolato in inglese e cinese mandarino ha raccolto, nelle sue diverse versioni, una decina di milioni di spettatori nel tempo. Perché?

Poi c’è la serie di Emmalina: una trentina di clip immessi in sequenza di lunghezza variabile da qualche decina di secondi a qualche minuto che generano, oltre a milioni di spettatori, un’ampia gamma di commenti sui grandi giornali e tra gli accademici. Emmalina è il suo nickname55 e resta la sua unica identità perché lei non ha mai voluto rivelare il suo vero nome, né tantomeno il suo indirizzo. Lei stessa comunque si presenta alla Comunità dicendo di essere un’ordinaria diciannovenne australiana che vive in Tasmania, che di giorno lavora con i disabili e che studia Legge nell’intento di specializzarsi in criminologia con chissà quale intento.

Aggiunge poi: «Non ho alcun particolare talento ma sono carina in modo psicotico, se così si può dire». E infatti le sue apparizioni in video, ottenute at- traverso una webcam di altissimo livello, sempre girate nella sua stanza, in cui appare un letto semidisfatto con un orsacchiotto di peluche in bella vista, sembrano un diario parlato di una segregata in un ospedale psichiatrico e incitano alla riflessione «siamo tutti un po’ psicotici». La ragazza si rappresenta lucida quanto basta, «pura e innocente», come ama definirsi, ma anche perverso oggetto sesSuale a disposizione di quanti amano guardare dal buco della serratura.

L’incitazione al voyeurismo è, in fin dei conti, il suo massimo appeal. Durante il suo periodo attivo Emmalina produce circa venti minuti a settimana di video, i quali, a un attento esame, risultano solo apparentemente «live»: in realtà sono stati editati con piccoli aggiustamenti e tagli che rivelano un progetto di comunicazione consapevole, ben mascherato però da confessione spontanea. I suoi temi sono molteplici: gli studi, il tempo libero, la famiglia, gli amici, il suo boyfriend Luke, che talvolta compare anche.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Emmalina commenta anche argomenti quali moda e musica; talvolta danza e dà lezioni di yoga. E parla spesso di «vecchi bavosi» (creepy old men) che fanno avance al- le teenager. A un certo punto, senza alcun preavviso, il 9 agosto 2006, Emmalina chiede la cancellazione di ogni suo video, motivando il gesto con la certezza che ignoti hacker si sono intrufolati nel suo computer e con la paura che qualcuno, venuto a conoscenza del suo indirizzo, possa introdursi a casa sua per usarle violenza. Vero o falso? Non lo sappiamo. Forse la polizia in Tasmania ne sa di più. Sta di fatto che l’annuncio e la rimozione di Emmalina contribuisce ulteriormente ad alimentare la leggenda sul personaggio. Alla fine del 2006 comunque Emmalina ricompare e tuttora invia brevi video che rimangono tra i più visti e commentati di YouTube.

Il 1° giugno 2006 il canale inglese ITV afferma nel suo notiziario che YouTube e altri siti simili incoraggiano la violenza e il bullismo tra i teenager, i quali si divertono a filma- re con i cellulari scontri e combattimenti e poi li caricano in rete. I responsabili del sito fanno sapere di aver attivato una funzione per cancellare i contenuti considerati violenti.
Il 18 giugno YouTube lancia il proprio programma di videoediting online chiamato YouTube Remixer, che con- sente agli utenti di modificare i propri video direttamente in rete. Il programma si presenta come un’altra estensione dei servizi resi possibili grazie al Web 2.0.

3- COMINCIA L’ERA DEI GRANDI AFFARI
L’agenzia di pubblicità multinazionale Leo Burnett, che include tra i propri clienti McDonald’s, General Motors, Heinz e Samsung, sente il bisogno, nel corso del Festival Mondiale dello Spot di Cannes 2006, di sottolineare un concetto: «I film pubblicitari funzionerebbero benissimo su YouTube».

Qualche giorno dopo, il 27 giugno 2006, viene annunciato uno storico accordo. NBC sottoscrive «una partnerhip strategica», proprio così, con YouTube, finalizzata alla creazione di un canale ufficiale dentro il sito di videosharing in cui si vedranno anticipazioni di programmi e videoclip promozionali esclusivi di serie Tv. Tra queste il massimo rilievo viene dato a The Office, una serie vincitrice del Golden Globe, nata in Gran Bretagna nel 2001 poi esportata in Usa, Francia e Germania, che da noi si vede su MTV Italia.

L’accordo, a detta di tutti i commentatori, è epocale: per la pri- ma volta un antico network Tv riconosce che YouTube è leader di un mercato in rapida espansione, quello degli short e viral video online e, secondo John Miller, capo del marketing della NBC: «C’è interesse in un’area comune. Vogliamo esplorare modi nuovi e creativi per raggiungere l’audience». Poi aggiunge: «Comunque nel rispetto del copyright». Oltre a promuovere i propri programmi NBC intende inserire in YouTube lunghi promo ogni settimana relativi agli show di prima e seconda serata della stagione autunnale. In cambio YouTube ottiene, nello stile della cross promotion, significativi spazi televisivi nei quali pubblicizzare le attività del sito. Non è poco, considerando che ogni spot della NBC costa centinaia di migliaia di dollari. Alcuni di questi spot saranno destinati a incitare gli youtuber, e gli aspiranti tali, a inviare filmati girati all’interno dei loro ambienti lavorativi. I migliori - guarda caso - saranno poi trasmessi dalla NBC in relazione alla sitcom The Office in cui si narrano appunto le vicende vissute in ufficio.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

YouTube è entrata nel salotto buono. La sua intuizione iniziale di dotarsi di diverse decine di terabyte sta rivelandosi più che vincente. La sua capacità di stoccaggio di immagini in movimento, infatti, è tale e tanta che l’idea di ospitare anche parti ingenti della programmazione di un network Tv non genera problemi tecnologici, piuttosto sancisce la sua leadership nel video web. Qualcosa però i ragazzi di San Bruno la devono lasciare sul campo. Se in passato hanno potuto praticare una politica di cancellazione dei video illegali che consentiva la rimozione solo su richiesta, d’ora in poi all’interno di YouTube dovranno esistere sistemi di controllo preventivi che autorizzano anche la NBC a verificare la legalità dei video proposti e costringono YouTube a rimuovere di gran carriera ogni violazione segnalata dai suoi partner d’affari. Il sogno anarchico è definitivamente tramontato. Comincia l’era dei grandi affari. Altri accordi simili a quello sottoscritto con NBC stanno infatti per essere annunciati.

Luglio 2006: anche la CBS riconsidera il suo atteggiamento nei confronti di YouTube e per bocca del presidente News e Sport, Mr. Sean McManus, afferma: «La nostra inclinazione ora è quella di considerare la visibilità che otteniamo attraverso YouTube quale fattore positivo. Pertanto ci stiamo rendendo conto retrospettivamente che avremmo dovuto accettare l’esposizione e accettare l’attenzione che ne derivava piuttosto che assumere un atteggiamento parrocchiale e chiedere la cancellazione dei nostri videoclip». Perfetto: la frase giusta al momento giusto.




AGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 12° PUNTATA - A POCHI MESI DAL DEBUTTO, YOUTUBE TRATTA GIÀ CON I GRANDI, COME MICROSOFT E GOOGLE - IL SITO, CON 20 MLN DI VISITATORI AL MESE, HA IL 29% DELL’INTERO MERCATO MULTIMEDIALE USA - “L’OCCHIO” DELLA COMUNITÀ ARRIVA DAPPERTUTTO! CAMBIANO LE REGOLE DELLA COMUNICAZIONE POLITICA - COCA-COLA E MENTOS ESPLODONO IN RETE (COME LA TESTATA DI ZIDANE A MATERAZZI)…

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
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1- 100 MILIONI DI CLIP VISIONATI OGNI GIORNO

All’interno della Global Power Elite, in cui si agitano i cuori emozionati di politici-religiosi, militari, mercanti-finanzieri e organizzatori del consenso, sembra talvolta di riscoprire quell’antica architettura e rappresentazione del potere diviso in caste: i bramini, i militari, i mercanti e gli scriba.

Oggi questi ultimi sono rinvenibili in chiunque produca e diffonda contenuti (content) di qualsiasi genere: testi, audio, immagini fisse o in movimento, grafica e 3D. Gli scriba informano e tramandano, mostrano, velano e rivelano fatti, opinioni, dubbi e certezze. E a chi si rivolgono? Ma ai paria, naturalmente! E chi sono i paria in questo caso? Ma gli utenti, ovviamente! E chi altri se no! I paria sono gli utenti, gli spettatori, i cittadini votanti, i consumatori, i civili di nazioni alleate o no, e tutti gli altri che non appartengono alle quattro caste privilegiate.

C’è un numero sterminato di paria dunque nel mondo, e molti sono gli scriba del Terzo Millennio. Ma solo pochi contano. I grandi scriba d’America sono in particolare la sezione più forte, arrogante e agguerrita che ci sia. Si rispettano tra loro solo a causa di delicati rapporti di forza che disegnano un assetto e un equilibrio abbastanza stabile, ma certamente non immobile.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtube

E al di là dei loro appartenenti tendono a non rispettare nessuno. Nella loro complessa ritualità sono previsti incontri annuali, alcuni dei quali si tengono pubblicamente, mentre altri sono riservati solo a quei soggetti che, per dimensione, tradizione, presenza attiva sul mercato e fatturato, meritano di essere invitati.

Il Media Summit che si tiene nel luglio 2006 nell’Idaho, a Sun Valley, è proprio uno di questi incontri riservati. Sin dal 1983, quando regnava Reagan, l’incontro è stato organizzato dal mercante-finanziere Herbert A. Allen. L’idea è sempre stata «una settimana di chiacchierate rilassate nel verde», durante la quale i network Tv parlano con gli inserzionisti pubblicitari, i boss di Hollywood e i grandi editori; e tutti insieme parlano con quei mattacchioni degli ultimi arrivati sulla scena, quelli del business Internet.

Microsoft e Google, pensate, ci hanno messo anni per essere invitati. Chad invece è stato invitato subito: a pochi mesi dal debutto di YouTube e nonostante i suoi ventinove teneri anni. Il giovanotto s’è affrettato a far sapere che con soli 52 impiegati ha raggiunto la fatidica cifra di 100 milioni di clip visionati al giorno, che ha 20 milioni di paria visitatori unici al mese, corrispondenti al 29% dell’intero mercato multimediale Usa.

Poi, sostenuto dalle ricerche della ineffabile Hitwise, ha aggiunto che di tutti i video visti in rete, i suoi costituiscono il 60%, mentre quegli illusi di MySpace, suoi maggiori concorrenti, si devono accontentare del 19%. Per non parlare dei poveri videosite di Yahoo!, Microsoft MSN, Google e AOL, che oscillano tra il 3 e il 5%: giganti dai piedi di argilla nel nuovo immenso mercato che si va creando ogni giorno.

Mercanti come Allen e i suoi partner sono molto sensibili ai numeri, in fin dei conti - è proprio il caso di dirlo - ritengono che sia il linguaggio degli dèi e che le altre argomentazioni utilizzate dalle altre caste, ancorché efficaci, in qualche modo siano riconducibili ai numeri. In questo momento dunque l’eroe è Chad. Dopo Bill Gates, fondatore di Microsoft, Larry Page e Sergey Brin, fondatori di Google, ora è il tempo di Chad, la nuova promessa (the promising newcomer).
STEVE CHENSTEVE CHEN

Lui, novello alchimista alla Corte dei Mercanti e degli Scriba, fra l’altro dimostra di trovarsi perfettamente a suo agio tra i potenti e si comporta esattamente come ognuno s’aspetta che si comporti. «Questi signori vogliono lavorare con noi» dice all’Associated Press «per mantenere le loro rilevanti posizioni. Il trend di crescita nel web è costante, quindi noi stiamo lavorando con loro per trovare soluzioni che consentano sinergie».

Detto questo si apparta per 45 minuti con Leslie Moonves, l’amministratore delegato della CBS Corporation. Si fanno servire del tè e quando riappaiono dopo il loro colloquio, la signora Moonves si dichiara piacevolmente meravigliata delle cifre recentemente apprese e conclude dicendo che la CBS avrebbe presto cominciato a caricare programmi su YouTube. È il secondo enorme sostegno che i Ragazzi di San Bruno ricevono da un altro Tv network dopo la NBC.

Ciò fatto Chad non vuole di certo sottrarsi ad altri tè o aperitivi in privato, e in particolare si dedica agli incontri con le grandi catene di supermercati Wal Mart Stores e Home Depot. Tutto ciò mentre il presidente della Nike, passando da quelle parti, lo saluta con grande calore e quello della Walt Disney strizza l’occhio a tutti. Quella è stata proprio una bella settimana per Chad, la settimana più felice della sua vita, in cui so- no piovuti riconoscimenti e si sono avviati contratti miliardari. «Sei contento Steve?» chiede al telefono al suo partner, che è rimasto a mandare avanti la baracca. E Steve esulta.

