Elvira Serra, Corriere della Sera 30/03/2012, 30 marzo 2012
«TI LASCIO MA NON DIVORZIO». IL DEMARIAGE ALL’ITALIANA —
Al colmo della confusione, il quotidiano dei vescovi se n’è dovuto occupare ragionando più o meno in questi termini: non bastano quelli che vogliono divorziare alla velocità della luce, non bastano gli omosessuali che altrettanto rapidamente vorrebbero sposarsi, in mezzo sta prendendo forma un ibrido sociologico rappresentato dalla coppia presidenziale tedesca Joachim Gauck-Daniela Schadt, dove lei, compagna e convivente da più di dieci anni, non essendo la legittima moglie, che invece è la signora Gerhild, madre dei quattro figli di Gauck, è stata simpaticamente soprannominata da Die Welt la «First Girl», prima ragazza, con buona pace delle primavere passate, giacché «First Lady» non si poteva. «Al diffondersi del démariage ci stiamo purtroppo abituando», scriveva l’altroieri Francesco D’Agostino su Avvenire, prendendo in prestito il termine coniato dalla sociologa francese Irène Théry che sul tema della «dematrimonializzazione» ha scritto un saggio.
«Io e mio marito ci siamo lasciati dodici anni fa, lui aveva conosciuto un’altra, più giovane, con la quale vive ancora adesso. Ci eravamo sposati nel 1975. Nessuno dei due ha chiesto la separazione, men che meno il divorzio. Potrei dire che l’ho fatto per i figli, ma forse è un alibi. Diciamo che con una separazione avrei perso dei diritti, invece mio marito, professionista, è abbastanza attento a non farmi mancare niente, malgrado economicamente avessimo un rapporto abbastanza equilibrato. Se me lo riprenderei oggi? No. Ma se dovesse avere bisogno di me sarei in prima linea per lui. Passiamo ancora tutte le feste comandate insieme (senza l’altra, ndr)», racconta con preghiera di anonimato una moglie di 66 anni del Varesotto.
Il démariage all’italiana manca della spregiudicatezza, o meglio della serenità con cui viene esibito in Germania, dove però le coppie di fatto sono tutelate. E non è un caso se si pensa che l’articolo 143 del nostro codice civile include «l’obbligo reciproco alla fedeltà». Però i numeri lasciano intuire un fenomeno molto diffuso. Spiega il divorzista Gian Ettore Gassani: «Un terzo delle coppie italiane sono separate in casa: magari arrivano a un compromesso, per affetto o per evitare una nuova povertà quando condividono lo stesso tetto. Solo il 65% dei separati poi chiede il divorzio. Significa che una buona fetta della popolazione non lo vuole, e immagino anche per ragioni di ordine religioso».
Anche la matrimonialista Annamaria Bernardini de Pace osserva le nuove coppie che, dice, «vorrebbero tutti i diritti senza assumersi i doveri». E fa degli esempi: «Le donne all’inizio di una relazione sono contente, non fanno tante domande. Poi però cominciano a chiedersi: ma se lui muore la pensione va alla moglie? Chi mi tutela? Chi riconosce il mio ruolo? E, dall’altra parte, ci sono le mogli che non vogliono concedere il divorzio per non perdere il cognome del marito, la rendita, o altri vantaggi. In alcuni casi ho consigliato ai miei clienti di dare alla consorte una liquidazione una tantum che tenesse conto parzialmente dell’asse ereditaria».
A Milano nel 2008 il 37,3% dei bambini sono nati fuori dal matrimonio: dieci anni prima la percentuale era del 28%. In Italia la media è del 16,7%. «E parliamo di figli riconosciuti da entrambi i genitori, quindi voluti, non in situazioni clandestine», puntualizza la sociologa della famiglia Carla Facchini, che si è occupata del fenomeno all’università di Milano-Bicocca. Va avanti: «Sono dati che devono farci riflettere sulla deistituzionalizzazione del matrimonio. Non divorziare e non separarsi si lega alla minore propensione ad assumersi oneri economici di lungo periodo, vista la crisi, e alla possibilità di fare scelte reversibili».
Forse non è da sottovalutare l’analisi che fa la terapista di coppia Gianna Schelotto: «I divorzi costano sì in termini di tempo e di soldi. Ma c’è anche la componente emotiva, il dolore e la sofferenza che comportano. Mantenere una situazione sospesa permette a tutti di far finta di credere quello che preferiscono: alla moglie, che il marito non ama abbastanza quell’altra; al marito, che così resta un padre presente».
Elvira Serra