Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 01/04/2012, 1 aprile 2012
UNA SOLAR TAX CONTRO GLI SPRECHI - E
adesso? Due anni fa avevamo dato l’allarme sull’incentivazione scriteriata della produzione di energia dalle fonti rinnovabili, soprattutto dal fotovoltaico. Adesso, la frittata è fatta. L’Autorità per l’Energia certifica che, tra oneri diretti e indiretti, a questi incentivi vanno ascritti i due terzi dell’aumento del 9,8% della bolletta elettrica, mentre l’importazione di impianti per il fotovoltaico e, assai meno, per l’eolico pesa per 10-11 miliardi sulla bilancia commerciale italiana. Ma che cosa si può fare, adesso, per non allargare la macchia e, magari, per recuperare qualcosa del pregresso?
In primo luogo, va chiuso il rubinetto. Niente più incentivi per le nuove installazioni a terra. Nel settore elettrico, l’Italia ha già raggiunto i traguardi del 2020. Un miracolo che si spiega con livelli di incentivazione in ritardo sui prezzi reali degli impianti, e dunque tali da regalare sempre, e per vent’anni, un margine fin troppo ampio. Fermiamoci.
Diverso è il caso degli impianti sui tetti delle case e delle piccole aziende, che quasi incidono poco in bolletta. Basterà aggiornare gli incentivi ai costi, registrare chi li chiede e stabilire un tetto annuale di spesa. Questa si dice sia anche l’idea del governo che impegnerebbe 200 milioni l’anno fino al 2014. Qualche ridotto incentivo verrebbe lasciato a biomasse, eolico e piccolo idroelettrico con un ulteriore carico sulla bolletta di 500 milioni l’anno per tre anni. Insomma, nel 2014, a regime, gli incentivi salirebbero a 12 miliardi l’anno e non si andrebbe oltre.
Sono prevedibili forti lamentele da chi avrebbe volentieri approfittato ancora dell’insipienza tecnico-giuridica del governo Berlusconi, sul tema coperto anche da ampi settori del centro-sinistra. Ma il governo Monti ha tutto per resistere. E per rilanciare incentivando la cogenerazione (meglio se legata al ciclo dei rifiuti e al teleriscaldamento) e l’efficienza ambientale degli edifici (vecchia iniziativa del governo Prodi da estendere al settore pubblico, dove lo spreco è la regola, consentendo l’uso delle risorse di parte corrente per pagare gli interventi delle energy saving company). In tal modo, si genererebbe molto più Pil che con il fotovoltaico, e con effetti ambientali probabilmente superiori. Ma che fare sull’immane pregresso?
Ridurre gli incentivi già erogati avrebbe senso economico, ma la retroattività alimenterebbe una marea di cause. Assai meno contestabile sul piano giuridico, invece, sarebbe una Solar Tax sugli extraprofitti del fotovoltaico e, se ne risultano, anche di altre fonti rinnovabili. Sul piano logico, non sarebbe diversa dalla Carbon Tax, auspicata nel mondo dallo stesso Economist. Sul piano pratico, basterebbe applicare la Robin Tax anche ai produttori di energia fino alla soglia dell’autoconsumo elevando in modo consistente l’aliquota. Una Solar Tax non farebbe chiudere nessuna impresa, perché si applicherebbe agli utili derivanti da sussidi esagerati. Non toccherebbe i pannelli sui tetti delle case e delle officine. E potrebbe finanziare un’equivalente riduzione dell’Iva sulla bolletta.
Massimo Mucchetti