«Sei contento Roelof?» chiede al telefono al quarto uomo. «Non male» risponde il sudafricano dal suo ufficio alla Sequoia Capital «non male. Però» pausa «si può fare di più». Chad non capisce. O forse capisce benissimo.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Nel frattempo: il presidente Bush, senza rendersene conto, lavora per YouTube. La sua «palpatina» al cancelliere tedesco Angela Merkel durante il G8 è stata inviata al sito e ha già fatto il giro del mondo passando da un’email all’altra. «Attenti politici, ormai chiunque abbia un telefono cellulare o una telecamera può rovinarvi!» «I filmati amatoriali imbarazzanti esistono da anni» ricordano i consiglieri politici «solo che prima si doveva trovare una stazione Tv che li mandasse in onda e, di solito, si trattava. Oggi YouTube li spara subito su audience di decine di milioni di persone».

In quel periodo il più famoso dei «caduti» sotto l’effetto YouTube è il senatore repubblicano della Virginia, Gorge Allen. Dopo essere stato braccato per settimane da S.R. Sidarth, un ragazzo di origine indiana pagato da un candidato avversario per seguirlo con una telecamera in ogni suo spostamento, un giorno il senatore si rivolge al giovanotto sorridendo e, prima di pronunciare un livido «Welcome to America», lo chiama un paio di volte «macaco». Il clip finisce su YouTube e la corsa alla Casa Bianca di Allen si interrompe.

Altro caso eclatante è quello di Joe Liebermann che, durante le primarie dei democratici, è costretto a rivedere sul sito il suo abbraccio a George Bush con il quale esprimeva sostegno alla guerra in Iraq. Neanche Al Gore riesce a sottrarsi alla satira quando il suo film sul riscaldamento globale viene rimontato dagli youtuber, e lui si ritrova a parlare a una sterminata platea di pinguini che lo seguono annoiati. La web-videocrazia ha nuove leggi, e bisogna imparare a farci i conti.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen


2- MENTOS, COCA-COLA E YOUTUBE: CHE COCKTAIL ESPLOSIVO
L’irriverente, esplosiva, inarrestabile creatività degli youtuber intanto non manifesta cedimenti. A metà giugno un prestigiatore e un legale del Maine concepiscono un nuovo viral clip: il Diet Coke & Mentos Experiments, 3 minuti (più emulazioni) che generano milioni di click. I due inseriscono quattro pasticche alla menta, di marca Mentos, in una bottiglia di Coca-Cola Diet da due litri, e mostrano la reazione: una fontana di bollicine che si alza per metri. Realizzano anche una performance con 50 bottiglie e 500 mentine che, in effetti, è paragonabile al viale delle Cento Fontane di Villa d’Este, se non addirittura alle fontane del Bellaggio Hotel di Las Vegas.

È a quel punto che la BBC scende in campo apertamente. Forse perché lo stile del clip è garbato, forse perché il Maine fu una delle ultime colonie britanniche in Usa, la Tv pubblica inglese ritiene opportuno un commento sul suo sito e lo affida a un docente della Facoltà di Legge di Ottawa (Canada) specializzato in norme relative a Internet e all’e-commerce: il professor Michael Geist.

Il professor Geist innanzitutto svela un piccolo segreto. L’esperimento che si vede su YouTube senza inserzioni pubblicitarie, si vede anche su un altro sito generato dagli utenti, Revver. Qui però, alla fine del clip, è stata inserita una pubblicità. L’inserzionista ha pagato 30.000 dollari, e la metà è andata agli ideatori, Globe e Voltz. Mentos successivamente, a seguito delle apparizioni dei due in noti programmi Tv, ha sponsorizzato il clip con altro denaro, ritenendolo una buona promozione. La Coca-Cola invece non ha affatto gradito.

Geist continua le sue rivelazioni mappando la scena del video online: Google Video ormai è diventato il favorito dai piccoli produttori di documentari che non stanno nei 10 minuti massimi tollerati da YouTube; tra i peer-to-peer service il migliore è BitTorrent; Machinima riesce a impastare e a far impastare centinaia di videogiochi in un modo che non s’è mai visto prima, mentre chi vuole pagare 1,99 dollari per vedere o rivedere qualcosa si rivolge prevalentemente all’iTunes della Apple. «Il risultato» secondo il professor Geist «è un’incredibile offerta in cui affermati professionisti competono con dilettanti, alla ricerca non solo di audience ma anche di denaro. In questa scena non è il potere del medium, o il budget o le risorse tecnologiche che fanno i vincitori, ma la creatività».
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Ecco qua, l’Accademia mette il timbro e sancisce: si dia spazio alla creatività. Ma non solo. Le altre affermazioni rilevanti riguardano il denaro. Questa creatività può essere (quasi) direttamente remunerata dalla pubblicità? Ma certo: l’esempio di Globe e Voltz su Revver lo conferma. Non si parla però dei numeri: Revver tuttora veicola utenti nell’ordine delle migliaia o raramente decine di migliaia su ognuno dei clip lì inseriti. Senza contare che è lento e che la pubblicità è insopportabile. In ogni caso fioriscono i videosites, ce ne sono quasi 250, ma poco noti. Tra questi, oltre a Revver, si parla di iFilm, Grouper, Frozen Hippo, Blennus, Eefoof, VideoEgg, Veoh.

In questo periodo, ahinoi, diventa viral anche un altro clip: la testata di Zidane a Materazzi. Purtroppo in questo caso la creatività non c’è proprio. Menzioniamo l’episodio perché è uno di quelli che contribuirono alla scoperta di YouTube da parte degli italiani (vedi la sezione YouTube Italy).

GO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 13° PUNTATA - SEGNI DI CEDIMENTO: I FILMATI DEL CONFLITTO IN LIBANO RACCONTANO IL DRAMMA DELLE POPOLAZIONI BOMBARDATE E IL PENTAGONO DICHIARA GUERRA AL SITO - FUGA DA YOUTUBE: GLI UTENTI SONO INFASTIDITI PERCHÉ DEVONO CEDERE I PROPRI DIRITTI - L’ACCORDO CON LE CASE DISCOGRAFICHE PER I VIDEOCLIP E L’ARRIVO DELLA (VERA) PUBBLICITÀ - TREMA “MYSPACE” DI MURDOCH…

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI

1- CI MANCAVA SOLO LA GUERRA
Nonostante le dichiarazioni e le risoluzioni ONU, le guerre nel mondo continuano. Rispetto alla fine del 2005, non si combatte più in Nepal, Burundi, Waziristan e Balucistan, ma nuovi conflitti sono scoppiati. La maggioranza delle guerre in corso è concentrata come sempre in Africa e in Asia, specialmente in Afghanistan. Sempre in fiamme inoltre il mondo arabo, nel vasto teatro dell’Iraq, ma anche in Palestina, Libano e Algeria. Si combatte anche in Europa (Cecenia e Turchia) e in America Latina (Colombia e Haiti)...
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Oltre a quelle in arrivo dalla Palestina e dal Libano, le immagini dall’Iraq e dall’Afghanistan sono comunque video hit in ogni network Tv che si rispetti. Quando la guerra in Iraq prese il via, la Casa Bianca l’aveva presentata come un’operazione rapida i cui costi sarebbero stati coperti dal petrolio iracheno. Dopo qualche tempo il consigliere economico del presidente Bush, Lawrence Lindsey, ipotizzò un costo di 200 miliardi di dollari e fu licenziato. Oggi uno studio del Congresso afferma: mille miliardi di dollari. Le guerre da un trilione di dollari in Iraq e Afghanistan, con tutti i loro strascichi, assorbono, già nel 2006, più del 10% di tutti i fondi disponibili annualmente per il governo statunitense.

Tutto ciò premesso e nonostante tutto ciò, o probabilmente a causa, scoppia il primo caso YouTube e la guerra. Altro che violazione di copyright! La faccenda è gravissima. Molto più di quanto appare. I video di guerra sono cominciati ad arrivare nel sito sin dai primi mesi del 2006 e, tutto sommato, non hanno generato molti visionamenti. Alcune scene della battaglia di Falluja sono state visionate 400.000 volte, ma non hanno ricevuto commenti degni di nota. Del resto non sono molto dissimili da quanto si poteva vedere nei telegiornali di ogni nazione. Soprattutto, sono state girate dagli stessi soldati americani che operano in Iraq, quindi il punto di osservazione degli eventi coincide in gran parte con quello degli operatori Tv embedded.

Il caso scoppia quando su YouTube cominciano ad arrivare clip di guerra dal Libano, dove la situazione è questa: in pochi giorni 600 morti, 7000 profughi e il pericolo che intervengano nel conflitto Iran e Siria. Sono immagini notturne dei bombardamenti effettuati dall’aviazione israeliana. Ma non sono proprio le stesse trasmesse da CNN o dalla Rai o da Reuters perché stavolta a girare ci sono i civili libanesi: gli stessi che vengono bombardati. Alcuni uploader, come il famoso msoubra, a quei suoi 50 secondi inviati il 16 luglio 2006 e visti da 500.000 persone in poche ore, ha aggiunto un commento che fa il giro del mondo, ripreso da giornali e blog. In quelle poche righe strazianti, che qualcuno considera alla stregua del Diario di Anna Frank, riassume la storia di chi, come lui, all’età di quattro anni era già stato sotto i bombardamenti del 1982. Una parte di mondo ammutolisce, si raccoglie in preghiera, scrive petizioni contro la guerra, fa dimostrazioni, invia migliaia di commenti eccetera.

Un’altra parte invece insorge contro YouTube, specialmente la stampa e le Tv favorevoli a Bush and Co. «YouTube non effettua il monitoraggio come dovrebbe» scrivono e affermano nei TG «nonostante affermi di non voler veicolare contenuti violenti». Strano! Quando i filmati arrivavano dalle videocamere dei loro militari non erano immagini violente, ma eroiche e gloriose azioni di guerra... YouTube si trova improvvisamente sull’orlo del baratro. Stavolta alcuni membri della Comunità l’hanno fatta grossa. «Noi forniamo un servizio alla gente del mondo permettendo di condividere che cosa è realmente avvenuto nelle loro regioni, incluso il Medio Oriente» pronuncia col cuore in gola il direttore marketing Julie Supan a difesa della sua mini enterprise. «I video permettono di avere un’immediata comprensione degli eventi che si svolgono e dell’impatto di queste azioni».

Ci sono volute ore e ore per mettere a punto quella dichiarazione e la giovane signora, in quei giorni, trema a ogni squillo del telefono. Le conseguenze di quanto sta accadendo infatti sono assolutamente imponderabili. Al di là della questione «guerre in corso», peraltro immensa, è in ballo il fatto che cittadini qualunque possano fornire informazioni e opinioni su eventi politici e militari e che tali informazioni e opinioni possano essere amplificate... ottenere dignità di «fonte attendibile». Fra l’altro: «Le prossime generazioni avranno bisogno di uno YouTube che esegua qualche sorta di verifica d’identità prima di assegnare credibilità a qualsiasi fonte» si tuona dalle colonne di molti giornali. È un guaio e non finisce lì. Presto interverrà il Pentagono, con i falchi, le colombe e tutto il resto della grande voliera.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtube

Non esistono norme specifiche che vietano di inviare video o foto dai teatri di guerra, ma le truppe in Iraq e Afghanistan sanno bene che è materiale rovente. In alcuni siti, tra cui YouTube, esistono centinaia, se non migliaia, di video, molti dei quali sono stati montati su brani di rock music. Sono terrificanti clip che mediamente vengono viste 100-200.000 volte ognuno. Qualcuno mostra gli scontri armati, altri addirittura le esplosioni degli uomini-bomba. Troppi sono commentati con un linguaggio scurrile e violento. La situazione è nota ai vertici militari, tanto che un soldato inglese, reduce dall’Iraq, ha rivelato alla BBC che esiste un rigido controllo sui video e le foto inviate, per lo meno a MySpace. Il monitoraggio è stato affidato dal Pentagono a società esterne composte da civili. Le affermazioni non sono state dimostrate, ma si sa che il Comando Centrale Usa ha una squadra che legge i blog dal fronte e interviene su ciò che è definito «impreciso». Un ufficiale in Iraq dichiara anche che il Pentagono è preoccupato per alcune immagini apparse online.

La questione, dopo i primi commenti e le risposte di YouTube, sparisce dai media improvvisamente, così com’è apparsa. In pochi giorni si risolve anche l’episodio della guerra in Libano e quindi, per lo meno da quel territorio, non arrivano più video. Le guerre però continuano in Iraq e Afghanistan e da lì continua ad affluire materiale filmato dai soldati. Si riapre la ferita e con esiti, in questa stagione, ancora impensabili.


2- E ORA MUSICA E... PUBBLICITÀ
In quel caldo agosto che segue il breve ma acceso dibattito sui video di guerra, a YouTube i Ragazzi si concentrano su due questioni.

Chad rivela alla Reuters: «Abbiamo in progetto di mostrare ai nostri spettatori, entro 18 mesi, qualunque videoclip musicale sia stato mai prodotto». E aggiunge: «Gratis, beninteso». Ovviamente questa affermazione presuppone che ci sia un accordo con i soggetti coinvolti: autori, cantanti e soprattutto le case discografiche. In realtà, in quel periodo, molti artisti che hanno inviato i loro lavori, dopo aver finalmente letto attentamente i Termini d’uso proposti da YouTube, scoprono il paragrafo 10, Diritti che lei concede in licenza, e qualcuno rimane turbato nell’apprendere che: «Quando lei carica o pubblica un Contributo Utente su YouTube, lei concede:

A) a YouTube, una licenza mondiale, non esclusiva, priva di royalty, trasferibile con diritto a sublicenziare, usare, riprodurre, distribuire, preparare opere derivate, visualizzare, ed eseguire quel Contributo Utente in relazione alla fornitura dei Servizi.

