Federico Rampini, l Repubblica 30/3/2012, 30 marzo 2012
new york - La copertina di Time invoca "La verità sul petrolio". Barack Obama offre la sua, di verità: risponde con un attacco durissimo ai petrolieri-sanguisughe
new york - La copertina di Time invoca "La verità sul petrolio". Barack Obama offre la sua, di verità: risponde con un attacco durissimo ai petrolieri-sanguisughe. Per il caro-benzina il presidente mette sotto accusa «i profitti delle compagnie che salgono ogni volta che si fa il pieno al distributore». Denuncia anche «il doppio onere che i petrolieri ci impongono, col rincaro dei prezzi e anche i sussidi pubblici pagati dal contribuente». E´ polemico anche col Congresso, dove la destra «boicotta gli investimenti in energie rinnovabili ma si batte per preservare i regali fiscali ai petrolieri». La battaglia contro l´inflazione energetica si sviluppa su più fronti. Si stringono i tempi per il ricorso alle riserve strategiche dei paesi industrializzati. Obama ha aggirato le resistenze della Germania mettendo assieme una coalizione che include Francia, Inghilterra e Giappone: quattro delle maggiori potenze industriali si preparano a gettare sul mercato una parte degli stock governativi. Il premier francese François Fillon conferma che «l´intervento concertato sui mercati è vicino», precisa però che non bisogna farsi illusioni eccessive: «E´ una misura mirata a fronteggiare la crisi in Iran, ma non farà miracoli. Avrà un effetto di calmiere sui prezzi solo per un tempo limitato». Un´operazione analoga fu fatta nel giugno 2011, quando Usa e alleati misero sul mercato 60 milioni di barili provenienti dalle riserve strategiche, per compensare l´ammanco di petrolio dalla Libia. Ieri le quotazioni del greggio sono scese (102,78 dollari il prezzo dell´americano Wti rispetto all´apertura di 105 dollari), in reazione a queste notizie. Ma il trend al rialzo è sospinto, paradossalmente, da un successo di Obama: le sue sanzioni contro Teheran si stanno rivelando efficaci. L´export iraniano a marzo è caduto del 14%. E continuerà a scendere, se passa l´ulteriore giro di vite voluto da Usa e Ue, che impedirebbe di assicurare le forniture di petrolio dirette dall´Iran anche verso paesi terzi in Asia e in Africa. A sostenere l´operazione-calmiere di Obama però è intervenuto ieri il ministro del petrolio dell´Arabia saudita, Ali Naimi. «L´Arabia saudita vuole prezzi più bassi, a livelli tali da non compromettere la ripresa economica mondiale. I prezzi attuali stanno penalizzando la crescita in Europa». I sauditi si dicono disponibili ad aumentare la loro produzione del 25% in caso di penurie e shock ulteriori. Ma sulla crisi energetica un altro fronte è stato aperto dalle potenze emergenti, con una pesante polemica contro Stati Uniti e Unione europea. Sotto tiro in particolare le politiche monetarie espansive di Mario Draghi (Bce) e Ben Bernanke (Fed). L´attacco è stato sferrato dal vertice dei Brics - Brasile Russia India Cina e Sudafrica - riuniti a New Delhi. Nel comunicato finale si legge che «l´eccessiva liquidità monetaria creata da politiche aggressive delle banche centrali esonda nelle economie emergenti generando una eccessiva volatilità nei flussi di capitali e nei prezzi delle materie prime». Il linguaggio è tecnico ma il significato è chiaro: l´inflazione petrolifera è dovuta anche all´eccesso di moneta messa in circolazione dalla Fed e dalla Bce. Ha rincarato la dose la presidente brasiliana, Dilma Roussef, dal summit di Delhi: «Di questa crisi sono responsabili i paesi sviluppati. Non sarà superata attraverso l´austerità e i tagli o l´impoverimento dei lavoratori, tantomeno con delle politiche monetarie che equivalgono a uno tsunami di moneta, hanno provocato una guerra valutaria e forme perverse di protezionismo». Parole insolitamente dure, che vengono da un gruppo di potenze emergenti che rappresentano un quarto del Pil mondiale e il 45% della popolazione del pianeta. Sono nazioni il cui peso sui consumi energetici non fa che crescere. L´ultima conferma viene da un sorpasso clamoroso: la compagnia petrolifera cinese Petrochina ha superato la produzione dell´americana Exxon, per decenni la leader mondiale. La Exxon ha subito un doppio declassamento perché anche la russa Rosneft l´ha superata, relegandola in terza posizione. Petrochina è ormai numero uno mondiale con 2,4 milioni di barili al giorno, grazie ad un´aggressiva espansione all´estero e l´acquisizione di nuovi diritti di estrazione in Canada, Iraq e Qatar. I Brics hanno anche contestato la nomina di un americano al vertice della Banca mondiale, hanno chiesto di pesare di più al Fmi, e hanno avviato il piano di creazione di un "Fondo monetario asiatico".