Alberto Statera, la Repubblica 2/4/2012, 2 aprile 2012
Jonella i cavalli e il potere, Giulia gli elicotteri e le griffe, Paolo il calcio e i miliardi. Don Salvatore, il capoclan dei paternesi di Milano, i terreni, i palazzi e la regìa del grande saccheggio che, con la complicità di banchieri, industriali, politici, gran commis e autorità di controllo ha condotto sull´orlo della bancarotta una delle più grandi compagnie assicurative del paese a spese degli azionisti e dei clienti
Jonella i cavalli e il potere, Giulia gli elicotteri e le griffe, Paolo il calcio e i miliardi. Don Salvatore, il capoclan dei paternesi di Milano, i terreni, i palazzi e la regìa del grande saccheggio che, con la complicità di banchieri, industriali, politici, gran commis e autorità di controllo ha condotto sull´orlo della bancarotta una delle più grandi compagnie assicurative del paese a spese degli azionisti e dei clienti. Della storia di don Salvatore Ligresti da Paternò (Catania), approdato a Milano sull´ondata sicula dei Virgillito, degli Ursini, dei Sindona, e della sua famelica figliolanza si sa quasi tutto, fin da quando all´esordio di Tangentopoli trascorse 112 giorni a San Vittore per tangenti a Dc e Psi sulla metropolitana milanese, per poi essere condannato nel 1996 a due anni e quattro mesi per le tangenti Eni-Sai. Lo stesso processo nel quale per la prima volta fu condannato Bettino Craxi a cinque anni e sei mesi di reclusione. Passati vent´anni, il grande establishment finanziario e politico del paese, complice in buona parte e in ogni momento, scopre - ohibò - antichi e ben noti profili talvolta definiti nei processi "delinquenziali". Ma qualche cenno sul clan vale la pena di rinfrescarlo per quei banchieri, quei politici e quelle autorità di controllo che per un ventennio non solo hanno rivolto lo sguardo dall´altra parte, ma sono stati complici ben ripagati di una che si rivelerà probabilmente tra le più grandi spoliazioni di un capitalismo notoriamente ben versato nella pubblicizzazione delle perdite e nella privatizzazione dei profitti o, per dirla in modo meno diplomatico, nel sistematico ladrocinio. Prendiamo un po´ di storia della figliolanza, cui don Salvatore ha conferito formalmente il comando dell´impero quando per le condanne non ha più potuto ricoprire le cariche ufficiali. Anche con qualche piccolo inside, spesso più significativo delle grandi e note operazioni a dir poco border line, per capire la cifra del clan, che per decenni ha fatto di una grande impresa quotata in borsa il bancomat di famiglia. Jonella la cavallerizza, beniamina di papà, che le affida gli incarichi aziendali più prestigiosi, lodevolmente ama gli animali e segnatamente i cavalli. Ma chi paga l´hobby equestre? La Fondiaria Sai che versa milioni alla Laità srl, la società di famiglia che possiede Toulon, il cavallo preferito dall´appassionata amazzone. Nel 2007 brigò per ottenere una laurea honoris causa, che l´Università di Torino non ebbe difficoltà a conferirle nei saloni di un albergo di famiglia. Ma mentre la lieta cerimonia era in corso, il benemerito ministro dell´Università di allora, Fabio Mussi, comunicò che la laurea non era «compatibile con il sistema vigente di studi universitari». Il preside di Economia Sergio Bortolani esaltò la superba «capacità imprenditoriale» della signora, vestita di tocco e toga. Per fortuna il professore non è più preside, ma "soltanto" consigliere della Banca d´Italia. Giulia è la bella di casa, tanto che Novella 2000 l´ha impalmata reginetta di bellezza tra le top manager, sulla base del giudizio di una giuria di 20 banchieri e giornalisti economici. Ci piacerebbe conoscerne i nomi. Fa la stilista a spese della Fondiaria Sai, che le versa, tra l´altro, milioni per "acquisto di omaggistica". Non le piace far la fila nel traffico, per cui preferisce muoversi in elicottero. Uno degli ultimi che ha noleggiato è costato 100 mila euro a carico della Premafin. E sapete chi c´era a bordo? Roberta Furcolo, sposata Nagel, cioè consorte dell´amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel, finanziatore del gruppo paternese, che a sua volta è azionista della