B) a ciascun utente del Sito web, una licenza mondiale, non esclusiva, priva di royalty, ad accedere al suo Contributo Utente tramite il Sito web e a usare, riprodurre, distribuire, preparare opere derivate, visualizzare ed eseguire tali Contributi Utente nella misura permessa dalla funzionalità del Sito web e ai sensi dei presenti Termini. Le licenze di cui sopra, concesse da parte sua, terminano nel momento in cui lei rimuove o elimina i suoi Video dal Sito web. Le licenze di cui sopra concesse da Lei sui Commenti degli Utenti sono eterne e irrevocabili, salvo che vi sia pregiudizio per i suoi diritti proprietari».
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Dicevamo «qualcuno rimane turbato», semplicemente turbato; altri, che non rinvengono nessuna possibilità di guadagno immediato, si consolano all’idea di farsi promuovere e poter rientrare nel pieno possesso dei diritti semplicemente rimuovendo i video; altri ancora però, piccoli e medi artisti che si esibiscono qua e là o che stanno trattando la produzione dei loro lavori con piccole o medie case discografiche, si ritengono minacciati dal fatto che YouTube e chiunque acceda al sito possa godere ampiamente dei loro travagliati arpeggi e gorgheggi.

Soprattutto l’idea di cedere i diritti a «distribuire e preparare opere derivate» impedisce a qualcuno di dormire. Il tam-tam dilaga nella tribù, e piovono le richieste di rimozione di clip musicali dai quattro angoli della Terra. Ciò però non modifica i progetti a YouTube: «Attualmente stiamo provando a determinare come e quale potrebbe essere il modello di distribuzione della musica» fa sapere Chen «e stiamo insistendo molto con le case discografiche per ottenere i loro prodotti». Ecco qua, dall’affermazione si capisce che per i ragazzi di San Bruno la vera priorità è trovare l’accordo con le major della musica. Con Warner Music Group e EMI peraltro sono in corso colloqui confermati dalle parti. E gli utenti? O accettano il famigerato paragrafo 10 oppure... ciao!

In quei giorni, fra i tanti avvenimenti, se ne registrano un paio degni di nota: Time Magazine inserisce YouTube nella sua ambita classifica dei 50 siti più cool e, nello stesso giorno, si verifica un collasso nel sistema che dura circa sei ore. Qualche youtuber, o chissà chi altri, sta forse facendo le prove per assalire le difese del sito, considerate fino a quel momento inespugnabili?

In effetti è in atto una certa presa di distanza reciproca, tra YouTube e la Comunità dei primi giorni. Per YouTube si tratta di ridefinire il concetto di comunità web. Queste parole ormai non indicano più (e solo) la grande massa planetaria di anonimi uploader, aspiranti star, media situazionisti, paria delle videocamere a basso costo, studenti, operai, casalinghe e impiegati delle metropoli e dei quartieri suburbani. Tutti costoro sono ormai definibili quali «primi compagni del grande viaggio», ma ormai, da un giorno all’altro, da una dichiarazione all’altra, da un accordo con soggetti industriali all’altro, la Comunità di YouTube sta cambiando.

Ai debuttanti ironici, graffianti, piagnucolosi o entusiasti uploader, e anche ai medi professionisti dei primi giorni, si sono aggiunte sigle prestigiose e miliardarie che influiscono eccome sulla Comunità, facendone ormai di fatto parte e condizionandola con i loro bisogni e obiettivi di mercato. Quasi a chiarire l’avvenuta mutazione, YouTube il 22 agosto rilascia uno storico comunicato stampa, molto più lungo del solito, che si intitola YouTube rivela nuovi modelli di forme pubblicitarie. «L’annuncio di oggi» spiega Chad «è solo il primo di una serie relativa alle nuove forme di pubblicità che verranno annunciate nei prossimi anni». Proprio così. I Ragazzi, o chi per loro, hanno smontato il loro medium e hanno individuato n diverse possibilità di ospitare pubblicità in modo innovativo, nella speranza di soddisfare le diverse aree della Comunità. Qualcuno conia la definizione «marketing alternativo della banda larga».
STEVE CHENSTEVE CHEN

YouTube inventa anche nomi inediti: Participatory Video Ads (PVA) e Brands Channels. Le due offerte si aggiungono alle sponsorizzazioni, promozioni e ai banner di solo testo già presenti. La prima a godere delle nuove opportunità è Paris Hilton, con un canale dedicato interamente al lancio del suo nuovo CD prodotto da Warner Music. Poi iniziano diverse campagne, tra le quali tuttora brilla quella della Vodka Smirnoff. Gli utenti sono invitati a condividere, commentare, scegliere gli spot pubblicitari loro proposti ed eventualmente proporre i loro. Secondo Chad questo è un modello «in cui gli utenti si impegnano nella produzione di contenuti e creano una comunicazione a doppia via con gli inserzionisti». Questi nuovi PVA appaiono in alto a destra della homepage e per mostrarsi devono essere cliccati. «Ciò dà visibilità ai nostri inserzionisti senza turbare i nostri utenti» conclude Chad. Augh!

Lungo la via dei grandi accordi d’affari, il passo successivo appare maestoso e inevitabile. La Warner Music Group, una delle quattro grandi della musica mondiale, proprietaria e distributrice di una cinquantina di altre etichette discografiche, «stava scendendo» a patti con YouTube. Il suo fondatore, Jack Warner, che nel 1929 l’aveva costituita per risparmiare sui costi delle colonne sonore dei suoi film, probabilmente si stava rivoltando nella tomba, ma Mr. Bronfman Jr. l’attuale proprietario, dall’alto del suo fatturato pari a 3,5 miliardi di dollari (nel 2006) e di fronte ai 4000 stipendi da pagare ogni mese, evidentemente ci aveva ragionato su. «La tecnologia sta cambiando l’intrattenimento» dichiara Edgar Bronfman Jr. «e noi abbracciamo l’innovazione. Siti quali YouTube hanno creato una interattività a doppia via che trasformerà i media per sempre».

L’accordo è fondato sui due elementi che hanno cambiato la scena: i Contenuti Generati dagli Utenti e la capacità veramente interattiva dimostrata da YouTube. Da quel giorno comunque tutta la library della Warner Music è a disposizione degli utenti, i quali sono inoltre invitati a utilizzare le colonne audio per creare inediti videoclip che verranno eventualmente usati anche per raccogliere pubblicità. È veramente una rivoluzione copernicana ed è anche una doccia ghiacciata per gli uffici legali che difendono i big della musica mondiale.

Dopo anni e anni di battaglie contro i pirati della musica viene detto loro: «Bene, ragazzi, prendete ciò che volete e fatene ciò che vi piace. Comunque rimandatecelo perché noi siamo quelli che possono farvi guadagnare anche qualcosina. Vi diamo anche i backstage, le interviste agli artisti e qualsiasi altra immagine possa servire. Attenti però: YouTube è in grado di identificare in dettaglio ogni uso e abuso perché sa chi siete. Presto, entro la fine dell’anno, avremo messo a punto un royalty reporting system per dividere i proventi pubblicitari tra Warner Music, YouTube e gli utenti più creativi».
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Fantastico: il principio del «fare gioco signori, fare gioco» si realizza al suo massimo grazie alla collaborazione tra contenuti industriali e contenuti inviati dalla base utilizzando gli archivi messi a disposizione e il bisogno degli inserzionisti di piantonare il web. Il tutto si avvita in un vortice di promozione, partecipazione e consumo con effetti che, almeno per il momento, soddisfanno tutte le parti coinvolte. Potenza dei terabyte e della banda larga sì, ma anche visione postmoderna dell’angusto mercato dei diritti in cui si è giocato a guardie e ladri per decenni.

Due giorni dopo il colpo al cerchio, YouTube assesta il colpo alla botte. Ogni talento musicale della Comunità è invitato a mandare canzoni, videoclip musicali e performance dal vivo, per partecipare a YouTube Underground Contest, una mega selezione, superfestival dei lavori più creativi, con ricchi premi e cotillon, realizzata in collaborazione con Cingular Wireless, una delle società posseduta dalle maggiori compagnie telefoniche d’America (BellSouth e At&T), leader nell’offerta a pagamento di video su telefoni cellulari.

Sono passati solo nove mesi dal debutto ufficiale e Chad gongola. «Non si può dire che siamo stati fermi o che abbiamo perso tempo a comprare mobili lussuosi» dice alla fine di settembre 2006 al New York Times. «Cominciamo a essere finanziariamente stabili e speriamo di estendere il modello di accordo con Warner Music anche a Hollywood e alle altre case discografiche». «Non se ne parla proprio» rispondono quelli della Universal Music. «YouTube viola il copyright e ci deve decine di milioni di dollari». Altri scalpitano: «È come Napster! È peggio di Napster!»

Chad ogni volta nega, decisamente, qualsiasi eventuale paragone: «Napster era il mercato nero della musica. Noi non siamo così». Alla Warner Music coerentemente sostengono l’accordo: «Vogliamo vedere dove porta il loro modello di business» dicono i vertici della società.

Tra quelli che soffrono per altri motivi, ci sono poi i boss di MySpace di Murdoch, i quali si sono visti portar via da YouTube il 20% degli utenti, e non solo. Grazie al software di YouTube, che consente di infilare video facilmente nei web sites, MySpace è stata inondata dai logos del loro concorrente. La guerra fredda tra YouTube e MySpace-Murdoch è decisamente in atto e costituisce, agli occhi di qualche analista, uno dei motivi per cui l’industria dell’intrattenimento, preoccupata dallo strapotere murdochiano-repubblicano-bushista, chiude un occhio o anzi, comincia a sostenere apertamente i Ragazzi di San Bruno che stanno sfidando Golia.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Il governo federale, e in particolare il Dipartimento che si occupa dell’uso di sostanze stupefacenti, ritengono comunque che YouTube è uno dei migliori veicoli, se non il migliore, per una nuova campagna contro la droga. E quindi, sul sito, cominciano a circolare spot che invitano i giovani a stare alla larga da marijuana, cocaina, eroina, crack eccetera. Le risposte degli youtuber, come al solito, non si fanno aspettare, e molti video si tramutano in parodie, alcune decisamente deliranti.

13/Continua...

GO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 14° PUNTATA - LA CORSA ALL’ACQUISTO DELLA COMUNITÀ DI YOUTUBE, L’ELDORADO DIGITALE - NEL GIRO DI UN GIORNO I GRANDI GRUPPI TORNANO A TRATTARE CON YOUTUBE, CHE NON È PIÙ UN’ADOLESCENTE CAPRICCIOSA, MA UNA SIGNORINA CON UNA DOTE CHE FA GOLA - I FONDATORI DEL SITO NEGANO, MA IMPROVVISAMENTE ARRIVA L’ACQUISIZIONE DA PARTE DI GOOGLE: 1,65 MLD $...

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI

1- ALLORA, CHI LO COMPRA?
In quella prima settimana di ottobre 2006 a New York, Los Angeles e San Francisco, ma anche a Londra, Singapore, Francoforte... e dovunque negli ambienti interessati, direttamente o indirettamente, dalla marcia trionfale di YouTube, non si parla d’altro. «Allora chi lo compra? Yahoo!?» «Ma no! Piuttosto i concorrenti. Piuttosto lo compra MySpace... per loro sarebbe un colpaccio». «A me risulta invece che esistono trattative con Microsoft».
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Le telefonate si intrecciano con gli sms, le email proliferano, le chatting riservate e i blog si sperticano in commenti e soprattutto ipotesi a sostegno di quello o quell’altro acquirente. «Viacom sì che potrebbe perché... bla, bla, bla, bla» «E allora Google!» «Google? Ma è una follia. Si verrebbe a creare una posizione dominante sul mercato del web inaccettabile».

E chi dunque? «Chi ha i soldi e la capacità di gestire quell’immenso caos, quella sterminata area di opportunità che, in fondo, sono ancora solo opportunità?» Gli analisti tracciano grafici, i giornalisti cercano di cogliere qualsiasi rumors che proviene dalle stanze informate. Quelli della Stanford University sorridono beati. Perché? Si chiede qualcuno. Anche a Wall Street e al NASDAQ stanno tutti con le antenne tese. Sarebbe un acquisto pagato in azioni della società compratrice? Su questo c’è una certa convergenza di valutazioni. Quindi il campo si restringe. E in questo caso, il valore dell’acquirente in Borsa aumenterà oppure gli azionisti non gradiranno il gradiente di rischio contenuto in YouTube e il titolo finirà per crollare? Bisogna vedere i dettagli. Bisogna aspettare l’eventuale annuncio.

