Beda Romano, Il Sole 24 Ore 30/3/2012, 30 marzo 2012
«NON ESCLUDO NUOVI AIUTI ALLA GRECIA»
Il traffico ateniese non fa trasparire la gravità della crisi in Grecia, un Paese oberato da una disoccupazione del 20%. I grandi viali continuano ad essere attraversati da lunghe scie di automobili rumorose. I detrattori troverebbero conferma della loro tesi: che il Paese non sta cambiando, che i prestiti europei sono a fondo perduto, che la terra di Aristotele e di Pericle, ma anche dei Papandreou e dei Karamanlis, è un caso perso.
Lucas Papademos, 64 anni, è primo ministro dall’11 novembre 2011, dopo essere stato governatore della Banca di Grecia e vice presidente della Bce. Nei giorni scorsi ha incontrato Il Sole 24 Ore nei suoi uffici di Villa Maximos. Nella sua prima intervista da premier a un giornale italiano Papademos difende l’impegno a uscire dalla crisi debitoria, anche se non può escludere la necessità di ulteriori aiuti.
Nonostante la ristrutturazione del debito, permane scetticismo sulla capacità della Grecia di uscire dalla crisi. Le critiche sono giuste?
Sono sorpreso che alcuni commentatori e analisti sembrino ignorare alcuni fatti quando valutano la situazione. I nostri obiettivi sono ridurre gli ampi squilibri di finanza pubblica, per assicurare la sostenibilità del debito, e migliorare la competitività dell’economia. Sui due fronti, la Grecia ha fatto progressi sostanziali. Negli ultimi due anni, il deficit primario è sceso di oltre l’8% del Pil; e grazie a una svalutazione interna, la Grecia ha recuperato il 50% della competitività persa - misurata in base ai costi unitari del lavoro - nei confronti dei Paesi della zona euro nei nove anni precedenti.
È anche vero, tuttavia, che la Grecia ha deluso partner e mercati.
È vero che l’adozione delle riforme non è sempre stata efficace e tempestiva quanto avremmo voluto. La liberalizzazione delle professioni, per esempio, è stata adottata solo parzialmente e con ritardi. Nel contempo, la lotta contro l’evasione fiscale ha prodotto risultati limitati in parte a causa di una contrazione dell’economia più forte del previsto.
I ritardi sono dovuti solo a ostacoli politici?
Chiaramente volontà e guida politica insufficienti hanno avuto un ruolo. Aggiungerei anche l’inadeguata capacità della pubblica amministrazione a introdurre necessari cambiamenti strutturali, spesso di ordine legislativo. Stiamo però facendo progressi sui due fronti. C’è oggi un maggiore consenso tra i leader politici sulla necessità di continuare sulla strada delle riforme. L’assistenza tecnica fornita dai partner europei aiuterà ad accelerare e a migliorare l’attuazione delle riforme.
La Grecia è al quinto anno di recessione. La troika prevede un ritorno alla crescita nel 2014. Ne vede già i primi segnali?
I primi segnali positivi giungono dall’export. Le esportazioni sono aumentate significativamente, anche se da un livello basso. Dobbiamo fare sforzi sempre maggiori per rispondere alla domanda globale. Abbiamo già una presenza forte nel settore dei materiali edili, dei prodotti farmaceutici e agricoli. Il turismo si rafforzerà. Sul più lungo termine, il settore dell’energia potrebbe diventare un elemento chiave della crescita. Ma la ripresa richiede tempo.
Il panorama politico è frammentato e i partiti estremisti sono sempre più minacciosi: molti propongono l’uscita dall’euro.
Non condivido questa visione delle cose, e neppure la condivide una maggioranza dei greci. Oltre il 70% continua a sostenere la partecipazione alla zona euro. Capiscono che, nonostante i sacrifici, gli attesi benefici di lungo termine sono superiori ai costi di breve termine. Chi propone l’uscita dall’euro sostiene che una nuova valuta svalutata migliorerebbe la competitività del Paese rapidamente. In realtà le conseguenze sarebbero devastanti. Il ritorno della dracma provocherebbe elevata inflazione, instabilità del cambio, e una perdita di valore reale dei depositi bancari. Tenuto conto della storia greca, le riforme necessarie per restaurare la competitività in modo permanente e raggiungere la sostenibilità del debito sarebbero molto più difficili da adottare fuori che dentro la zona euro. Il popolo greco lo capisce.
Il familismo e l’evasione fiscale sono caratteristiche della società greca (e di altre nel Sud Europa). Vede segnali di un cambiamento culturale?
Molti in questo Paese sono sempre più stufi di queste pratiche che ritengono abbiano contribuito alla crisi debitoria ed economica, impedendone la soluzione. Gli atteggiamenti stanno cambiando. È cruciale comunque che le politiche economiche e le forze politiche incoraggino un’accelerazione del cambiamento.
I partner europei della Grecia sono preoccupati per la stabilità politica dopo le elezioni, previste in maggio. Hanno ragione?
La composizione del Parlamento sarà probabilmente diversa dopo il voto. Sono fiducioso che la forte volontà del popolo greco di trasformare l’economia e di rafforzare la posizione del Paese nell’euro, come dimostrano i sondaggi, si rifletterà nell’esito delle elezioni. La maggioranza dei greci vuole che la nazione cambi. Questo fornirà una buona base per la continuità delle politiche e per l’adozione del secondo programma economico. I due partiti che sostengono il mio governo (Pasok e Nuova Democrazia) lo hanno approvato.
Ciò significa che il peggio è passato?
L’economia reale è ancora debole e l’elevata disoccupazione rischia di persistere nel breve periodo. La fase difficile che ci aspetta deve essere affrontata con molta cura. Se facciamo le cose bene, adottando tutte le misure decise in modo tempestivo, equo e completo, e se continuiamo a spiegare la nostra strategia e i nostri obiettivi in modo convincente, il sostegno della società greca proseguirà.
Intanto però c’è timore sulla tenuta sociale.
Il Paese sta cambiando, ma al tempo stesso molti cittadini stanno soffrendo a causa di una riduzione dei redditi reali e dell’aumento della disoccupazione. Vogliono vedere la luce alla fine del tunnel. Non sarà molto visibile nei prossimi sei-nove mesi. Nel frattempo, è importante mantenere la coesione sociale, mitigare gli effetti negativi di breve periodo del processo di aggiustamento e preservare il sostegno dell’opinione pubblica al programma. Il continuo scetticismo sulla nostra capacità di rispettare gli impegni e l’eccessiva enfasi sui rischi dopo che il Paese ha già fatto molto per stabilizzare e riformare l’economia non aiutano. Mantengono elevata l’incertezza e pesano sulla fiducia.
Sta criticando la troika in particolare?
No, non sto criticando nessuno in particolare.
Crede che un terzo programma di aggiustamento sarà necessario?
La Grecia farà tutto il possibile perché non sia necessario un terzo programma di aggiustamento. Ciò dipenderà dal ritmo e dall’efficacia dell’attuazione del programma attuale. Detto ciò, la Grecia potrebbe non avere accesso ai mercati anche se tutte le misure saranno completamente adottate. È difficile prevedere le condizioni e le aspettative di mercato nel 2015. Non si può escludere che qualche forma di assistenza finanziaria possa essere necessaria, ma dobbiamo lavorare intensamente per evitare questo evento.