Claudio Gatti e Ferruccio Sansa, Libero 30/3/2012, 30 marzo 2012
I DALEMIANI E IL CRAC DELLA FESTIVAL CROCIERE
La politica degli affari e gli affari della politica, quell’intreccio di interessi che condiziona in modo decisivo la vita del Paese: ecco il sottobosco. Che èpureil titolo delvolumeedito da Chiarelettere a firmadi Claudio Gatti e Ferruccio Sansa. Tanti i protagonisti, ma quello vero è Massimo D’Alema (e i dalemiani). Riportiamo di sotto ampi stralci del paragrafo che racconta il crac di Festival Crociere che secondo i pm che hanno riesumato il caso serviva proprio da bancomat.
Genova è lo sfondo di un’altra storia in cui rispuntano i dalemiani e la connection ligure-pugliese: l’ascesa e il declino di Festival Crociere Spa, fino al crac del maggio 2004. È il fallimento più clamoroso della storia della marineria italiana: 20 banche coinvolte, 250 imprese mai pagate, 270 milioni di euro di passivo. Pernon dire delle centinaia di dipendenti lasciati a spasso. Eppure il crac è rimasto avvolto nel mistero. Anche perché in sette anni l’inchiesta ha prodotto poco o niente. «Il problema è che Giorgio Poulides, l’armatore, godeva di immunità diplomatica perché ambasciatore di Cipro in Vaticano» ha provato a spiegare Lazzarini. Effettivamente vari indizi fanno pensare che questa storia passi per entrambe le sponde del Tevere, e che ci siano amicizie in Vaticano e appoggi importanti nel mondo della politica e della finanza.
Il crac del 2004 è arrivato come un fulmine a ciel sereno. A Genova Giorgio Poulides era visto come un mezzo eroe. Bisogna conoscere la Genova di quel periodo per capirne il motivo: non c’era anno che le cronache non registrassero il nome di una grande industria che abbandonava il triangolo industriale. In questa città in crisi di identità e di occupazione spunta Poulides, un cipriota sveglio e intraprendente. Richiamato dalle sirene cittadine, fa di Genova il suo quartier generale. La definitiva consacrazione arriva con il G8 del 2001. Poulides risolve tutti i problemi relativi all’ospitalità dei grandi della terra.
Passano appena tre anni e Festival si dimostra un colosso dai piedi di argilla: la banca francese Crédit Agricole decide di rientrare dei crediti concessi. Centinaia di milioni di euro. Il 19 gennaio 2004 due navi sono bloccate nei porti di Marsiglia e di Barcellona da un’azione legale di Alstom, proprietaria dei cantieri francesi dove sono state costruite le meravigliose navi Festival. Il 23 maggio Festival porta i libri in tribunale. A oltre sette anni di distanza l’inchiesta è ancora su un binario morto. Il processo fallimentare è riuscito a far pagare 5 milioni di euro ai sindaci, ai componenti del cda e alle società di revisione dei conti. Ma siamo ben lontani dai 270 milioni di passivo. Insomma, un bottino magro per i dipendenti, ma anche per le società in affari con Festival.