La cessione però è nell’aria. I segnali cominciano a esserci tutti. YouTube è diventata un affare grosso, troppo grosso per restare nelle mani dei Ragazzi di San Bruno. Ma anche troppo ingombrante per finire nelle mani sbagliate. Ok, che si vende in definitiva?
il fondatore di youtubeil fondatore di youtube

YouTube non ha neanche fatto un bilancio degno di questo nome. Ha speso una decina di milioni di dollari in 10 mesi, ha incassato qualche milione in pubblicità. Ufficialmente perde, e deve ancora dimostrare la sua capacità di creare profitti. E poi, le beghe legali? Chi se la compra una società che ha in corso decine di cause con i giganti dello show business? La sede vale quattro lire. Ci sono il software gestionale e l’interfaccia utente. Ma sai che ci vuole a copiarli? Quindi? Quanto vale? «600, 700 milioni di dollari» dice qualcuno. «Ma no, è già troppo!»

I telefoni di Roelof squillano in continuazione e le sue indaffarate segretarie rispondono compite: «Mr. Botha è in riunione. La richiamerà al più presto... Ma certo! Non dubiti». Ma Roelof in quei giorni frenetici, come in altri giorni frenetici del suo recente passato, parla poco, solo con pochi, e mantiene una calma olimpica. Lui sa bene cosa sta vendendo.

Vende una comunità. Una massa indistinta e anonima di utenti, spalmata soprattutto in Usa, ma estesa in quasi ogni nazione del pianeta e pronta a riservare sorprese. Vende il futuro dei media. Vende un modello d’affari al cui interno si intravede un Eldorado. E lo fa da par suo. Facendo leva sulla Sequoia Capital e utilizzando la presenza finanziaria di questa società in ogni attività digitale rilevante e in diversi consigli d’amministrazione dei maggiori soggetti attivi.

Anche il prezzo di vendita dovrà essere «innovativo». La cifra deve essere tale da lasciare piacevolmente sconcertati. Su questo Roelof non ha alcun dubbio, e ogni giorno rassicura Chad e Steve: «Tranquilli ragazzi, siete in buone mani. Dovete solo ringraziare la Dea Fortuna che vi ha baciato sulla fronte e continuare a fare i bravi».

L’8 ottobre 2006, stranamente, Chad rilascia un’intervista fiume al sito del Financial Times. Una sorta di confessione, con tanto di assoluzione, che appare sui computer di molti uomini d’affari nel mondo. Una lettera aperta ai membri della International Business Community in cui si dice che: «I contenuti inviati dagli utenti possono essere considerati allo stesso livello di qualsiasi altro contenuto prodotto da professionisti, l’importante è limitarli a un massimo di 10 minuti.

Non abbiamo cifre relative alle percentuali di video amatoriali e professionali presenti su YouTube, ma vogliamo mettere tutto ciò al servizio dell’industria. Abbiamo un sacco di accordi in via di perfezionamento. Non sappiamo quanti video abbiamo già rimosso su richiesta, ma stiamo automatizzando il processo per evitare le violazioni di copyright... Non siamo Napster...» ribadisce.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

«La maggior parte dei nostri clip arriva dalle videocamere e dai telefoni cellulari dei nostri utenti... Pensiamo che esistono modi migliori di fare pubblicità che non interrompere o far precedere i clip dagli spot... Pensiamo di sviluppare un nostro autonomo sistema di pubblicità, a cavallo tra l’esperienza di Google e quella di Yahoo! e pensiamo di dividere i profitti con i nostri utenti...».

Alla domanda diretta: «State parlando di accordi strategici o acquisizioni con qualcuno dei grandi Internet Group?» Chad risponde: «No. Penso che loro procedano nei loro piani... Noi siamo finanziariamente stabili... Noi stiamo con Sequoia, i nostri finanziatori». All’altra domanda diretta: «Siete cresciuti molto velocemente. Ma state coprendo i costi?» Chad risponde: «Non sono in grado di affrontare i dettagli... Abbiamo una squadra che lavora, siamo giunti a questo punto... Stiamo sviluppando una forza vendita. Abbiamo fiducia nel futuro».

Chad è stato molto chiaro: «Non stiamo trattando con nessuno». Ma non convince. Lo stesso sito del Financial Times commenta l’intervista affermando invece che «sono in corso offerte stratosferiche, che metteranno a dura prova il carattere indipendente di Chad». Qualcosa non quadra: Chad non può essere all’oscuro delle trattative in corso. Il giovanotto, descritto dai giornalisti del Financial Times.com come uno che non aveva dormito, «con il viso contratto e il pallore tipico degli imprenditori Internet dei primi anni», sta alzando il prezzo? È contrario alle trattative in corso? O gioca fino in fondo la parte dell’innocenza digitale? I fatti che precipitosamente seguono non consentono di chiarire questi dubbi.

All’indomani della pubblicazione dell’intervista infatti si apre il mar Rosso.
È il 9 ottobre 2006 e, come un sol uomo, la Universal Music Group, la Sony-BMG Music Entertainment e la CBS annunciano ufficialmente di aver trovato un accordo con YouTube. I giapponesi della Sony, i loro partner tedeschi della BMG e i francesi di Vivendi, proprietaria della Universal Music, improvvisamente hanno sentito forte il bisogno di sanare i contrasti con i Ragazzi di San Bruno e, così come già era stato per la Warner Music, sotterrano l’ascia di guerra e acconsentono all’ipotesi che i loro artisti, la loro musica e i loro preziosi video in grado di generare miliardi di dollari l’anno siano liberamente inviati a YouTube e da lì condivisi nell’immenso web. È come se una forza invisibile e potentissima, dopo mesi di tira e molla, avesse convinto i tre Consigli d’Amministrazione a dare un segnale inequivocabile che i tempi sono cambiati. Ma perché tutti insieme e nello stesso giorno?
STEVE CHENSTEVE CHEN

Dai diversi comunicati stampa si capisce che in ogni accordo esistono dettagli diversi. La Universal si riserva la facoltà di filtrare i contenuti illegali. La Sony-BMG autorizza il visionamento e l’inserimento di pubblicità a lato dei music clips. La CBS consente l’uso dei suoi programmi di prime time, di news e sport, e si riserva la facoltà di rimuovere i clip non autorizzati e di inserire pubblicità a lato. La durata degli accordi non viene rivelata e neanche la loro consistenza economica.

In sostanza però è successo un fatto fondamentale: da oggi una gran parte - non tutti - degli uffici legali che passavano il proprio tempo a cercare di incastrare YouTube possono archiviare tutte le pratiche in sospeso e dedicarsi ad altro. Tre grandi network Tv: la NBC, la CBS e la rete Allmusic MTV, sono ormai partner d’affari di YouTube. Restano fuori solo Abc e Fox. Delle quattro major della musica, ben tre - Warner, Sony-BMG e Universal - hanno sottoscritto accordi. Resta fuori solo la EMI. Senza contare l’attiva collaborazione con altri soggetti influenti della scena.

La Comunità YouTube non è più un’adolescente arrivata ieri, capricciosa e incontrollabile, da tenere sulla soglia o fuori dalla porta, ma una signorina con la dote e un brillante futuro con la quale molti flirtano. La mutazione è avvenuta: tutto ciò che era considerato moderno e razionale nel mondo dell’intrattenimento diventa improvvisamente antico.

2- «ABBRACCIAMOCI» DISSERO LARRY, SERGEY E ERIC A CHAD E A STEVE
1,65 miliardi di dollari! La cifra compare in un comunicato stampa congiunto della Google Inc. e di YouTube, guarda caso lo stesso giorno degli accordi con le case discografiche e la CBS. Impeccabile. Di cessioni, acquisizioni e takeover galattici se ne erano visti tanti, ma questo resterà negli annali. Qualcuno veramente molto bravo deve averci lavorato con una certa esperienza e destrezza. Roelof? La squadra di Roelof? La Sequoia Capital?

Sembra lo sbarco in Normandia, un’operazione in cui ogni soggetto coinvolto ha mantenuto il segreto fino all’ultimo momento. Un’operazione sincronizzata nei dettagli, in cui ogni pezzo, anche pezzi enormi, viste le sigle in campo, doveva incastrarsi perfettamente all’ora x. Resta il dubbio: perché durante il count-down, ovvero fino al giorno prima dell’annuncio, Chad ha negato l’ipotesi di un’acquisizione in corso? Avrebbe potuto arroccarsi dietro un «no comment», rivendicare il diritto alla riservatezza negli affari. E invece no. Perché?

Bene, i proprietari di YouTube non sono più quelli di prima, il timone delle operazioni passa nelle mani del Consiglio di Amministrazione e degli azionisti della Google Inc. e tra questi brillano i nomi dei fondatori Larry Page e Sergey Brin, due ex studenti della Stanford University che nel 1998 avevano inventato il più efficiente motore di ricerca della storia, ai quali si era aggiunto nel 2001 Eric Schmidt nel ruolo di amministratore delegato (CEO).
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Tocca a lui pronunciarsi in pubblico: «La squadra di YouTube ha costruito una piattaforma eccitante e potente che appare complementare alla missione di Google, ovvero organizzare il mondo dell’informazione e renderlo universalmente utile e accessibile» dice Eric. «Le nostre società condividono gli stessi valori: ambedue poniamo sempre i nostri utenti al primo posto e siamo impegnati a migliorare le loro esperienze. Insieme siamo i partner naturali per offrire un impareggiabile servizio ai nostri utenti, ai proprietari di diritti e agli inserzionisti pubblicitari».

A seguito dell’acquisizione, YouTube avrebbe continuato a operare indipendentemente da Google: «Al fine di preservare il suo marchio e la sua Comunità». La base delle operazioni rimane a San Bruno, ma in una nuova sede; ognuno dei settanta impiegati rimane al suo posto, e qualcuno di loro partecipa alla spartizione del bottino. Chad vuole aggiungere: «Unendo le nostre forze a quelle di Google, possiamo beneficiare della sua presenza globale e della sua leadership tecnologica per soddisfare maggiormente i nostri utenti e creare nuove opportunità per i nostri partner».

1,65 miliardi di dollari: la somma è piuttosto grossa, tre volte quella pagata, un anno prima, da Rupert Murdoch per MySpace. Qualcuno tenta di metterla in relazione con i 300 giorni di attività ufficiale di YouTube: i Ragazzi hanno generato un valore pari a 5,5 milioni di dollari al giorno. Congratulations! E anche mettendola in relazione con i 500 giorni, che includono i mesi di sperimentazioni, il risultato è comunque notevole: 3,3 milioni di dollari al giorno.

Sembra un fumetto con protagonista Paperon de Paperoni. Resta da capire in che modo sarebbe stata erogata la cifra e come sarebbe stata divisa. Intanto, non si tratta di vero e proprio denaro (troppo volgare e desueto), ma di una transazione stock-for-stock, ovvero di un pagamento effettuato mediante cessione di azioni di Google. I Ragazzi entrano dunque a far parte degli azionisti di Google, ognuno in ragione della propria quota. Ma Google come sta messa? Be’, non male.

La società ha fatto la sua comparsa al NASDAQ di New York, dopo alcuni tentennamenti, il 19 agosto 2004. Il prezzo iniziale di ogni sua azione la mattina della collocazione era di 85 dollari. In serata era già arrivato a 103 dollari. Quello che conta però nell’acquisto di YouTube è il prezzo del titolo Google relativo alla media delle oscillazioni nel mese di novembre 2006.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

Per gli amanti delle cifre aggiungiamo che nel 2006 Goo- gle dichiarò un fatturato totale di 10,6 miliardi di dollari e un guadagno netto (dopo aver pagato le tasse) di poco più di 3 miliardi di dollari, realizzato grazie a 500 milioni di utenti unici. Il dato importante però per stabilire la relazione tra Google e YouTube è la capitalizzazione. Al debutto in Borsa era poco meno di 30 miliardi di dollari, al momento dell’acquisto di YouTube è circa 100 miliardi di dollari. Prima conclusione: la provincia YouTube entra nell’Impero Google in cambio di quasi un 2%. Sembra poco ma non è così.

Il 14 ottobre vengono chiariti i «dettagli»: dell’intero ammontare delle azioni Google, pari a più di 200 milioni di titoli, circa 3,7 milioni vengono date a YouTube. Al loro interno i Ragazzi di San Bruno ritagliano ognuno la propria fetta. Arrotondando le cifre, a Chad Hurley vanno circa 740.000 azioni; a Steve Chen circa 705.000; a Jawed Karim, nonostante si sia ritirato per studiare scienze informatiche, vengono consegnate circa 138.000 azioni.

Alla Sequoia Capital XI, cioè il ramo della casa madre che aveva effettuato l’investimento di 11,5 milioni di dollari, va la fetta più grossa: 940.000 azioni. Poi spuntano diversi co-finanziatori di San Francisco che, con la sigla Artis Capital Management, hanno sostenuto Sequoia: a loro vanno 76.000 azio- ni della Google Inc.
Ovviamente i lettori saranno curiosi di sapere a quanto corrispondono in «denaro vero» le azioni ottenute per la vendita di YouTube.

E qui ci sono da chiarire alcuni aspetti. Innanzitutto, in questi casi, i beneficiari non pos- sono rivendere le azioni se non prima di un certo periodo di tempo. Quindi il loro valore è soggetto alle oscillazioni del valore del titolo. Chi si prende la briga di fare i conti in tasca ai Fondatori di YouTube è Miguel Helft, un giornalista del New York Times.com, il quale, a distanza di tre mesi dall’annuncio della vendita, ovvero quando la transazione è stata accettata e perfezionata in ogni sua forma, rivela che «basandosi sul prezzo di chiusura delle azioni Google al 7 febbraio 2007, pari a 470,01 dollari per azione, i venditori posseggono un controvalore in milioni di dollari, rispettivamente pari a: Chad 345; Steve 326; Jawed 64; Sequoia Capital XI 442 e Artis Capital Management 83». Se si fanno i conti mancano all’appello circa 400 milioni di dollari, probabilmente evaporati in spese legali, consulenze, tasse, riconoscimenti ad altri piccoli azionisti eccetera.

