Guido Olimpio, Corriere della Sera 01/04/2012, 1 aprile 2012
IL MISTERO DEL SUPER-RUNNER «CAVALLO BIANCO» E’ SPARITO — È
scomparso il «Caballo blanco», il cavallo bianco. Lo hanno visto per l’ultima volta martedì quando è uscito alle 10 per la «galoppata» mattutina lungo i canyon nel Gila National Park, New Mexico. Ma non è tornato e il giorno dopo hanno lanciato l’allarme. Il «Caballo blanco» è Micah True, 60 anni, un ultra-runner. Un gran corridore capace di macinare — a passo di corsa — più di 40 chilometri in terre selvagge, magnifiche ma sopratutto aspre. Ed è quello che voleva fare anche martedì, non appena ha lasciato un piccolo motel nel parco, nella parte ovest del New Mexico. Solo che deve essere successo qualcosa di imprevedibile che ha spezzato la sua maratona. E da quattro giorni lo cercano sui sentieri difficili, in un raggio di quasi 30 chilometri. Alla «caccia» partecipano due elicotteri, un aereo, gruppi cinofili e ranger a cavallo accompagnati da alcuni volontari che conoscono bene l’area. All’inizio tutti hanno scommesso sulle doti di resistenza di Micah e sulla grande esperienza. «Lo vedremo spuntare da qualche roccia, stanco, ma con il suo inconfondibile sorriso», si è augurato un amico. Ma con il passare delle ore sono cresciuti anche i timori.
True è partito in maglietta, calzoncini, scarpe da ginnastica. Più la borraccia con l’acqua. Abbigliamento buono fintanto che c’è il Sole, ma decisamente leggero per la notte. Il freddo diventa glaciale, senza protezione adeguata rischi la vita. E la sola vera speranza è che tutto quello che Micah ha imparato in questi anni possa aiutarlo a tornare a casa.
L’uomo chiamato cavallo non è certo un tipo comune. È diventato il «Caballo blanco», infatti, dopo un incontro con quelli che sono i suoi migliori amici nonché un modello: i Tarahumara, tribù abbarbicata sulla Sierra Madre messicana. Originario del Colorado, appassionato di corsa in terreni «ostili», True ha conosciuto anni fa gli indios ed è rimasto colpito dal loro stile di vita spartano. Vivono con poco, sono abituati sin da piccoli a percorrere (di corsa) lunghe distanze, devono lottare per campare in una terra non troppo generosa. Micah ha così trascorso lunghi periodi nel bellissimo Copper Canyon, in Messico, regione che gli indios spesso devono condividere con bande criminali. E seguendo il «popolo che corre» ha migliorato le sue doti di runner. Poi ha imparato la lingua pre-azteca dei Tarahumara, si è abituato a nutrirsi di cibo semplice (come il mais tostato mescolato a erbe), ha accresciuto la sua capacità di resistenza alla fatica. Ed ha anche fatto propria la cultura del «korima»: se hai bisogno di qualcosa devi fare conto sull’aiuto degli altri. L’acqua da bere, una ciotola con qualcosa da mangiare, un tetto per proteggersi, tutto deve venire dall’offerta — volontaria — di un amico o di chi incontri sul tuo cammino.
La storia di Micah, affascinante e sincera come gli indios, non poteva restare un segreto della Sierra Madre. E infatti si è tramutata nel soggetto di un libro di grande successo, «Born to run», scritto nel 2009 da Christopher McDougall. Un racconto che ha portato molta attenzione su «Cavallo blanco», senza però cambiarne la vita. La celebrità non gli ha fatto dimenticare chi sia e cosa cerchi. Il corridore instancabile si è trasformato in guida part time per condurre appassionati in escursioni lungo il Copper Canyon e in altre zone remote. Lavoro alternato a gare come l’Ultra Marathon e sfide toste in Colorado. Una gara per misurare se stesso ma anche scoprire una Natura che ti rapisce. «Ho visto la bellezza dall’alto, dal basso e attorno a me», è la sintesi perfetta di Micah per spiegare l’emozione delle sue avventure. E far capire che ne valeva comunque la pena.
Guido Olimpio