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 2012  marzo 31 Sabato calendario

QUANTE BALLE SUI REDDITI


Il fisco ieri ha reso pubblica come ogni anno la statistica più bugiarda che ci sia: quella delle dichiarazioni dei redditi degli italiani. Sembra fatta apposta per fare arrabbiare e scatenare gli uni contro gli altri. Così c’è terreno buono per dire: signori, pagate troppe poche tasse, quindi possiamo metterne qualcuna nuova. Quest’anno a gettare un po’ di benzina c’è la classica statistica del pollo di Trilussa. Il reddito medio degli italiani è di 19.250 euro lordi. Piuttosto bassino, ma quando Eurostat dice che l’Italia ha stipendi miseri, lo stesso governo che ieri ha diffuso la classifica contesta quei dati. Il pollo comunque valeva nel 2010 quei 19.250 euro. I lavoratori dipendenti però dichiarano di più: 19.810 euro a testa. Gli imprenditori invece sono ancora più poveri: 18.170 euro medi dichiarati a testa. Ecco la miccia in grado di accendere la rivolta sociale. Come fanno i ricchi ad essere così poveri? Qualche spiegazione c’è, anche se non è stata fornita insieme alle statistiche. Gli imprenditori raramente sono dipendenti della loro azienda. Il loro reddito viene dalle azioni in loro possesso. Se si tratta di partecipazioni non qualificate (meno del 5% in una società quotata o del 25% in una non quotata), i dividendi che li fanno ricchi sono tassati con la cedolare secca nel momento stesso in cui li ricevono: era del 12,5%, ora è al 20%. Tassate in origine, quelle ricchezze non debbono essere inserite nella dichiarazione dei redditi. E quindi non entrano in quella statistica e nella cifra dei 18.170 euro.
Se l’imprenditore invece ha una partecipazione qualificata, quindi più del 25% in una qualsiasi società non quotata e più del 5% in una quotata, ad entrare nella dichiarazione dei redditi è solo il 49,72% dei redditi effettivamente ricevuti. Il motivo è semplice: gli utili vengono distribuiti dalle società quando sono netti, e cioè già tassati a reddito di impresa. Quindi per capirci, anche se le statistiche sembrano bugiarde, non è vero che gli imprenditori sono più poveri dei loro dipendenti, perché il reddito reale medio è circa il doppio di quei 18.170 euro censiti dal dipartimento delle politiche fiscali.
Quelle statistiche sono però bugiarde ovunque tu le prenda. Ci dicono ad esempio che gli italiani sono diventati molto più ricchi fra il 2009 e il 2010, perché sono crollate le dichiarazioni dei redditi fra 5 e 20 mila euro, mentre sono cresciute sensibilmente quelle fra 20 e 100 mila euro. Un effetto che lo stesso ministero dell’Economia attribuisce un po’ grottescamente «alla ripresa economica», che deve essersi vista solo da quelle parti. Non solo: avevamo la sensazione che in Italia si stessero perdendo posti di lavoro, ma per il fisco è accaduto l’esatto opposto: sono aumentati. Crescono infatti di 56 mila unità le dichiarazioni dei redditi dei lavoratori dipendenti: gente che l’anno prima non lavorava e nel 2010 ha conquistato il posto. Sono anche pochi i ricchi: solo l’1% dei contribuenti dichiara più di 100 mila euro, e solo lo 0,07% ne dichiara più di 300 mila.
Le statistiche si compongono e ricompongono come si vuole. Pochi giorni fa ad esempio è uscito il tradizionale rapporto semestrale dell’Aran sul costo del lavoro pubblico. Lo stipendio lordo dei dipendenti del pubblico impiego è mediamente poco al di sotto dei 30 mila euro, e quindi quasi il doppio della media dei lavoratori dipendenti. Qualcosa non quadra, evidentemente.
Molto alto anche il numero dei poverissimi: 14 milioni di italiani dichiarano al fisco meno di 10 mila euro. Quindi vivrebbero con 5-600 euro netti al mese. Per qualcuno forse è vero, ma difficile pensare che la povertà sia così estesa. Infatti, gli italiani tanto poveri non sembrano. Basta incrociare le dichiarazioni fiscali rivelate ieri con gli incassi dalle tre aliquote Iva nel bilancio dello Stato lo stesso anno. Dall’Iva al 20% si sono incassati 88,9 miliardi di euro. Da quella al 10% si sono incassati 23,2 miliardi di euro. Da quella al 4% altri 6,2 miliardi di euro. Se le metti insieme vuole dire che gli italiani quell’anno hanno speso 832 miliardi di euro. Con quali stipendi? Con quei 19.250 euro lordi a testa dichiarati da 41,5 milioni di contribuenti.
In tutto fanno 798 miliardi lordi di euro con i quali si sono consumati 832 miliardi netti di beni soggetti ad Iva. Eccola la prova sicura dell’evasione fiscale. Ed è solo un indizio, perché secondo i calcoli della Ue la maggiore evasione sarebbe proprio sull’Iva, e quegli 832 miliardi sarebbero secondo i loro calcoli almeno 1.067 miliardi di acquisti reali fatti dagli italiani. Mancano 269 miliardi di euro rispetto ai loro redditi lordi. Qualcosa avranno pure comprato con quel che avevano da parte o con i proventi finanziari che non sono conteggiati nelle dichiarazioni dei redditi. Ma il resto proprio spunta dal nulla. E riguarda tutti: non solo i ricchissimi, ma probabilmente anche i finti poverissimi che integrano come possono.

Franco Bechis