14/Continua...

DAGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 15° PUNTATA - NELLA TANA DEL “LUPO” GOOGLE - LO SCONTRO CON IL COLOSSO VIACOM - IL “TIME” NOMINA YOUTUBE INVENZIONE DELL’ANNO 2006 PER AVER “SVELATO IL VIDEO-INCONSCIO D’AMERICA” - GRAZIE A YOUTUBE AD ESSERE ELETTO “UOMO DELL’ANNO” È L’UTENTE DELLA COMUNITÀ DI INTERNET, IN GRADO DI DETERMINARE IL MONDO DELLA COMUNICAZIONE - L’ACCORDO CON COCA-COLA E CHEVROLET...

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI

1- IL NUOVO YOUTUBE

Il 15 ottobre è un nuovo giorno. Chad, Steve (e Jawed) hanno ottenuto un enorme premio per la loro visione pragmatica del video online, ma d’ora in poi dovranno concordare le mosse con Google, che a detta di tutti è il soggetto dominante nel mercato online. Dopo aver conquistato il web ora Google si accinge a espandersi negli altri media, e al volante delle operazioni c’è Eric Schmidt, da qualcuno definito «un avido pilota».
YOU TUBEYOU TUBE

Ma chi è costui? Mentre di Larry Page e Sergey Brin si sa molto vista la loro presenza decennale sulla scena, di Eric si comincia a parlare in quel periodo. Intanto viene incoronato n. 1 del web da Media Guardian 100, anche perché siede nel Consiglio d’Amministrazione della Apple. Come Larry e Sergey, il triumviro Eric ottiene dalla Google un salario nominale pari a 1 dollaro l’anno (sì, avete letto bene) ma ha a disposizione un jet e le azioni da lui possedute valgono 5 miliardi di dollari. Il suo obiettivo è decuplicare il volume d’affari di Google portando la società a un fatturato di 100 miliardi all’anno, e per conseguirlo non disdegna di frequentare attivamente anche le riunioni del Partito repubblicano.

Poveri Chad e Steve: gli agnelli, con le tasche piene di denaro, sono finiti nella tana del lupo. E ora, che succederà? Comunque, secondo Chen: «È finito il supplizio di Tantalo», metter le mani sulla pubblicità ora è possibile, soprattutto perché non spetta più a loro. YouTube non è più Video vox populi né tantomeno una bomba a orologeria.com, ma uno dei soggetti che gioca a ridisegnare la mappa degli investimenti pubblicitari della Tv americana: 74 miliardi di dollari l’anno (e non solo). La Tv ha ormai più di cinquant’anni, quella via cavo più di trenta. YouTube è invece una neonata che si rivolge alla generazione che si è autodefinita «Decido io, non tu».

A metà ottobre YouTube annuncia che, a seguito dei recenti accordi con grandi società proprietarie di contenuti, è costretta a utilizzare software antipirateria. Il software è in grado di distinguere una copia di bassa qualità di un video musicale da una versione originale di alta qualità. Nei casi in cui il video sia ritenuto «illegale» sarà sostituito con una versione approvata o rimosso definitivamente. La situazione dunque va «normalizzandosi» sempre più, ma un grosso scoglio si erge sulla nuova rotta: la Viacom Inc., un bestione giurassico da 10 miliardi di fatturato all’anno, proprietaria fra l’altro della Paramount e di MTV. Ai primi di novembre i suoi avvocati chiedono a YouTube di rimuovere il materiale illegale. È solo l’inizio di uno scontro epocale.

Come si sa, una delle leggi fondamentali delle azioni di risarcimento legale è: «Non perdere tempo a far causa a chi non può pagarti». Questo aveva giocato a favore di YouTube fino al giorno della cessione. Ora c’è Google. Un soggetto molto solvibile. Nonostante la chiusura degli accordi con alcune Major Companies, resta aperta la partita con le migliaia e migliaia di piccoli autori, e non solo quelli della musica. Ed è anche scaduto l’accordo con la NBC, limitato all’autunno del 2006. Si svegliano dunque i sindacati: autori Tv, registi e piccoli produttori vogliono sapere qual è la loro fetta nell’online video business, e spingono. Era già successo al tempo dei DVD e della pay-per-view, ma quel tipo di royalties oggi sono considerate non adeguate.

Si fa viva anche la SIAE giapponese (JASRAC), richiamando YouTube all’osservanza delle norme sul copyright riguardo ai contenuti illegali presenti sul sito. Miglia- ia di videoclip di artisti giapponesi, tra cui Tokyo Jihen e altri artisti J-Pop, vengono rimossi. Ma non basta mai. «Ci vorranno anni per risolvere questa storia» dicono i boss delle major. «È come se la tecnologia avesse frantumato le pratiche d’affari e le leggi precedenti» dice un manager di YouTube. L’effetto YouTube infatti, ormai è chiaro, non si risolve con accordi tra privati. «Ci vorrebbe un intervento del governo» sancisce Chad Hurley.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtube

E l’intervento «governativo» giunge, ma non certo come auspicato da Chad e non certo da parte del governo americano. Chi manifesta infatti viva preoccupazione per come si stanno mettendo le cose in generale, nell’area dei siti di videosharing, è il Commissario Europeo Viviane Reding. La signora propone di dividere il mondo della comunicazione in due grandi categorie: «lineare» e «nonlineare». Alla prima appartengono le offerte «portate» (push) all’utente, indipendentemente dal fatto che giungano via etere, via satellite, via cavo o su rete Internet.

Alla seconda appartengono le offerte «richieste» (pull) dall’utente, anche in questo caso indipendentemente dal sistema (piattaforma) di distribuzione/diffusione. Per il secondo tipo di servizi la regolamentazione sarebbe minima (tutela dei minori, norme antirazzismo, eccetera). La sola idea di regolamentare però fa trasalire i liberisti inglesi e in particolare il ministro delle Comunicazioni, Shaun Woodward. L’iniziativa va incontro dunque a uno stop, e MySpace e YouTube tirano un respiro di sollievo.

2- INVENZIONE DELL’ANNO 2006
A quel punto giunge un aiuto inaspettato da uno youtuber inaspettato: Peter. L’uomo è un pensionato settantanovenne che si firma Geriatric 1927. Durante la Seconda guerra mondiale è stato un tecnico radar dell’esercito inglese e ora siede raggrinzito in una stanzetta e racconta a una webcam la sua vita, i suoi disagi, le sue speranze nelle nuove generazioni, i ricordi dei bombardamenti su Londra, le moto della sua gioventù, il giardinaggio, la vecchia moglie Mary che lo redarguiva sempre. Per qualche verso sembra Andy Capp. Peter è proprio uno di quei casi di «star in un giorno».

Il suo primo clip, inviato il 5 agosto del 2006, fa immediatamente il giro del mondo e ottiene un paio di milioni di visionamenti. In seguito qualcuno farà per lui e su di lui un sito molto frequentato che ospita blog e videoblog. Al suo debutto ottiene centinaia di migliaia di commenti positivi e poetici ma, per correttezza, c’è da dire che nel tempo si attirerà ostilità di molti, fino a ricevere commenti tremendi. In ogni caso Peter è una celebrità di YouTube e ciò offre l’occasione per un altro aiuto inaspettato da parte di Time Magazine. In un lungo articolo a firma Lev Grossman, prestigioso scrittore di origini ebraiche, autore di best seller famosi, si legge: «Un anno fa questo non sarebbe stato possibile. Nei dodici mesi passati migliaia di persone comuni sono diventate famose, e quelli già famosi sono rimasti imbarazzati. Grandi somme di denaro sono passate di mano... Le regole sono diverse ora e sono state cambiate da un sito web: YouTube».

Sin dalle prime righe sembra una lettera aperta, che una certa parte della potente intellighenzia newyorkese redige a sostegno dei ragazzi. E infatti è proprio così: «È stato un anno interessante nelle tecnologie» continua Grossman, facendo una lista delle recenti innovazioni «ma solo YouTube ha creato un modo nuovo per milioni di persone di intrattenersi, educarsi, stupirsi e rendersi agilmente forti a vicenda, in una scala mai vista prima». Sono solo le premesse all’affermazione fondamentale che equivale, nella tradizione americana, al conferimento di un Oscar o di un Premio Nobel: «Ecco perché YouTube è scelta da Time quale Invenzione dell’anno 2006... Hanno aperto un portale verso un’altra dimensione... hanno svelato qualcosa che non trovava posto nei bilanci d’affari: il solitario, sottopressione, trattenuto video-inconscio d’America».
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Può bastare. Ma Grossman non vuole limitarsi e affonda decisamente: «La gente vuole vedere video senza censura dall’Iraq, Libano e Darfur, fatti non dai giornalisti in visita, ma dai soldati che combattono e dalla gente che vive e muore in quelle zone. Quei video non saranno patinati, ma sono veri. E comunque il ‘patinato’ è sopravvalutato. Le immagini patinate sono ferme al 2005... Così come i blog hanno trasformato gente comune in giornalisti, YouTube trasforma la gente comune in celebrità». Augh!

Nei nove giorni che seguirono l’uscita di Time, il titolo di Google al NASDAQ sale da 474 a 513 dollari per azione. Potenza del verbo (e degli aggettivi)!

YouTube continua a infilare perle nel suo lungo rosario d’accordi. Dal 15 al 28 novembre 2006, l’ufficio stampa, rafforzato per affrontare le nuove imprese, annuncia in sequenza: 1) un’alleanza strategica con la Lega nazionale di hockey che prevede inserimenti di filmati giornalieri della stagione 2006-2007; 2) lo straordinario successo ottenuto dai programmi della CBS che, su YouTube, hanno totalizzato in un mese la bella cifra di 29,2 milioni di spettatori; 3) il romantico abbraccio con la Frank Sinatra Enterprise che mette a disposizione di tutti gli youtuber il classico Come Fly With Me dell’idolo di Las Vegas, affinché possano realizzare indisturbati karaoke, balletti, videomusicali e quant’altro; 4) la posa di un’altra pietra miliare: dai primi di dicembre, i 57 milioni di utenti di Verizon Wireless, secondo gestore di telefonia cellulare Usa, possono avere accesso a una selezione di video presenti su YouTube alla modica somma di 15 dollari al mese o 3 dollari al giorno.

Un’altra barriera tecnologica è crollata. I giornali titolano: «Non è chiaro, nel prossimo futuro, quale sarà l’impatto finanziario di questo accordo». In realtà non è chiaro soprattutto quale sarà l’impatto geoculturale e geopolitico dei futuri accordi di YouTube con le società telefoniche.

Un brutto episodio però fa riflettere ulteriormente. Durante una manifestazione a Oaxaca, in Messico, Brad Will, cameraman statunitense, è ucciso con due colpi di pistola mentre inquadra il suo assassino. Il videoclip viene mandato in onda dal canale Telemundo e successivamente ripreso da YouTube.

3- «TU, ANONIMO UTENTE DI INTERNET, SEI L’UOMO DELL’ANNO».
A ridosso del Natale 2006 Chad e Steve sono considerati le due maggiori star dell’anno e Time Magazine, ancora una volta, vuole strizzar l’occhio ai Ragazzi, anche se di sponda. Come sempre in quel periodo il settimanale procede alla nomina dell’Uomo dell’Anno.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Concedere loro anche questo titolo sarebbe un po’ troppo. Gli editor di Time scelgono allora di attribuirlo a «You» (Tu). In copertina, su un monitor di computer che ricorda sin troppo lo schermo di YouTube, viene stampato: «Sì, Tu (sei l’Uomo dell’anno). Tu controlli l’Era dell’informazione». All’interno ancora Lev Grossman spiega che gli utenti Internet di tutto il mondo, grazie a esperienze quali quella di YouTube, MySpace e Wikipedia, sono il motore della «democrazia digitale». Mentre in un altro lungo articolo, intitolato I guru di YouTube, si ricostruiscono le gesta di Chad e Steve.

Anche Coca-Cola e Chevrolet vogliono siglare accordi con la società di San Bruno. La prima, dopo aver evidentemente perdonato lo scherzo del mix con Mentos, incita chiunque a scambiarsi video natalizi sponsorizzati dal suo marchio. Il gigante automobilistico invece vuole troneggiare all’interno dell’evento di fine anno. Un capodanno around the clock: tutte le celebrazioni del mondo al variare dei fusi orari, scandite da videoclip che arrivano ogni ora dalle grandi capitali del pianeta. A partire dalla Nuova Zelanda per finire a Los Angeles, con messaggi speciali caricati dalle celebrità del sito: Boh3m3, Smosh, Terra Naomi, Renetto, Chad Vadar, The WineKone e dalle star delle case discografiche possedute dalla Warner Music.

