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 2012  aprile 01 Domenica calendario

SULLA GOGNA FISCALE PASSERA FA IL FURBETTO


Che gli imprenditori guadagnino meno dei lavoratori dipendenti è semplicemente una sciocchezza assoluta uscita irresponsabilmente dal seno del ministero dell’Economia, come ha spiegato ieri Libero. Che però quella sciocchezza se la sia bevuta come acqua di fonte il superministro dello Sviluppo economico, dei Trasporti, delle Comunicazioni e delle deleghe a vanvera, Corrado Passera, è grave. Questo significa che i tecnici hanno ormai imparato il peggiore vizio della politica: parlare di tutto senza essere informati di nulla. Sembrerebbe che un Passera – che pure deve avere studiato e alle spalle ha un curriculum invidiabile – abbia preso già il passo di uno Scilipoti. Anzi, peggio perché ormai Scilipoti ha imparato a tacere quando non sa perfino davanti all’assalto settimanale delle Iene. Invece di dire che non ne sapeva nulla, e quindi non era in grado di commentare i dati, ieri Passera si è lasciato andare a commenti roboanti su questi imprenditori figli di buona donna che in Italia dichiarano meno dei lavoratori dipendenti: «Serve una sanzione sociale», ha detto, «non può essere considerata furbizia non pagare le tasse. Non può essere considerato accettabile che chi ha uno stile di vita di buon livello non abbia poi una sua quota di partecipazione agli oneri pubblici». Prese a sé, erano banalità che possono uscire dalla bocca di qualsiasi cittadino comune. Chi mai si metterebbe a dire l’opposto, tessendo le lodi di quell’evasore tanto perbene della porta accanto? Ma dette a commento di una statistica piena di balle come quella editata dal dipartimento politiche fiscali del ministero dell’Economia, le parole di Passera sono due volte gravi. Una per l’ignoranza della realtà, la seconda perché evidentemente il governo pensa che sia meglio dare fuoco preventivamente agli imprenditori, così non si appiccano da sé la benzina gettando in cattiva luce le istituzioni. Vogliamo la sanzione sociale dicendo che gli imprenditori sono tutti ladri e approfittatori? È un incitamento alla rivolta sociale, a farsi giustizia da sé, una classe contro l’altra? È un’ottima idea per lo sviluppo, la crescita e naturalmente la creazione di nuovi posti di lavoro: fatto fuori un imprenditore con la “sanzione sociale”, c’è sempre il suo posto da prendere.
Forse prima di strologare su questi temi, gli esponenti dell’esecutivo farebbero bene a farsi un bell’esame di coscienza: è sicuramente vero che gli imprenditori oggi sono più poveri di prima un po’ come tutti gli italiani. Lo sono anche perché il governo di Mario Monti li ha riempiti di tasse e rincari di tariffe. Ieri in un sussulto di sincerità lo stesso premier ha definito “rozzi” i provvedimenti fiscali e tariffari contenuti nel suo decreto legge salva-Italia. L’ammissione è arrivata dopo l’ennesima picconata alle sue politiche degli ex amici Francesco Giavazzi e Alberto Alesina sul Corriere della Sera, ma è certamente apprezzabile. Certo, resta un po’di amaro in bocca a pensare che per provvedimenti rozzi bastavano e avanzavano un Hulk o un Terminator, e non era il caso di scomodare l’autorità massima della Bocconi o il capo di una delle più grandi banche italiane.
Grazie a quel lavoro “rozzo”, come spiegato ieri dalla Cgia di Mestre, nel 2011 ben 11.615 imprese sono fallite con i loro imprenditori, che hanno perso il lavoro come i loro 50 mila dipendenti. E’ il record di questi anni.
Attilio Befera, il direttore della Agenzia delle Entrate, che quelle norme da Terminator deve applicare e ha pure cercato di ammorbidire negli ultimi tempi, avendo una conoscenza profonda della macchina del fisco, non avrebbe mai diffuso statistiche strampalate come quelle che il ministero dell’Economia ha regalato alla folla eccitata venerdì. Il suo compito è recuperare evasione fiscale, per questo sa bene che sarebbe stupido inseguirla dove non c’è. Lui non può dirlo,ma se lo conosco bene quella stupidaggine sugli imprenditori tutti evasori che guadagnano meno dei loro dipendenti, deve averlo fatto imbufalire. Per lavarsi la coscienza il ministero dell’Economia ha allegato ai suoi fantasiosi comunicati stampa anche delle note metodologiche che naturalmente nessuno è andato a leggersi. Perché così avrebbe scoperto che la definizione di “imprenditori” è assai larga. Riguarda tutte le persone fisiche che hanno avuto reddito prevalente da reddito di impresa, sia in contabilità ordinaria che in contabilità semplificata. Per impresa si intende un mondo vastissimo che va dall’imprenditore come ce lo immaginiamo noi che percepisce utili già tassati in origine e quindi o non riportati o riportati solo al 49,72% nella dichiarazione dei redditi. Ma ci sono anche esercizi commerciali a conduzione familiare, come il verduriere o il pizzicagnolo che imputano il reddito di impresa parte al marito, parte alla moglie e magari parte a qualcuno dei figli che aiuta in negozio. Si tratta di due, tre o quattro imprenditori nella stessa mini-impresa e si capisce che il reddito di ognuno non è stratosferico. Ci sono anche le partite Iva e le imprese individuali che magari aprono e chiudono dopo pochi mesi: anche in quel caso il reddito dichiarato su base annuale è assai modesto, perché magari riguardava un mese o due soli. Ci sono perfino quei lavoratori dipendenti costretti a prendere la partita Iva per lavorare magari come operai nel cantiere temporaneo: e certo che i loro redditi sono bassi! Ed è sicuro che nel concetto generale di imprenditore loro fatichino ad entrare: però sono centinaia di migliaia, e hanno un loro peso che nulla ha a che vedere con l’evasione.

Franco Bechis