Guido Ruotolo, La Stampa 2/4/2012, 2 aprile 2012
Rai Uno. In un talk show domenicale si parla dell’autostrada SalernoReggio Calabria. A un certo punto il deputato Guido Crosetto (Pdl) sbotta: «Io non vado più in Calabria ai convegni
Rai Uno. In un talk show domenicale si parla dell’autostrada SalernoReggio Calabria. A un certo punto il deputato Guido Crosetto (Pdl) sbotta: «Io non vado più in Calabria ai convegni. Non so chi mi posso trovare accanto...». Un quadro desolante e inquietante: «Il problema è che il 95% dei calabresi è fatto da gente perbene. Ma quel 5% controlla quasi tutta la Calabria. Non c’è un chilo di cemento, un centimetro d’asfalto, un camion che non venga intercettato dalla ’ndrangheta...». Parole che possono sembrare forti, condanna a morte di una terra e di una popolazione. Ragiona adesso Crosetto: «Come è possibile che la Calabria detenga tutti i primati negativi? Al primo posto per l’indice di disoccupazione, all’ultimo per l’ambiente e il reddito?». L’analisi di Crosetto potrebbe sembrare uno di quei luoghi comuni del prototipo del leghista militante, per dire del pregiudizio. E invece, quello che ha affermato ieri il piemontese Crosetto è molto meno di quanto emerge ufficialmente dagli atti giudiziari. Prendiamo per esempio il discorso sul 5% della popolazione che sarebbe a vocazione ’ndranghetista. Se è per questo all’ultima inaugurazione dell’anno giudiziario si è parlato di «un indice di densità criminale stimata al 27% della popolazione». Naturalmente, un dato abnorme, assurdo, probabilmente un errore di citazione di vecchi rapporti sugli affiliati alla ’ndrangheta. Però che l’onorata società sia una presenza radicata e numericamente significativa, è fuori discussione. Non c’è un centimetro della Salerno-Reggio Calabria che non abbia interessato la ’ndrangheta. Tanto è così che i lavori per il raddoppio dell’autostrada - che doveva unificare l’Italia, da Milano alla punta dello Stivale, Reggio Calabria - sono stati definiti «il più grande corpo di reato in Italia». Iniziati nel 1997, i lavori sono ancora in corso. Diverse inchieste giudiziarie, a partire dal 2002, hanno confermato le infiltrazioni ’ndranghetiste. Addirittura collaboratori di giustizia hanno parlato di una percentuale del 3% di pizzo che le grandi imprese (del Nord) hanno garantito alle ’ndrine. C’è un organigramma fornito da un collaboratore di giustizia sulla spartizione delle tangenti e dei subappalti dei lavori dell’autostrada: dal confine della Basilicata a Mormanno, le cosche di Castrovillari; da Mormanno a Tarsia, quelle della Sibaritide e di Cutro; Tarsia-Falerna, Cosenza; Falerna-Pizzo, Lamezia Terme; Pizzo-Serre, i Mancuso di Limbadi; Serre-Rosarno, i Pesce; Gioia Tauro, Piromalli; Palmi-Reggio Calabria, Alvaro e Tripoli. Ogni opera pubblica come la stessa gestione delle forniture e degli appalti della sanità calabrese coinvolge la ’ndrangheta. Una presenza «strutturale» della Calabria. Giovanni Falcone, a proposito di Cosa nostra, disse che essendo «un fatto umano, come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine». Un messaggio di speranza, per i siciliani. Per la ’ndrangheta, invece, la situazione non è così. L’ultima relazione della Procura nazionale antimafia di Piero Grasso lascia pochi margini alla speranza. «Può affermarsi senza tema di smentita - si legge nel capitolo dedicato alla ’ndrangheta - che la ’ndrangheta può essere definita una presenza istituzionale strutturale nella società calabrese, interlocutore indefettibile di ogni potere politico e amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l’aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio regionale». E l’onorevole Crosetto che teme che chi gli siede accanto un giorno si scoprirà essere legato alla ’ndrangheta? Naturalmente pensando a interlocutori istituzionali e politici? Le recenti cronache giudiziarie, da Milano a Reggio Calabria, raccontano di consiglieri regionali e comunali calabresi arrestati, e poi consigli comunali sciolti per le infiltrazioni della ’ndrangheta. Il ceto politico calabrese alla corte della ’ndrangheta? Santi Zappalà, sindaco di Bagnara Calabra, candidato al Consiglio regionale della Calabria, nel corso della campagna elettorale del 2010 (sarà poi eletto e arrestato) si presenta dal latitante Giuseppe Pelle: «Vediamo se possiamo trovare un accordo, se ci sono le condizioni... io faccio una... una straordinaria, come si dice... affermazione elettorale, no? Per arrivare sicuramente nei primi tre, e non dico questo... però».