Il 2006 cede il passo al 2007. Tra mortaretti e morti negli attentati, tra crisi petrolifere e video, si tirano le somme. Le guerre continuano. Il Pentagono ha aperto un’altra inchiesta il 28 novembre su un paio di filmati che sono apparsi su YouTube e il segretario della Difesa, Donald Rumsfeld, si è sentito in dovere di affermare che «l’esercito americano non è preparato ad affrontare una guerra di propaganda combattuta nell’Era di Internet». Dietro molte delle grandi storie si rinviene la ricerca di un Nuovo Ordine Mondiale. La Russia, ma soprattutto l’India e la Cina stanno crescendo a dismisura. Il Celeste Impero subentra al Regno Unito, al quarto posto nella classifica delle maggiori economie, dopo Usa, Giappone e Germania.
STEVE CHENSTEVE CHEN

A cinque anni dallo scoppio dello scandalo Enron, i due maggiori responsabili sono stati condannati e uno è morto di crepacuore. Il prezzo del barile di petrolio ha raggiunto (in agosto) quota 78,8 dollari; l’onnipotente n. 1 della Banca Federale Usa, Alan Greenspan, si è ritirato; mentre Bill Gates annuncia che intende farlo nel 2008. Il pianeta Terra, con a bordo i suoi 6,5 miliardi di umani, nonostante appaia abbastanza turbato da eruzioni vulcaniche, cicloni, tsunami, inondazioni, desertificazioni e scioglimento dei ghiacciai, continua il suo interminabile viaggio nell’infinito e sconosciuto universo. YouTube, oltre a documentare ampiamente ogni disastro ecologico, ospita anche circa 50.000 videoclip, rintracciabili con il tag «Ufo», in cui vengono mostrate a milioni di utenti molte astronavi a disposizione di diverse razze extraterrestri.

15/Continua...


AGO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 16° PUNTATA - LA CENSURA DELL’IRAN - “AS ONE”: GLI UTENTI SCENDONO IN PIAZZA A HOLLYWOOD PER RIVENDICARE I LORO DIRITTI DI YOUTUBER E L’INDUSTRIA DEL CINEMA SI DIVIDE - L’INDIA INSORGE E LA TURCHIA OSCURA IL SITO: “GHANDI E ATATÜRK NON SI TOCCANO” - YOUTUBE NELL’OLIMPO DI DAVOS CON I PIù GRANDI, MA QUANDO SI PARLA DI COSE SERIE LA COMUNITà SCOMPARE - ANCHE AL-QAEDA CARICA VIDEO...

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI

Videoblog di Glauco Benigni
http://www.youtube.com/user/glaucobenigni/featured



1 - CI VEDIAMO A HOLLYWOOD...
Il 2007 si apre nella nuova sede di San Bruno con un nuovo problema da affrontare. Vi ricordate la citazione di Ginsberg che aveva ispirato i Fondatori: «YouTube non è indirizzata alle nazioni, ma a quegli individui che vivono nelle nazioni il cui intento non è alzare frontiere ma abbatterle»? Be’, si adatta perfettamente a quanto sta accadendo in Iran, nazione in cui le autorità hanno bloccato, agli utenti presenti nel proprio territorio, l’accesso a YouTube e ad altri siti simili. Motivo?
YOU TUBEYOU TUBE

Impedire la diffusione di musica, film e immagini in genere, non conformi alle leggi islamiche e alla morale corrente. Prima o poi doveva succedere. E non sarà l’unica volta né tantomeno l’unica nazione. È il segno che l’avventura YouTube ha varcato i confini politici Usa e comincia massicciamente a incidere in altri territori. Tant’è che nel giorno della Befana, nella calza dell’ufficio legale di YouTube, si rinviene un grosso pezzo di carbone, stavolta in arrivo dal Brasile.

Lo manda la modella e VJ di MTV, Daniela Ciccarelli, nota alle cronache rosa come l’ex fidanzata di Ronaldo. Quel giorno un’ingiunzione, inviata dai legali della modella, chiede che YouTube venga reso inaccessibile sul territorio brasiliano fin quando ogni copia del video incriminato non sia rimossa. Nel filmato la bella Daniela e il suo partner del momento fanno sesso su una spiaggia spagnola. Sfortunatamente per loro un paparazzo è riuscito a registrare le loro performance.

Per niente sconfortati i Ragazzi di San Bruno rispondono con la prima mobilitazione «fisica» della Comunità, chiamando a raduno gli youtuber d’America e di tutto il mondo a Hollywood. Ognuno è invitato a partecipare a una allegra manifestazione, il cui titolo, stavolta mutuato dalla frase di John Lennon «and the world will be as one» (e il mondo sarà uno solo), è appunto As One. Gli slogan fioccano numerosi: «Noi siamo YouTube»; «Qualcuno cerca amici, qualcuno cerca la fama, eccoci qui»; «Il mondo ci guarda» eccetera. Gli youtuber sono felici di incontrarsi, ognuno filma tutto quello che può e poi lo invia diligentemente al sito.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Probabilmente l’industria cinematografica considera la manifestazione fatta a casa sua come una chiamata in causa diretta, una sollecitazione a prendere più apertamente posizione rispetto al fenomeno. E la Mecca del cinema a questo punto si divide in due. Una parte decisamente pro YouTube, l’altra decisamente contro. Nella prima si schierano molti manager addetti alla promozione e al marketing, i quali sostengono che, grazie al sito, si può arrivare prima e meglio agli spettatori e convincerli ad andare al cinema.

La loro strategia prevede che il rapporto tra gli Studios e YouTube passi attraverso la fornitura di immagini già predisposte e impacchettate, in modo tale che non ci sia né violazione di copyright né tantomeno danni di immagine, ma solo aumento di visibilità. In sostanza questa parte considera YouTube un potente medium al quale gli uffici stampa possono fornire il materiale adeguato ...e basta. Alcuni manager di Time Warner e 20th Century Fox cominciano dunque a intavolare discussioni finalizzate a trovare accordi che comunque prevedano filtri e controlli, tali da evitare violazioni.

Dall’altra parte invece si schierano «contro» coloro i quali elencano eclatanti casi di violazione del copyright, a causa dei quali si perdono denari. Uno dei casi più citati è 8 Mile, interpretato dal rapper Eminem (70 milioni di dischi venduti). Il film, spezzettato in 12 parti da 9 minuti l’una, è stato cantato da un pischello, che si firma Yosickoyo, verso la metà del 2006 ed è stato visto milioni di volte.

La Universal Pictures, che l’aveva distribuito nel 2002, non apprezza affatto. Ha chiesto e ottenuto la rimozione quando il guaio era già stato fatto, e da quel momento paga tre impiegati affinché controllino tutti i giorni YouTube. I tre hanno scoperto 1000 pezzi illegali al mese. Nell’area «contro» si rinvengono anche, come già accennato, registi, scrittori e attori rappresentati dai loro sindacati e, tra questi, il Directors Guild of America, autorevole sindacato dei registi fondato nel 1936 da gente del calibro di King Vidor e Frank Capra, mantiene la linea più dura.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtube

«Proteggeremo aggressivamente i nostri membri» fa sapere il loro presidente «sia dal punto di vista creativo che economico». Attenzione, si sta verificando qualcosa di strano: i cosiddetti «vecchi talenti», nonostante la loro riconosciuta tolleranza e le loro tradizioni democratiche, non si adattano proprio all’idea di chiudere un occhio e dare spazio ai cosiddetti «nuovi talenti», specialmente nei casi di mashed up, cioè ardite riedizioni e fantasiosi rifacimenti delle loro opere. E comunque: YouTube è di Google... Pagassero!

Lo scontro dunque ha diverse sfumature. È generazionale, è stilistico, è economico, e va a intersecare i due diversi aspetti del diritto: d’autore e di produttore. Se alcuni grandi produttori possono considerarsi in parte soddisfatti dalla promozione, gli autori si ritengono solo sbeffeggiati e derubati dalle orde di youtuber.

In ogni caso, anche fra i vecchi talenti qualcuno la pensa diversamente. Chi rompe decisamente il fronte è Robert Redford, che nel suo ruolo di gran patron del Sundance Film Festival accetta un accordo con YouTube per mostrare ogni giorno videoclip della manifestazione di cinema e documentari che si tiene ogni gennaio a Salt Lake City e alla quale partecipa l’élite dei filmmakers indipendenti.

Il 14 gennaio 2007, a Varanasi nel Nord dell’India, un gruppo di studenti universitari fermano un treno. Contemporaneamente nel Gujarat si tengono sit-in di protesta contro YouTube. Perché? Perché un comico indiano, Gautham Prasad, nel tentativo di essere simpatico, ironico e disinvolto, dopo essersi truccato e aver indossato i panni del Mahatma Gandhi, si è fatto filmare in un paio di performance ritenute, a dir poco, oltraggiose secondo la rigida morale di circa un miliardo di persone, ovvero tutti coloro che considerano l’Apostolo della non violenza il Padre della moderna India. Insomma, Gandhi non si tocca.

Non si deride. Non si può utilizzare per macchiette e sciocchezze da mimo-clown. Rappresentarlo con una mitragliatrice in mano mentre si concede a libagioni circondato da donne discinte o vederlo ballare come un ossesso è «vilipendio al Padre della Nazione», anche secondo il governo. Si minaccia di oscurare il sito se il clip non verrà prontamente rimosso.
STEVE CHENSTEVE CHEN

2 - A DAVOS, A DAVOS...
Sono passati solo sei mesi dal giorno in cui Chad ha espresso la sua opinione al Media summit dei banchieri d’affari d’America. «Sto parlando con i potenti», avrà pensato, ed era tutto contento. Immaginiamo dunque quanto sia felice quel giorno di fine gennaio 2007, quando sale su un aereo che lo porta in Svizzera. Non sappiamo se era un aereo di linea o un jet privato, magari quello di Eric Schmidt, messo a disposizione dalla Google, sappiamo solo che dopo l’atterraggio sale su una limousine, o forse su un elicottero, e si dirige a Davos.

Qui giunto viene identificato dalla security e finalmente, con il suo badge appeso al collo, si dirige nei saloni dove si tiene il World Economic Forum.
Chad è lì per partecipare all’incontro annuale, che si tiene dal 1971, al quale si recano: i più influenti leader mondiali in rappresentanza di governi, sindacati, religioni e (poche) ONG; i manager delle grandi imprese multinazionali del mondo; gli intellettuali maggiormente organici al modello di sviluppo occidentale e altri VIP accuratamente selezionati.
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Tutti questi signori sono inoltre affettuosamente circondati da 600 giornalisti che li ascoltano devotamente, li filmano, li registrano e tentano di leggere nei loro remoti pensieri. Durante questo convegno privato, attorno al quale rombano manifestazioni organizzate da no global di tutto il mondo, questa piccola minoranza di potenti decide sulle priorità politiche, economiche e ambientali, e si aggiorna reciprocamente sulle strategie da perseguire. Davos è una specie di Olimpo insomma, un po’ concilio dei semidei e un po’ assemblea delle élite planetarie. E in tale contesto il nostro eroe è stato invitato a discutere sull’impatto del Web 2.0 e dei modelli emergenti di social network.

Chad sale su un palco, si siede, si guarda intorno con disinvolta curiosità. Seduti accanto a lui ci sono William H. Gates III (Mr. Microsoft); la signora Viviane Reding (Commissario Informazione e Media dell’Unione Europea); Mark Parker (presidente della Nike); Caterina Fake (fondatrice di Flickr) e Dennis Kneale (giornalista di Forbes che modera il dibattito). Un bel parterre, non c’è che dire. Per un’ora i sei si scambiano opinioni e informazioni abbastanza note. Tutto normale.

Ciò che non è normale - come verrà rilevato da un gruppo di agguerriti youtuber - è che la registrazione video verrà caricata sul sito solo sei mesi dopo, il 17 luglio 2007. Per ottenere cosa? 42 visionamenti in un mese e 1 commento! «Sconfortante» a detta della parte più impegnata della Comunità.

In un successivo intervento, della durata di circa 1 minuto e mezzo, Chad rilascia invece due notizie. La prima è che YouTube si doterà di un sistema audio fingertips (un sistema di riconoscimento simile a quello che consente di identificare le impronte digitali) che lo metterà in condizione di riconoscere la musica e l’utente che l’ha caricata. La seconda è che dividerà i proventi della pubblicità con gli utenti così identificati.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

«Non viene chiarito un aspetto rilevante. In che percentuale saranno divisi tali proventi?» si fa notare da più parti. Il video è stato caricato il 29 gennaio 2007, è stato visto 430 volte e ha ottenuto 2 commenti. «Ancora più sconfortante» dice la parte più impegnata della Comunità. Perché? La risposta è in diversi blog secondo i quali: «Il segno inquietante è: dov’è la Comunità quando si parla di ‘fatti seri’?»

E inoltre: «La quasi totalità dei membri appare disponibile a visionare milioni e milioni di volte qualsiasi cosa li intrattenga, ma non si rivela interessata a partecipare a questioni strutturali, come se queste non li riguardassero. L’appello del Time: ‘Tu sei l’Uomo dell’Anno e la democrazia digitale si fonda sulla tua partecipazione’ cade in tal modo miseramente nel vuoto e tutto, ancora una volta, si ammanta di populismo e demagogia digitale». Commenti duri quindi, ma importanti e puntuali.

