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 2012  marzo 30 Venerdì calendario

ROMA —

Una banconota sull’altra, in una valigetta ventiquattrore, possono trovar posto 6 milioni di euro in biglietti da 500 euro. Il conto lo ha fatto la Guardia di finanza, che sulla lotta al riciclaggio si è fatta negli ultimi anni una grande esperienza. Perché se c’è qualche incertezza nell’indicare la cifra — si parla di non meno di 130 miliardi di euro — nessuno ha dubbi sul trend di forte crescita del fenomeno dell’espatrio illegale di capitali negli ultimi vent’anni. «Un esodo biblico» secondo Francesco Greco procuratore generale aggiunto di Milano, convinto che quasi l’80% delle somme portate all’estero costituisca evasione fiscale e solo il resto riciclaggio. Tanto che ormai nell’esportazione di capitali verso i paradisi fiscali, dice, l’obiettivo non sarebbe più «lavare soldi sporchi» quanto, al contrario, trasformare «soldi puliti in clandestini». E in clandestinità le tasse non si pagano. I sistemi per evitare i controlli, e le imposte, sono tanti. Ce n’è per tutti: dai meccanismi più sofisticati che utilizzano l’incasso degli assegni propri presso una banca straniera, o l’uso di carte di credito prepagate o addirittura di carte telefoniche. Ai sistemi più tradizionali — come il caso Fede testimonia — del passaggio alla frontiera con i soldi accuratamente occultati. L’ultimo rapporto della Guardia di finanza li descrive nel dettaglio. Il primo, forse il più diffuso, prevede una certa organizzazione e la partecipazione all’operazione di più persone fra le quali viene ripartito, polverizzandolo nei quantitativi consentiti dalla legge (fino a 10 mila euro), il gruzzolo da esportare. Il secondo mette in moto la fantasia dei singoli che nascondono su di sé il denaro per passare, senza fare denuncie di valuta, la dogana: le Fiamme gialle hanno trovato banconote nelle scarpe, nei calzini, negli slip, nel reggiseno o legati alla vita. Ma anche semplicemente in mezzo ai biglietti di viaggio, nella carta di imbarco o nei documenti portati in mano.
C’è poi chi confida di passare indenne dal controllo dei bagagli portati a braccio o stipati fino all’inverosimile nel bagagliaio. Sempre che non vengano usati cassetti, braccioli, schienali, portaoggetti oppure appositi doppifondi creati ad hoc come si vede nei film. Ma le banconote sono state trovate anche nei pacchi di biscotti o di pasta, nelle tavolette di cioccolata o in altri generi alimentari. Per non parlare di chi, puntando sulla cultura, nasconde i soldi in un libro o in un portafoto. Sempre secondo il rapporto della Guardia di finanza i più arditi sono i cinesi, attivissimi nell’esportazione di capitali dall’Italia, che con pazienza certosina nascondono il denaro contante nelle sigarette dopo averle svuotate dal tabacco e, addirittura, occultano le banconote all’interno dei salva slip preventivamente separati e successivamente rincollati a caldo in modo da non lasciare segni evidenti di alterazione.
Non sono poi tramontati, anzi, il ricorso ai più esperti corrieri di valuta e l’apertura dei conti bancari sotto falso nome. In questi ultimi casi entra in moto la rete dei prestanomi che negli ultimi anni si sono evoluti diventando anche dei financial manager. Costoro non sono altro che cittadini italiani o stranieri arruolati via internet dalle organizzazioni specializzate nella commissione di furti d’identità e di frodi informatiche ai danni di ignari correntisti e risparmiatori. Sempre in piedi infine il sistema delle compensazioni, cioè uno scambio di soldi in Italia tra clienti di una stessa banca straniera con opposte esigenze.