Poulides non viene toccato dall’inchiesta penale. Non viene nemmeno sentito, per via dell’immunità diplomatica. Vive e lavora in due splendidi appartamenti affacciati su piazza Farnese. Poulides non era solo sul ponte di comando quando la compagnia è stata travolta dalla tempesta. Andando a scorrere le visure della Festival si ritrovano i nomi del nostro racconto. Uniti da quel filo rosso che lega gli ambienti imprenditoriali a quelli politici di stampo dalemiano. A cominciare da Roberto De Santis, membro del consiglio di amministrazione. Ma perché un imprenditore pugliese, all’epoca nemmeno troppo noto, viene paracadutato a Genova nel cda di un colosso della navigazione, un settore nel quale non risulta avere alcuna esperienza, a parte il suo hobby di velista? Il 14 maggio 2005 De Santis ha dichiarato a Marco Menduni de «Il Secolo XIX»: «Ho partecipato a pochissimi consigli. Quindi, diciamo, vivevo la vita della società in maniera molto esterna». Il giornalista chiede a De Santis com’era arrivato a Festival Crociere. Ed ecco la sua risposta: «Perché conosco Umberto Ferraro. Come avvocato. […]. Conosco tre persone, gli altri non li conosco neanche. Può sembrare paradossale, ma lì conosco Poulides, Ferraro, Costaguta… Acconci… quattro». Il discorso finisce, inevitabilmente, su D’Alema. E De Santis liquida la questione con una battuta: «Purtroppo è una cosa che mi porto dietro. Ci conosciamo da trent’anni, non ci posso far nulla… Poi lei mi insegna che, nella vita,uno può essere amico pure del papa, se poi è un coglione, resta un coglione amico del papa». Possibile, possibilissimo che De Santis sia andato a Genova tre o quattro volte, come dice lui. Ma quel disturbo gli ha fruttato 143.000 euro.
De Santis rappresenta soltanto il primo tassello che rimanda al mondo di nostro interesse. Nel nucleo di comando della Festival c’è anche Umberto Ferraro. Lo stesso Ferraro che oggi è consigliere di Interconsult (già legata a Ital Brokers e con Franco Pronzato tra i soci). Fra i nomi citati da De Santis c’è quello di Marina Acconci, consigliere di una società del gruppo. Parliamo di un’avvocatessa genovese nota per le sue capacità, ma anche per i rapporti con i vertici del Pds-Ds-Pd locale. E legale di Franco Lazzarini. Insomma, si parte da Festival e si arriva a Ital Brokers. Tra i consiglieri della compagnia di crociere c’era anche Raffaele Bozzano, già consigliere di amministrazione del broker assicurativo, mentre Gianfranco Bozzini è stato amministratore delegato di Festival e consigliere di Ital Brokers. Ci sono poi altri incroci, come quello con l’associazione politica Maestrale di Burlando, a cui appartenevano la stessa Acconci e Ferraro.
Arriviamo all’ultimo tassello: tra le carte dell’inchiesta sul crac spuntano i documenti relativi alle spese di rappresentanza sostenute da Festival. Il 30 settembre 2003 sono annotate tre voci che attirano l’attenzione degli inquirenti: «Appartamento per Burlando C., 495 euro; appartamento per Lazzari F., 370 euro; appartamento per Bisio Marisa, 370 euro». La parola «appartamento », secondo fonti vicine a Festival, farebbe riferimento alle cabine delle navi e al costo dell’ospitalità a bordo. «Il Secolo XIX» chiede a Burlando se sia stato lui il destinatario. Il presidente della Regione, eletto appena un mese prima, giura di non essere il «Burlando C.» citato nelle carte e nega di aver mai ricevuto un solo euro da Poulides: «Si tratta di un caso di omonimia». Non convinti, i cronisti del quotidiano chiamano tutti i «Burlando C.» presenti sugli elenchi telefonici italiani: sedici persone, e tutte rispondono di non aver avuto mai alcun rapporto con il signor Giorgio Poulides. I cronisti notano un’altra coincidenza: subito dopo il cognome del governatore c’è il nome «Lazzari Franco», che ricorda quello del suo amico fraterno Franco Lazzarini. E alla riga successiva è citato un appartamento per «Bisio Marisa», lo stesso nome della madre di Lazzarini. Che si tratti davvero di un caso di tripla omonimia? Lazzarini sostiene sia così.
Resta il fatto che tanti esponenti del cerchio magico dalemiano abbiano preso parte, direttamente o meno, alla vicenda Festival. Società alla quale nessuno gradisce più essere associato. Anzi, nessuno ama parlarne. Fino a oggi la strategia si è rivelata vincente. Anche i ricordi, come le responsabilità penali, finiscono in prescrizione.
Claudio Gatti e Ferruccio Sansa