In sincronia con le preoccupazioni espresse, lo stesso giorno in cui Chad comunica ai partecipanti del World Economic Forum le sue ipotesi di condivisione dei proventi pubblicitari, succede un fatto inquietante. Sul sito si è rinvenuto un video inviato da uno dei capi combattenti sciiti che si fa chiamare Abu Deraa. L’uomo vive a Sadr City e sostiene Moqtada Al Sadr. Il video è un «messaggio trasversale» lanciato contro una personalità sunnita. In questi casi la democrazia digitale che fa?

3 - DALL’EFFETTO CNN ALL’EFFETTO YOUTUBE...
Esiste una parte della Comunità di base che prende le distanze dal puro intrattenimento, che dà inizio a un’analisi strutturale del fenomeno YouTube, che monitorizza le relazioni tra i vertici della società e i potenti e che non si accontenta del generico «divideremo i proventi con gli utenti», ma chiede dettagli sulle ripartizioni. La stessa parte sottolinea un altro dei ruoli che YouTube ha, inconsapevolmente o suo malgrado, assunto: un ruolo di medium che trasporta rilevanti informazioni geopolitiche.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

Costoro menzionano per esempio un videoclip girato, a quattromila metri d’altezza, su una montagna dell’Asia, al confine tra Tibet e Cina. In esso si vede una lunga fila di persone intirizzite, malvestite e in parte coperte dalla neve, che cammina lungo un costone nel silenzio totale rotto solo a tratti dal sibilare del vento. Improvvisamente si sente uno sparo, si vede una figura cadere e una voce fuori campo dice: «Li stanno ammazzando come cani».

Poi un altro colpo e un altro corpo resta inerte nella neve. Dopo poco i corpi vengono raggiunti da militari vestiti con uniformi cinesi che si chinano a verificare l’avvenuta morte. Le immagini sono state catturate da una spedizione di alpinisti che scalava l’Himalaya. Sono state dapprima divulgate dalla Tv romena e poi caricate su YouTube da qualcuno. Da lì hanno fatto il giro del mondo. Alcune organizzazioni umanitarie sono insorte, alcuni ambasciatori di governi occidentali a Pechino hanno inviato note di protesta costringendo il governo cinese a inventare scuse decisamente improbabili.

Anche i narcotrafficanti messicani hanno, oltre ai mitra, imbracciato le videocamere e filmano gli scontri a fuoco con le gang rivali. Da mesi su YouTube circolano video di sanguinose battaglie con tanto di colonna sonora tratta dalle tradizioni del folklore locale.
Sono solo due episodi. Ma ne esistono centinaia, se non migliaia, all’interno di YouTube e tutti insieme generano quello che viene definito, dal bimestrale Foreign Policy, «l’effetto YouTube».

«La maggior parte dei videoclip sono frivoli» scrive in quell’occasione Moises Naim «prodotte da e per i teenager. Ma molte sono serie... inviate dai combattenti islamici (e divulgate da Al Jazeera), o da gruppi umanitari o da soldati al fronte. Alcuni mostrano incidenti che hanno conseguenze politiche o documentano trend quali il riscaldamento globale, l’immigrazione illegale o episodi di corruzione. Qualche clip rivela la verità. Altri seminano disinformazione, propaganda e bugie. Tutti però fanno parte dell’effetto YouTube».

Quindici anni fa, al tempo della Prima guerra del Golfo, era esploso l’effetto CNN, che aveva condotto alcuni primi ministri a sedersi di fronte alla Tv per sapere cosa stava succedendo. Oggi però si comincia a parlare di una doppia eco: la prima quando la Tv riprende video presenti nel web, la seconda quando accade il contrario. L’organizzazione umanitaria Witness, che ha deciso di cavalcare il fenomeno, sta dotando di videocamere tutti i suoi membri presenti nelle zone di conflitto.

La stessa Al Qaeda ha creato una unità speciale di produzione detta Al Sahab (la Nuvola), che abitualmente invia video a YouTube, una parte dei quali vengono trasmessi dalle Tv di massa. Alcuni governi si stanno dunque interessando al problema e tra questi, come già accennato, il governo Usa figura in prima linea e ha attivato un osservatorio presso il Pentagono.

A corollario di queste considerazioni, nei primi mesi dell’anno, YouTube viene interdetta in tre nazioni. A seguito della divulgazione di un filmato in cui si vede una ragazza diciassettenne aggredita alla periferia di Melbourne, il governo australiano bandisce YouTube in tutte le scuole pubbliche di Victoria. La mossa si inscrive all’interno della grande battaglia contro il bullismo, un fenomeno che purtroppo ha da subito individuato nel sito una eccezionale cassa di risonanza.

Il 6 marzo la Turchia blocca invece l’accesso a YouTube «per aver pubblicato video offensivi» nei quali si insinua la presunta omosessualità del padre fondatore della moderna Turchia, Atatürk, e dei turchi in genere. Il video in questione era stato amplificato dalla CNN turca. In seguito il procuratore di Istanbul chiamerà in giudizio i proprietari di YouTube per offese alla cultura turca. La corte ha sospeso l’accesso al sito in attesa della rimozione del video. I legali di YouTube hanno documentato l’avvenuta rimozione del video e tre giorni dopo l’accesso è stato riabilitato.

L’8 marzo YouTube viene oscurato in Thailandia. Si ritiene che il divieto all’accesso sia dovuto all’intervista, divulgata dalla CNN, al primo ministro Thaksin Shinawatra. Il governo non smentisce né conferma il motivo della censura. YouTube tornerà a essere accessibile tre giorni dopo. Il 3 aprile, durante la notte, il sito viene nuovamente oscurato in Thailandia. Il governo ritiene che un clip, in cui compare il re Bhumibol Adulyadej, sia offensivo. Tuttavia fonti ufficiali assicurano che, a seguito della cancellazione, il sito tornerà a essere visionabile. Il blog tecnologico Mashable, ritenuto autore dell’uploading, è stato a sua volta chiuso.

Il problema esiste. È enorme. E non si risolverà facilmente.
Per contro, nell’immensa arena della politica planetaria, YouTube offre anche opportunità impensabili a piccoli e grandi eroi di battaglie democratiche. Uno dei video più cliccati di fine marzo 2007 è: I have a YouTube dream. Ne è protagonista un ragazzo sudafricano che ha riproposto una versione aggiornata di I have a dream, l’indimenticabile discorso del 28 agosto 1963 di Martin Luther King. Parafrasando il grande leader dei neri d’America (che peraltro è presente in quasi 2000 videoclip in YouTube) il ventottenne Khayav recita con una grande energia: «Ho un sogno oggi! Ho un sogno YouTube!

Che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli dei programmatori di computer e i figli degli ex uomini delle pulizie potranno sedersi alla stessa postazione e lavorare in fratellanza; che un giorno i miei cinquanta video che sono sul sito non verranno più giudicati in base al colore della pelle di colui che li ha realizzati, ma in base ai loro contenuti; che un giorno i ragazzini e le ragazzine nere possano collaborare a un video con i ragazzini e le ragazzine bianche e vivere come fratello e sorella». Khayav riceve purtroppo anche molti commenti razzisti, segno del fatto che la Comunità YouTube non è ancora completamente immune, ma il suo messaggio antiapartheid è stato visto circa mezzo milione di volte.

16/ Continua...

GO PRESENTA: "YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI, 17° PUNTATA - VIACOM SI ARRABBIA SUL SERIO - IL CHELSEA E LA NBA SCENDONO IN CAMPO - “YOUTUBE È DEMOCRAZIA”: SBARCA SUL SITO IL DIBATTITO FRA 7 CANDIDATI ALLE PRESIDENZIALI USA - I DUE “BRAND CHANNEL” DELLA BBC: UN PONTE FRA EUROPA E AMERICA - È LA GOCCIA: VIACOM DENUNCIA YOUTUBE PER VIOLAZIONE DI COPYRIGHT E CHIEDE 1 MLD $...

"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
Videoblog di Glauco Benigni
http://www.youtube.com/user/glaucobenigni/featured


1 - LA VIACOM FA LA VOCE GROSSA...
Al suo rientro da Davos Chad si trova sul tavolo una bomba a orologeria che i suoi legali non riescono a disinnescare. I cani da guardia del recinto Viacom hanno smesso di abbaiare e cominciano a mordere. «Su YouTube esistono 100.000 video illegali di nostra proprietà, che sono stati visti dai vostri utenti 1 miliardo e 200 milioni di volte. A molti di questi è stata abbinata pubblicità e quindi hanno reso denaro. Adesso basta» dicono con una certa foga.

«Vogliamo i soldi che ci spettano. Da mesi dite che state mettendo a punto un sistema di filtro e riconoscimento dei filmati, ma non si vede alcun effetto concreto. Se riuscite a filtrare pornografia e violenza perché non riuscite a riconoscere i pezzi di nostra proprietà?» YouTube replica la solita canzoncina: «Noi cancelliamo tutto quello che ci viene richiesto esplicitamente» ma si capisce che stavolta è in difficoltà.
YOU TUBEYOU TUBE

La questione viene momentaneamente accantonata perché, nel frattempo, molti altri soggetti stanno concludendo negoziati con YouTube e vogliono annunciare la firma degli accordi raggiunti. Le compagnie telefoniche bussano alla porta. Vodafone dal 9 febbraio consente ai suoi utenti l’accesso a YouTube dai loro telefonini; la Nokia si affretta a dire, alla grande fiera tecnologica di Barcellona, che i suoi nuovi modelli della serie N sono ideali sia per filmare che per caricare su YouTube.

Alla fine di marzo 2007 gli youtuber decretano la prima vera star europea. È l’ultima discendente di una dinastia di donne che incarnano la confluenza tra il sogno erotico, la seduzione discreta e il bon ton. E chi può essere se non la conduttrice di un telegiornale francese? Melissa Theuriau, presto detta «Melissa T.», ventotto anni, è il più bel mezzo busto della Tv all news LCI. La Comunità guarda e ascolta incantata le informazioni lette da lei (senza sottotitoli) e si bea dei suoi sorrisi e della sua r di Grenoble.

Le edizioni dei suoi Tg vengono religiosamente registrate perfino in Cina, dove giungono via satellite, scrupolosamente purgate di ogni altra immagine intrusa e puntualmente riproposte sul sito. Quasi un milione di visionamenti hanno fatto di lei Lady YouTube 2007. «Non avrei mai immaginato che parole quali ‘George Bush’ o ‘Iraq’ potessero essere pronunciate in modo così sexy» commentano i suoi fan.

Grazie allo charme francese e ai colossi europei dell’industria telefonica le porte del vecchio continente si stanno aprendo a YouTube. Le pagine dei giornali di Londra e il sito della BBC, in primis, si riempiono di notizie sul sito di videosharing che ha sconvolto l’America e, a quel punto, la prima grande squadra di calcio vuole entrare nel gioco.

Il Chelsea Football Club, che già da tempo si rivolge ai suoi tifosi dal Canale Chelsea Tv, trasferisce parte dei suoi contenuti su YouTube, in particolare notizie e filmati d’archivio. La risposta degli sportivi americani non si fa attendere e, dopo la lega di hockey, approdano sul sito anche i video della lega di pallacanestro, la potentissima e amatissima NBA, che invita ognuno a mostrare sul sito qualsiasi partita e partitella di pallacanestro fatta in casa. Considerando la popolarità del gioco nei suburbi Usa, potete immaginare la massa di filmati che cominciano a giungere. Si estende l’area: dall’intrattenimento musicale allo sport, a una velocità sorprendente, e ai talenti artistici in attesa di riconoscimento si vanno ad aggiungere legioni di giovani atleti che vogliono mettersi in mostra.

Le fila degli youtuber continuano dunque a ingrossarsi e la popolarità del sito si mantiene alta. I Ragazzi di San Bruno pensano allora di convocare la seconda manifestazione dei propri utenti. Ma stavolta capiscono che sarebbe meglio farla in casa propria. La città prescelta per contarsi, fare teatro, ballare, suonare e filmarsi a vicenda è dunque San Francisco, al Pier 39. In quell’occasione viene annunciato che la Comunità ha raggiunto i 30 milioni di visitatori unici al mese.
il fondatore di youtubeil fondatore di youtube

Una frase risuona in quei giorni: «YouTube ha bisogno dei vecchi media molto meno di quanto questi non abbiano bisogno di YouTube». Secondo la società di ricerche Hitwise, del resto, l’audience di YouTube, dopo l’inasprimento delle relazioni con Viacom, è salita del 14%. Perché? Non si sa con precisione, ma gli analisti adombrano che: «L’identificazione con YouTube dell’area anagrafica più giovane si rafforza ogni qual volta il sito viene attaccato dagli anziani della tribù». È già successo nel ’68, è successo con il movimento beat, con il rock’n’roll, con il punk e in qualche modo con le sostanze stupefacenti. Di che meravigliarsi?

Gli youtuber non sono certo un movimento politico, e l’asfittico dibattito «YouTube è di destra o di sinistra?» non è mai stato evocato da nessuno. Ma gli youtuber, o per lo meno gran parte di loro, votano. E prima di votare alle imminenti presidenziali americane del 2008, vogliono esprimersi, porre questioni, portare all’attenzione del mondo la loro interpretazione della società e della storia. Quindi? «Diamo loro un’opportunità» deve aver detto qualcuno che poteva dar seguito alle proprie proposte.

