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 2012  marzo 30 Venerdì calendario

L’Italia «in nero» produce 540 miliardi – Recessione almeno per un anno, mezza popolazione italia­na alle prese con problemi dell’oc­cupazione; l’unica cosa che sem­bra andare bene in Italia sono i conti pubblici, spiega Corrado Passera

L’Italia «in nero» produce 540 miliardi – Recessione almeno per un anno, mezza popolazione italia­na alle prese con problemi dell’oc­cupazione; l’unica cosa che sem­bra andare bene in Italia sono i conti pubblici, spiega Corrado Passera. Un’altra cosa che va be­ne- e questa volta l’Eurispes a spie­garlo- è il fatturato dell’economia sommersa, che pesa un quarto del Pil e serve agli italiani ad arriva­re a fine mese, fuori dalle regole. Lo stato dell’economia italiana, quella in chiaro, è ai minimi. «Da tempo non cresciamo in modo adeguato e ora siamo nel pieno di una seconda recessione», che du­rerà «per tutto l’anno in corso»,ha spiegato il ministro dello Svilup­po. Tra gli intoppi che ostacolano i primi timidi segnali di ripresa, c’è la stretta sui prestiti da parte delle banche. Si è creato «un vero e proprio credit crunch», che il mi­nistro dello Sviluppo, in una audi­zione parlamentare, descrive co­me un «super tema». Ma c’è di peggio.E Passera,uni­co ministro del governo Monti a frequentare i congressi dei sinda­cati senza timori di contestazioni, lo dice di fronte alla platea del­l’Ugl: «La mia ansietà numero uno si chiama lavoro. Il disagio so­ciale per l’occupazione sta diven­tando più ampio. Se moltiplichia­mo i 6/7 milioni di persone che hanno problemi di lavoro per il nu­mero dei loro familiari, arriviamo forse alla metà della popolazio­ne ». Compito del governo è «inver­tire questa tendenza ». Tra le ricet­te, «l’idea di presentare ogni 2-3 mesi un pacchettone che tocchi la vita delle famiglie ma soprattutto delle imprese e delle Pmi», le infra­strutture e un’accelerazione dei pagamenti della Pubblica ammi­nistrazione. Più in generale bisogna favorire la crescita,che è l’unico modo per fare riprendere quota all’occupa­zione. Appena un accenno alla ri­forma del lavoro della collega Elsa Fornero: un appello generico ad attuare le riforme e, soprattutto, un invito, rivolto ai sindacati, a la­vorare insieme al governo, che sembra molto un ritorno alla con­certazione o al dialogo: «Se con­vinciamo i mercati che vale la pe­na investire in Italia allora possia­mo auspicare che un andamento tutto negativo possa cambiare. Tutto questo potrà accadere se la­voreremo insieme. È interesse co­mune fare queste cose tutti insie­me ». Parole non molto diverse da quelle del presidente della Repub­blica Giorgio Napolitano che ieri ha chiesto «spirito unitario» dei sindacati e ha condannato la pre­carietà e le «forme inammissibili di sfruttamento» che colpiscono le giovani generazioni. L’altra faccia della crisi è quella dell’economia sommersa. Una fetta importante di Pil e di lavoro che sfugge alle statistiche e al fi­sco. Il fatturato della «Black spa» è di, 540 miliardi di euro, il 35 per cento del Pil regolare. Diecimila euro l’anno a persona, bambini compresi. Numeri che rappresen­tano esattamente lo strabismo tra ricchezza dichiarata e ricchezza reale delle famiglie italiane. Altri­menti come si spiegherebbero quei 16,6 miliardi di euro fatturati ogni anno dal business del lusso? È stata l’Eurispes a fotografare il la­voro sommerso in Italia. Nel 2000, da una ricerca simile era emerso nero per 530mila miliardi di lire, pari a circa 270 miliardi di euro, la metà del totale di oggi. Anche al netto dell’inflazione, un bel balzo in avanti. E infatti nel 2000 il nero rappresentava «solo» il 28 per cen­to del Pil ufficiale. Dei 540 miliardi del totale, 280 arrivano dal lavoro sommerso vero e proprio. Di que­sti 90,9 si devono ai «doppiolavori­sti », vale a dire dipendenti costret­ti a straordinari occulti, 22,5 ai la­voratori stranieri, 43,5 ai pensio­nati, 12 alle casalinghe. Ci sono poi i 156 miliardi di sommerso ge­n­erato dalle imprese e i 93 da affit­ti in nero. La regione più «nera»? La Puglia, dove lo spread tra eco­nomia reale e quella «in chiaro» è 53. Andrea Cuomo e Antonio Signorini