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 2012  marzo 30 Venerdì calendario

PER L’ITALIA UN SUCCESSO DAL RETROGUSTO AMARO

Il Tesoro ha messo in cassa poco più di 20 miliardi con le aste di questa settimana. Per la precisione, 20,3 miliardi di BoT, CTz, BTp, BTp€i e CcTeu, mancando il target massimo di soli 450 milioni. I rendimenti in assegnazione sono scesi per tutti i titoli in offerta rispetto alle aste precedenti, a volte con tagli consistenti (il CcTeu dal clamoroso 7,42% del dicembre 2011 al 4,60%) a volte con leggere limature (il BTp a cinque anni è calato di un centesimo di punto percentuale, dal 4,19% al 4,18%). La domanda è stata solida: contro una forchetta tra 17,25 e 20,75 miliardi in offerta, le richieste totali hanno superato i 33 miliardi.
Alla luce di tutti questi numeri, complessivamente favorevoli per il Tesoro e per le casse dello Stato, alla fine di questa intensa tre giorni di aste, quello che prevale è però un sapore amaro. Lo spread tra i BTp e i Bund si è riallargato nel corso di questa settimana e i rendimenti assoluti sono risaliti di conseguenza. Così ci sono andate di mezzo le aste: la domanda per alcune emissioni importanti è stata giudicata tiepida, i rendimenti in molti casi sono calati meno del previsto, i prezzi nel trading pre-asta e nel dopo-asta sono scesi per il titolo guida del rischio-Italia, il BTp decennale, e persino il BoT semestrale è stato sacrificato sull’altare della volatilità con un tasso di assegnazione peggiorato nell’arco di una mattinata di quasi 10 centesimi.
Cosa ha guastato quella che avrebbe potuto essere una festa? Le tensioni sulla Spagna non giocano a favore dell’Italia perché rimettono in discussione la tenuta e la sostenibilità dei conti pubblici nell’Eurozona periferica, dove si stenta a crescere per competitività e produttività. L’incertezza sulle dimensioni della capacità di fuoco dei fondi salva-Stati, il dibattito sul futuro di Efsf e Esm che come al solito precede gli incontri dell’Eurogruppo, non aiuta: inutile girarci intorno, un firewall più grande offre una protezione migliore rispetto a uno più piccolo. E dopo il raddoppio degli aiuti alla Grecia e un micidiale haircut per i possessori dei titoli di Stato denominati nella moneta unica, come minimo "big is beautiful".
Quel senso di amaro viene anche dall’Italia. I mercati credono nel Governo Monti al punto che hanno già scontato la buona notizia del varo della riforma del mercato del lavoro. Comma più, comma meno, i mercati sono convinti che dopo un compromesso onorevole di tutte le parti coinvolte, un pacchetto di nuove misure su occupati e disoccupati entrerà in vigore. E andrà ad aggiungersi alle liberalizzazioni, alle semplificazioni, alle razionalizzazioni, alla lotta contro l’evasione fiscale. I mercati si interrogano invece già sull’implementazione e sull’efficacia di tutte queste novità, che come noto non provocano benefici immediati: quanto tempo deve passare prima di rivedere il Pil italiano posizionato su tassi di crescita potenziale rassicuranti e sostenibili? Serviranno interventi legislativi ulteriori, ancora più incisivi e più controversi? E come si comporterà in prospettiva la classe politica italiana, quella stessa che negli ultimi 15 anni
ha sottovalutato i gravi problemi di lunga data che hanno portato il rischio-Italia sull’orlo del baratro l’anno scorso? Il costo del rifinanziamento del debito pubblico italiano riuscirà a rimanere sotto controllo,
anche quando l’effetto delle operazioni Ltro inizierà a svanire?