2 - YOU CHOOSE ’08. BINGO!...
Il 1° marzo 2007 l’indaffarato ufficio stampa di YouTube se ne esce con un comunicato: «I candidati alle elezioni presidenziali Usa del 2008 fanno leva sul potere della democrazia digitale per raggiungere le masse». Bingo! Già gli elementi del titolo fanno riflettere: «far leva», «potere della democrazia digitale», «masse». Quest’ultima parola sembra rispolverata dal lessico di alcune stagioni del secolo scorso. «Le masse», come «gli operai» e «i contadini», non esistono più da tempo nel linguaggio politico, sono state sostituite da: «i consumatori», «gli utenti», «gli elettori», «i civili di nazioni alleate» eccetera.

La parte centrale invece è assolutamente contemporanea, anzi, si proietta nel futuro con una certa disinvoltura e si autoesalta, sostenuta dal postulato che la democrazia digitale ci sia sul serio (il che purtroppo resta tutto da dimostrare), e raggiunge il suo obiettivo multitarget. Gli youtuber si sentono finalmente portatori di verità democratiche e i cosiddetti politici non possono rifiutare di accettare la sfida sul terreno che arano da sempre: la democrazia.

Chi ci rimette sono i vecchi media che rischiano di mediare sempre meno e che appaiono improvvisamente scavalcati a destra, a sinistra, al centro. Possono solo stare a guardare e assistere alle gesta di un UGM (Medium Generato dagli Utenti) che cortocircuita il rapporto tra «masse» e «politica», realizzando quell’ennesimo sogno che i vecchi media, per motivi tecnologici, ma non solo, non hanno mai potuto tradurre in realtà. Al di là di arruffate telefonate in diretta, fax senza anima e email da quattro righe, che interrompono alcuni talk show e che consentono agli invitati politici di «interagire» con gli elettori, i vecchi media non si sono mai spinti. YouTube sta dunque manifestando un’ennesima forte accelerazione che gli conferirà diversi vantaggi.

Come vedremo in seguito, ci sarà bisogno «anche» di una Tv di massa per raggiungere il miglior risultato, ma quel 1° marzo la scena che si presenta è limitata all’uso del sito. E sembra un’enorme scena. I due senatori che per primi gioiosamente accettano sono: Hillary Clinton, candidata per i democratici nel distretto di New York, e John McCain, candidato per i repubblicani nel distretto dell’Arizona. Così almeno recita il comunicato stampa di YouTube.
CHAD HURLEYCHAD HURLEY

Ma nella stessa mattinata, come per miracolo, la Associated Press fa sapere che non sono solo due ad aver accettato, ma anche: Rudy Giuliani e Mitt Rodney (repubblicani) e John Edwards, Barak Obama e Bill Richardson (democratici), per un totale di sette. I magnifici sette. Chad non si astiene dal commentare: «Nella sua massima espressione YouTube è democrazia, è autoespressione, e noi siamo fieri di fornire ai politici un ambiente in cui scambiare informazioni con i votanti». «Sarà un dialogo» precisa Jordan Hoffner, uno dei nuovi direttori di YouTube «su questioni che veramente interessano ogni individuo».

Importanti politici americani, nelle trascorse tornate elettorali, avevano avuto brutte esperienze con Internet, specialmente a causa di alcune loro videoperformance che erano circolate da un computer all’altro, quindi poteva essere rischioso. Ma: «Non puoi sottrarti» si rincuorano l’un altro, «ci sono due aree di audience altamente strategiche che frequentano YouTube: i giovani e i giornalisti. Non puoi sottrarti».

Nel primo annuncio si parla di candidati che avrebbero potuto allocare loro video nel sito, di commenti alle loro affermazioni, sia scritti che filmati, e di videodomande che gli youtuber avrebbero posto ai candidati. Si chiarisce poi che il sito è aperto a candidati appartenenti a partiti legalmente registrati ma anche a gruppi di opinione schierati pro o contro i candidati. Quel giorno YouTube conquista le prime pagine dei giornali di molte nazioni; e l’indomani pure, a causa di un altro storico annuncio.

3 - «SIAMO LA BBC. È QUI LA FESTA?»...
«Faremo due brand channel all’interno di YouTube» dicono i manager della BBC e della BBC Worldwide, che si occupa di diffondere il segnale in tutto il mondo. «Ovviamente il rapporto non sarà in esclusiva e il controllo editoriale dei canali resterà alla BBC».

L’alleanza comprende tre diversi elementi:
1) clip dei nuovi programmi della BBC con obiettivi promozionali;
2) un canale di intrattenimento, chiamato BBC Worldwide, che ammette una quantità limitata di pubblicità;
3) un canale commerciale, a caccia di pubblicità, detto BBC World, che offre trenta nuovi videoclip al giorno di notizie e analisi da tutto il mondo. Quest’ultimo canale sarà visionabile solo al di fuori del Regno Unito. Gli utenti potranno commentare i clip, raccomandarli agli amici e inviare video di risposta agli argomenti affrontati. Entrambi i partner ovviamente ottengono vantaggi.

YouTube infila un’altra perla, bella grossa e lucente, nel suo rosario di accordi: viene riconosciuto quale soggetto affidabile da una rete Tv pubblica di grandi tradizioni e stabilisce con essa una collaborazione non più limitata a promozioni stagionali ma estesa nell’arco degli anni.
lapresse youtube Chad Hurley Steve Chenlapresse youtube Chad Hurley Steve Chen

La BBC, dopo un serrato dibattito sull’inserimento o meno di pubblicità nelle sue emissioni, conquista l’opportunità di aumentare il proprio finanziamento nell’area internazionale, di sperimentare, come sottolinea il suo direttore generale Mark Thompson, «una grande quantità di contenuti corti e di imparare il comportamento delle nuove audience». L’accordo ottiene una vasta eco in Europa. La vecchia signora, decana delle Tv pubbliche europee, è scesa decisamente in campo e apre la strada a una serie di altri accordi fra YouTube e altre Tv europee del vecchio continente. Poche settimane dopo la Tv spagnola Cuatro debutta con un proprio canale all’interno di YouTube.

È un passaggio classico: il Regno Unito, dalla fine della Seconda guerra mondiale, è il ponte inevitabile tra Usa e Europa per realizzare l’esportazione di modelli mediatici detti «innovativi». A metà degli Anni ’60 toccò all’Inghilterra ospitare la prima Tv commerciale d’Europa e da quel cavallo di Troia uscì qualsiasi inserzionista pubblicitario multinazionale; nella prima metà degli Anni ’80 fu ancora Londra a ospitare la prima Tv ricevibile da satellite firmata Murdoch, e oggi è la BBC a cavalcare le nuove opportunità per poi estenderle alle altre Tv pubbliche in Europa.

Nonostante l’aperta adesione da parte della rete pubblica, il governo inglese a metà aprile non si astiene da vibranti proteste nei confronti di YouTube. In un clip si vede un alunno che insegue un insegnante e gli tira giù i pantaloni mentre la classe sghignazza senza ritegno. E quindi il Ministro per l’Educazione, Alan Johnson, chiede di non limitarsi a rimuovere i video su segnalazione, ma di inventare qualcosa «che stronchi il bullismo nelle scuole».

Per esempio: «Cominciamo con il sequestro dei cellulari in classe». E poi: «Stiamo parlando di grosse aziende» dice dagli schermi della BBC. «Hanno una responsabilità sociale e l’obbligo morale di intervenire». Si apre un altro fronte ma, anche in questo caso, non si intravedono soluzioni a breve, tanto che il bullismo rischia di diventare un «genere».

4 - «RAGAZZI, CI DOVETE 1 MILIARDO DI DOLLARI» DISSE LA VIACOM...
Chad, nel recente passato, a proposito delle violazioni del copyright, aveva detto: «Ci vorrebbe un intervento del governo». Ma la Viacom non è proprio disposta ad attendere i tempi lunghi dell’autorità, tant’è che, dopo aver assistito al languido abbraccio tra YouTube e BBC, i legali della major chiamano definitivamente in giudizio Google-YouTube per «enorme violazione internazionale di copyright» (massive international copyright infringement) e li invitano a presentarsi davanti a un giudice di New York.

«Ci dovete dare 1 miliardo di dollari perché state utilizzando senza la nostra approvazione 160.000 videoclip di nostra proprietà che sono stati visionati un miliardo e mezzo di volte dai vostri utenti. Ci risulta che li avete anche usati per abbinamenti pubblicitari, quindi state guadagnando denaro».
CHAD HURLEY E STEVE CHENCHAD HURLEY E STEVE CHEN

Il governo forse non c’entra direttamente ma l’Autorità per le comunicazioni in Usa (FCC) c’entra eccome, perché la questione coinvolge direttamente l’interpretazione della clintoniana Legge sul Copyright del 1998. Come già accennato, tale legge mette in qualche modo al riparo i gestori dei siti web e gli ISP (Internet Service Provider), concedendo loro un «porto libero» (safe harbor) che può però essere utilizzato solo in caso di «buona fede» e a certe condizioni.

Gli ISP e i siti web non possono prevenire le violazioni, perché non possono monitorare le azioni di ogni loro utente, specialmente quando sono decine di milioni, ma devono subito rimuovere il materiale illegale ogni volta che i proprietari del copyright notifichino la violazione. L’abbiamo scritto più volte, ma si tratta di uno degli aspetti chiave di tutta la vicenda YouTube e quindi preferiamo ripeterlo. YouTube rimuove a ogni richiesta, ma spesso il materiale illegale ricompare nel sito perché gli youtuber lo rinviano.

A questo punto, dicono i legali di Viacom: «YouTube è in buona fede? Secondo noi no!» «Noi siamo perfettamente in buona fede» rispondono i legali di Google-YouTube, «tant’è che neghiamo definitivamente l’accesso a ogni utente che commette violazione per più di due volte, e questa regola è chiaramente specificata nei nostri Termini d’uso che devono essere preventivamente approvati dagli utenti».

Si racconta che il giudice di New York in quell’occasione sia stato piuttosto imbarazzato nell’esaminare gli atti: la norma del safe harbor c’è, e cambiarla non è facile. Una norma simile era stata adottata anche dalle autorità europee per armonizzare il mercato e le relazioni Usa/UE. Dimostrando che Google ha guadagnato usando i video illegali però viene a mancare l’altra gamba della norma, il concetto di fair use. Ma la pubblicità non è inserita direttamente nei video: è a lato. Quindi come verificare che chi guarda quel video guarda anche la pubblicità a lato? E inoltre: YouTube cancella su richiesta, poi nega l’accesso al violatore di copyright, se recidivo, ma... se questi cambia identità e invia da un’altra postazione?

Esistono ovviamente dei precedenti. Nel 2005 la Corte Suprema - e comunque s’era dovuti arrivare a quel livello di giudizio - aveva condannato i siti Grokster e Streamcast. Ma nel caso di YouTube «ci sono chiari ed evidenti avvisi che dicono agli utenti di non inviare materiale illegale» dice Struan Robertson, esperto di legge e tecnologia, «il problema è che gli utenti possono ignorarli». D’altra parte «YouTube e Google possono dimostrare di aver utilizzato filtri e di aver rimosso materiale illegale, ma evidentemente non abbastanza prontamente».

Perché? «Perché non gli conviene» ribattono alla Viacom. In sostanza bisogna decidere su alcune questioni molto spinose: 1) Cambiare o non cambiare la norma? 2) Come evitare che gli utenti ignorino deliberatamente i Termini d’uso? (Il che equivale a mettere in discussione l’intera struttura della Comunità). 3) Che vuol dire «prontamente»? 4) La pubblicità a lato è conforme o no al fair use?

Il giudice di New York fa molte telefonate su linee protette e incontra molti esperti, ma è ancora abbastanza interdetto sul da farsi quando, il 15 marzo 2007, viene a sapere che il Pentagono ha deciso di far realizzare alla Multi-National Force in Iraq un canale su YouTube: «Per dare agli spettatori di tutto il mondo una reale prospettiva delle operazioni Iraqi Freedom viste da coloro che stanno combattendo». Così si legge sull’homepage del nuovo canale MNFIRAQ.
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIM

E si legge inoltre: «Vedrete videoclip di azioni vissute e filmate in diretta sul campo, editati solo per ragioni di sicurezza e per evitare immagini tropo violente. E nei prossimi mesi: azioni di combattimento, filmati interessanti, interazione tra le truppe della coalizione e la popolazione irachena, collaborazione con le truppe irachene per combattere il terrore. Non vedrete profanazioni, sesso, materiale offensivo e filmati che deridono le truppe della coalizione, le truppe irachene e la popolazione». Il canale apre con un video della battaglia ad Haifa Street, Bagdad, che, a oggi, è stato visto 1 milione 200.000 volte.

Ma insomma i Ragazzi di YouTube sono rinnegati o eroi? Agiscono ai margini della legalità o no? Forse la loro presenza sta mettendo in discussione il precedente concetto di legalità? Come si può grazie a un mucchio di terabyte e tanta banda larga realizzare contemporaneamente la Fiera Planetaria delle Vanità, la videobiblioteca del Terzo millennio e il Grande Fratello dal Fronte? Ci sono un sacco di cose che continuano a non quadrare. Il caos e l’ordine si aggrovigliano sempre più.

17/ Continua...