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 2012  marzo 30 Venerdì calendario

«Sarà una bambina? Allora non lo voglio...» – Le donne cinesi e indiane si presentano in ambulatorio, pre­notano un’ecografia

«Sarà una bambina? Allora non lo voglio...» – Le donne cinesi e indiane si presentano in ambulatorio, pre­notano un’ecografia. E quando vengono a sapere che sono in atte­sa di una bambina chiedono di abortire. «Femmina? - comincia­no a piangere - No, mio marito mi ammazza». Ovviamente nessun ospedale italiano accetta di assi­sterle per interrompere la gravi­danza, poiché la richiesta viene fatta troppo tardi rispetto a quan­to permette la legge 194. Ma loro si arrangiano per altre vie. No, non più nei sudici laboratori clan­destini, non più con l’aiuto di chirurghi­macellai che le operano con ferri da tetano. Ora l’aborto selettivo viene fatto con una banale pillola, in casa. L’uni­ca difficoltà, ampiamente supera­bile, è trovare un medico disposto a firmare una ricetta. In farmacia, spiegano i medici, esistono parec­chi medicinali che servono a tut­t’altro e curano varie patologie (ad esempio la gastrite) ma che tra gli effetti collaterali possono an­che provocare l’aborto. Sommini­strati con un certo dosaggio, ecco che portano a interrompere la gra­vidanza. Producono gli stessi ri­sultati della pillola abortiva ma senza alcun tipo di assistenza me­dica. Una pratica atroce, ma mes­sa ancora in atto, eccome. Non so­lo in Cina e in India ma anche da­gli asiatici che vivono nelle nostre città, soprattutto nei capoluoghi più affollati. A dirlo sono le cifre: la differenza fra il numero di maschi e di femmine, fra i nuovi nati, soli­t­amente dovrebbe aggirarsi attor­no a un fisiologico 5%. Invece sale al 10-15%. Il sospetto che quindi si pratichi l’infanticidio femminile e forte. Negli ultimi quattro anni per ogni cento neonate cinesi in Italia ci sono stati 109 maschi: per­centuale alta ma non altissima, ri­spetto alla norma di 105. Se però si considerano solo le nascite dei ter­zogeniti e dei figli successivi, allo­ra le cose cambiano e si scopre che la «sex ratio» sale fino a 119. Si­gnifica che le famiglie lasciano al caso il primo figlio e forse anche il secondo: ma, se il maschio non è arrivato,dal terzo in poi non corro­n­o più rischi e si affidano all’abor­to. Ancora più avvilenti sono i dati della comunità indiana in Italia: 116 maschi ogni cento femmine, 137 dal terzogenito in su. «La di­screpanza sospetta tra maschi e femmine- spiega Nadia Musciali­ni, responsabile del centro anti­violenza dell’ospedale San Carlo di Milano - rispecchia la stessa proporzione degli aborti selettivi che vengono fatti in Cina». «Per di più - aggiunge il medico - affron­tiamo anche tanti casi di spose bambine o ragazzine in attesa che ci chiedono un aiuto per non fare la fine delle loro madri». Cioè per non doversi sposare in giovane età, per poter invece proseguire gli studi e per non essere costrette a un destino preconfezionato né vivere sottomesse a mariti spesso violenti. La struttura di assistenza aperta fra il pronto soccorso e il corpo divisionale ha raccolto lo scorso anno 796 richieste di aiuto e 463 sono le donne prese in cari­co, al 61% italiane, mentre fra le straniere prevalgono le donne di origine sudamericana (38%), del­­l’Est Europa (27%) e dell’Africa (29%). Tra queste tante richieste, rifiu­tate, di aborti post ecografia. E an­che tanti casi di violenza: «Il 30% delle violenze- spiega la Musciali­ni- sulle donne comincia durante la gravidanza. E non stiamo parla­no dolo di donne straniere ma an­che di parecchie italiane. L’uo­mo, per una forma di invidia pri­mitiva, esercita così una forma di possesso, di supremazia». Un’altra tipologia di donne che chiedono aiuto è quella delle stra­niere che lavorano ma che non possono gestire direttamente il denaro che guadagnano, total­mente in mano al marito. «Queste donne spesso non hanno nemme­no i soldi per fare la spesa o per comprate il materiale scolastico per i figli. Noi le aiutiamo appog­giandoci anche al Banco Alimen­tare». Maria Sorbi