Vittorio Feltri, il Giornale 30/3/2012, 30 marzo 2012
Spero non si offenda Emilio Fede se, parlando di lui, mi viene in mente Vitaliano Brancati, scrittore siciliano, che prendeva in giro affettuosamente i propri conterranei e i loro miti, anzitutto il gallismo
Spero non si offenda Emilio Fede se, parlando di lui, mi viene in mente Vitaliano Brancati, scrittore siciliano, che prendeva in giro affettuosamente i propri conterranei e i loro miti, anzitutto il gallismo. Per capirci subito, cito Paolo il caldo , l’ultimo libro di Brancati. Fede è un personaggio da romanzo, complesso ed enigmatico, spontaneo negli atteggiamenti, ma non sempre schietto come appare. Insomma, è impastato di sicilianità e non potrebbe essere diversamente essendo nato nell’isola. Ieri Aldo Grasso sul Corriere della Sera , ricordandone la carriera, che non è chiusa ma semichiusa, gli ha reso cavallerescamente l’onore delle armi: di Emilio si può dire tutto, tranne che non sia stato un protagonista dell’informazione. Forse continuerà a esserlo. Glielo auguriamo, anche se, alla soglia degli 81 anni, il futuro non potrà essere lungo quanto il passato. Sapevamo, noi del cosiddetto circo massmediatico, che Fede stava per abbandonare la direzione del Tg4 , però la sua uscita ci ha comunque colti di sorpresa per come è avvenuta. Ci aspettavamo che la data dell’addio coincidesse con quella del suo prossimo compleanno, l’ottantunesimo appunto, il 24 giugno. Soprattutto eravamo persuasi che il saluto ai telespettatori sarebbe stato accompagnato da una cerimonia solenne, lacrime e champagne. Previsione sbagliata. La vita non rispetta mai il copione suggerito dai nostri desideri. Nel bene, e soprattutto nel male, ti stupisce sempre. È andata così anche stavolta: Emilio esce di scena malinconicamente per decisione dell’azienda, non sua. Ma serve aggiungere che, se fosse dipeso da lui, da quella scena non sarebbe mai uscito se non per cause di forza maggiore. Credo di sapere quale sia il suo stato d’animo. Certe esperienze le ho vissute anch’io, sia pure in altre forme. Quando sali sul podio, sei temuto, corteggiato, blandito e spesso ingannato. Quando scendi, vieni sommerso dall’indifferenza,se va bene.Se va male, gli sguardi di chi ti aveva adulato si trasformano in punte acuminate che trafiggono. Vuotare i cassetti della scrivania, percorrere in solitudine i corridoi, nessuno che ti aiuti a portare via gli effetti personali: è come assistere al proprio funerale. In quel momento, comprendi con amarezza i tuoi limiti e quelli degli altri. Gli uomini nel peggio sono tutti uguali. Il direttore di un giornale, e in genere ogni capo, un minuto dopo non esserlo più, è un poveraccio e come tale viene trattato. È già un successo se non gli sputano addosso. Fede in questi giorni amari dovrà sopportare un peso in più: quello dell’età.Facile dire a uno di 81 anni:ma va’là che non li dimostri, sei ancora fresco e lucido, puoi fare molte cose. Vero. Ma che consolazione è per uno consapevole che la vecchiaia è il pretesto più comodo dei detrattori per spargere sul tuo conto ogni sorta di malignità? Finché sei in sella, la pista ti sembra infinita, ma non lo è, e te ne accorgi quando posi i piedi per terra. Emilio, come chiunque, ha commesso molti errori, però non sarò io a rammentarglieli, dato che il mio bagaglio di stupidaggini è colmo e me lo tengo sulle spalle. Quando, poco più che ragazzo, egli giunse a Torino dalla natia Barcellona Pozzo di Gotto per lavorare alla Gazzetta del Popolo , sono sicuro che non sperasse in un avvenire radioso quale poi è stato, pur disseminato di tribolazioni. Massì, gli è andata di lusso: fu assunto alla Rai (favorito dalla stima che aveva in lui Enzo Biagi), promosso inviato speciale del Tg1 e poi vicedirettore e direttore, incarico, quest’ultimo, coronato dal capolavoro della diretta da Vermicino, con quel bimbo precipitato in un buco da cui fu estratto morto, nonostante numerosi tentativi di salvarlo. Fede nel giornalismo televisivo ha fatto scuola,occorre dirlo.L’informazione in Fininvest (adesso Mediaset) l’ha inventata lui con Studio Aperto , e fu lui la notte del primo bombardamento americano su Bagdad, nel 1991, a darne notizia. Un cronista formidabile, capace di calamitare l’attenzione dei telespettatori, con due immagini e quattro appunti, per ore e ore. Tutto questo sarebbe disonesto dimenticarlo. Il resto è vita. Ebbe una grana giudiziaria, ai tempi della Rai, per faccende di gioco d’azzardo, ma ne uscì pulito: assolto. L’amicizia e la collaborazione con Silvio Berlusconi è stata una fortuna e una maledizione: Emilio ha trascorso 20 e passa anni sotto le antenne del Biscione, sicuro del fatto suo e del fatto che il Cavaliere aveva un debole per lui. Il quale Cavaliere, difatti, lo considerava ospite fisso alla corte di Arcore. Nelle rare circostanze in cui anch’io sono stato ammesso nella reggia, Fede era lì, alla destra dell’Onnipotente.Non ha mai dissimulato la propria gratitudine, nemmeno nella gestione del telegiornale; aveva e forse ha ancora un dubbio: collocare Silvio nel tabernacolo o tenerlo nel cuore? Ha alternato le due cose. Lo ha fatto senza infingimenti, a suo modo è stato onesto. Chi ha seguito il Tg4 ne era edotto: Emilio era il Verbo e il Verbo era quello dell’Altissimo. Ignoro quali siano le vicende che hanno provocato la rottura né intendo indagare per scoprirle e raccontarle. Questo articolo va preso per ciò che è:un omaggio all’amico che lascia, a un maestro di giornalismo che meritava una celebrazione in video: la sua casa, la sua passione, il suo amore. Delle storie private del direttore uscente non importa nulla; ripeto soltanto che se ne dovrebbe occupare Vitaliano Brancati, se ci fosse ancora. Senza Fede, non c’è più religione. Vittorio Feltri