Matteo Persivale, la Lettura (Corriere della Sera) 01/04/2012, 1 aprile 2012
COME SARA’ IL FUTURO
«Se nel 1981 mi fossi presentato nell’ufficio di un editore con la proposta di un romanzo di fantascienza ambientato nel 2011 e in quella proposta ci fosse stata una normale descrizione del nostro mondo d’oggi, mi avrebbero detto che era impossibile, che quello descritto era un mondo ridicolo. Privo di senso... Immaginare nel 1981 che il petrolio avrà un effetto destabilizzante sul clima globale, che un’epidemia altamente contagiosa di una malattia letale a trasmissione sessuale avrà effetti devastanti sull’Africa, New York verrà attaccata da estremisti islamici che distruggono due grattacieli e l’America reagisce con due guerre in Medio Oriente e Asia Centrale? L’editore mi avrebbe sbattuto fuori dalla porta... Certo, avrebbero ammesso che dentro quella proposta c’erano una mezza dozzina di trame avvincenti per altrettanti romanzi di fantascienza, ma tutte nello stesso romanzo? Impossibile».
Per spiegarci con sintesi ed eleganza che il futuro non è più quello di una volta ci voleva William Gibson (nella tradizionale intervista che la «Paris Review» americana fa agli scrittori sul loro metodo di lavoro), che con Neuromante (Mondadori) ha battezzato il cyberpunk e ha creato due trilogie di romanzi che raccontano un futuro fatto di megalopoli, di multinazionali che si sono sostituite ai governi, di hacker e droga a volontà. Ma dal 2003 a oggi ha pubblicato un’altra trilogia, la terza, ambientata nell’anno precedente all’uscita del libro. Perché, appunto, il presente ha scavalcato la science fiction.
È ovvio che è sempre esistita una corrente di autori — da Ray Bradbury a J.G. Ballard per arrivare a Gibson — che hanno usato il futuro per raccontare il presente. Ma è altrettanto ovvio che è diventato molto più complicato annusare il futuro in un mondo ad alto tasso di imprevedibilità che, per esempio, se da una parte è sempre più intriso di scienza dall’altra manifesta sempre di più l’influenza della religione.
Di recente ci hanno raccontato il futuro Jacques Attali (Breve storia del futuro, Fazi), Marc Augé (Futuro, Bollati Boringhieri) e Edgar Morin (La via. Per l’avvenire dell’umanità, Raffaello Cortina). Ma forse non resta che fare come Michio Kaku, scienziato titolare della cattedra Henry Semat di fisica teoretica al City College di New York che con ammirevole curiosità e tenacia ha intervistato in modo straordinariamente approfondito trecento degli scienziati più importanti per la Bbc, per Discovery Channel e per Science Channel. Alla fine dei colloqui ha scritto Fisica del futuro. Come la scienza cambierà il destino dell’umanità e la nostra vita quotidiana entro il 2100, Codice editore) per aiutarci a «pensare l’impensabile» come ha scritto la «New York Times Book Review».
Da bambino, Kaku costruì un acceleratore di particelle nel garage di casa e da allora, per fortuna dei suoi lettori (e dei suoi studenti) non ha perso il gusto quasi infantile dello stupore davanti alla scienza, del restare a bocca aperta davanti alle possibilità del futuro. Così Kaku (il professore è anche su Twitter: @michiokaku) accompagna il lettore — con chiarezza ammirevole che tutti avremmo voluto nei nostri insegnanti ai tempi della scuola — attraverso le prospettive delle biotecnologie, dell’intelligenza artificiale, chiedendo a tanti esperti di aiutarci a immaginare lo sviluppo nel loro campo entro i prossimi cento anni. Cartesianamente, ha dedicato i capitoli a «Il futuro dei computer: mente e materia», «Il futuro dell’intelligenza artificiale: l’avvento delle macchine», «Il futuro della medicina: oltre i confini della perfezione», «Nanotecnologia: tutto dal nulla?», «Il futuro dell’energia: energia dalle stelle», «Il futuro dei viaggi spaziali: verso le stelle», «Il futuro della ricchezza: vincitori e vinti» (con brutte notizie per i contemporanei fautori dell’uguaglianza sociale) e «Il futuro dell’umanità». È buffo che il futuro — telecinesi, teletrasporto, invisibilità — assomigli per certi versi a quello che tv e cinema hanno immaginato in Star Trek e Guerre Stellari, cosa che Kaku ha serenamente ammesso in un libro di qualche anno fa (Il futuro imiterà Star Trek). È tragico che per certe malattie — da quelle terribili come alcuni tipi di tumore a quelle da nulla, ma comunissime come il raffreddore — sarà difficile trovare una cura definitiva nel prossimo secolo.
Rivelare tutte le previsioni di Kaku rovinerebbe il gusto della lettura, un po’ come raccontare per filo e per segno la trama di un romanzo pieno di colpi di scena: basti sapere che per chi, come Ray Bradbury, sogna la colonizzazione di altri pianeti, Kaku ha brutte notizie: «È probabile che entro il 2100 saremo riusciti a mandare astronauti sia su Marte sia nella fascia degli asteroidi, e che avremo esplorato le lune di Giove e mosso i primi passi per mandare una sonda verso le stelle. Ma... avremo costruito colonie spaziali? Direi di no», troppo costoso. Poi, nel finale, il professore cede alla tentazione da narratore nell’ultimo, gustoso capitolo: «Un giorno del 2100», dall’alba al tramonto.
Matteo Persivale