banca. Ma sui conflitti di interesse, che forse dovremmo chiamare almeno conflagrazioni, torneremo non prima di avervi detto di Paolo. Il papà non l´ha messo in Mediobanca, nel cui consiglio, prima donna, è entrata Jonella, ma nel Milan, ad onorare l´antico sodalizio con Silvio Berlusconi, che ha sostituito Craxi nel cuore e nel portafoglio di don Salvatore. Del resto, già in anni lontani a trasferire le tangenti alla protegè di Bettino Anja Pieroni per comprarsi una televisione (non un televisore) era Paolo Romani, ministro nell´ultimo (si spera) governo Berlusconi. Difficile per vecchi giornalisti rivelare qualcosa di nuovo sul capoclan di Paternò, che giunto a Milano tanti anni fa fu presentato a Enrico Cuccia da Antonino La Russa, fascista, ex federale del paese siculo, a sua volta antico capoclan della genia che tuttora infesta Milano. A libro paga del gruppo Ligresti figurano Geronimo, figlio assai gaudente dell´ex caricaturale ministro "Gnazio", e il fratello Vincenzo. Un altro fratello allieta la schiera dei consiglieri regionali lombardi nei guai con la giustizia. Politici, prefetti, gran commis: chi può dire a Milano di non aver avuto qualche favore da don Salvatore. L´attuale sottosegretario alla Difesa Filippo Milone, anche lui catanese di Paternò, quello che bussava a soldi alla Finmeccanica di Guarguaglini per conto del Pdl, ha sempre lavorato per le sue società immobiliari. Piergiorgio Peluso, direttore di Fondiaria, è figlio del ministro ex prefetto Anna Maria Cancellieri. Per i prefetti, del resto, don Salvatore ha sempre avuto un debole, come per i titolati delle Autorità che avrebbero dovuto controllarlo e che per anni e anni hanno chiuso gli occhi. Andrea Giannini, figlio del presidente dell´Autorità di controllo sulle assicurazioni Giancarlo, secondo quanto ha ricostruito Il Fatto, ha lavorato in Fondiaria. Ma che volete? Don Salvatore la sua rete di relazioni non la nasconde, anzi si può dire che tenda ad esibirla come un trofeo. Tanto che, come Milton, "the devil´s advocate" interpretato nel famoso film da Al Pacino, ha riunito un po´ di suoi sodali tra i più significativi nello stesso palazzo di sua proprietà. Roma, via delle Tre Madonne 16/18, l´indirizzo più prestigioso dei Parioli. In questo immobile abitano o hanno abitato intere legioni di potenti. Per esempio Angelino Alfano, attuale segretario (si fa per dire) del partito di Berlusconi. Vi pare normale che un ministro della Giustizia in carica, come era all´epoca, accetti di fare l´inquilino di un ex pregiudicato condannato in Cassazione per gravi reati? E quanto pagava il ministro Alfano? Il contratto era registrato, ha conservato le ricevute il segretario? Non sappiamo a quale piano risiedano, né il censimento che ha tentato L´Espresso ce lo ha rivelato, ma nell´androne potreste incontrare l´ex ministro Renato Brunetta, l´ex direttore generale della Rai Mauro Masi, attuale amministratore delegato della Consap che si occupa di servizi assicurativi pubblici, il vice di Gianfranco Fini Italo Bocchino, Chiara e Benedetta Geronzi, figlie dell´ex presidente delle Generali e antico "banchiere di sistema", lord protettore del sistema Ligresti. E, udite udite, Marco Cardia, figlio dell´ex presidente della Consob Lamberto. Dov´era la Consob in tutti questi anni mentre il clan di Paternò spolpava società quotate in borsa? Chissà che stavolta non una ma neanche Tre Madonne riescano a salvare il clan che ha avviluppato il poco commendevole capitalismo italiano nelle reti di clientela e parentela nel grande saccheggio, permesso con evidenti complicità garantite a Mister 5 per cento, l´assicuratore che si è assicurato l´impunità con le preziose partecipazioni in Mediobanca, Rizzoli Corriere della Sera, Pirelli, Gemina e Generali. Il cuore di questo sciagurato capitalismo all´italiana. Ora si narra che il capoclan platese, barricato nel compound di San Siro, ricordi con orrore quei 112 giorni a San Vittore. Salvo gli spaghetti alle vongole che gli preparava un´anima buona di Tangentopoli, suo compagno di cella. Che però fortunatamente non ci tornerà perché ha imparato la lezione. a. staterarepubblica. it