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 2012  marzo 30 Venerdì calendario

Un anno fa proliferavano le buone intenzioni: riequilibrio nel rapporto tra costi e ricavi dei club, maggiore diversificazione sul fronte degli introiti troppo legati alla voce diritti televisivi, riduzione del costo del lavoro e soprattutto interventi legislativi per agevolare la costruzione di nuovi stadi

Un anno fa proliferavano le buone intenzioni: riequilibrio nel rapporto tra costi e ricavi dei club, maggiore diversificazione sul fronte degli introiti troppo legati alla voce diritti televisivi, riduzione del costo del lavoro e soprattutto interventi legislativi per agevolare la costruzione di nuovi stadi. A distanza di dodici mesi i conti del calcio sono ancora da allarme rosso o, per dirla con il ministro dello Sport, Piero Gnudi, «da fallimento». Dall’analisi della stagione 2010-11 emerge che i debiti della serie A sono cresciuti fino a 2.659 milioni di euro (+14% rispetto allo scorso anno), mentre la perdita netta dell’intero settore professionistico è di 428 milioni, il 23,7% in più dall’ultima rilevazione. Dopo due anni di crescita, il valore della produzione della Serie A ha fatto registrare un calo (-3,2%), sebbene sia rimasto al di sopra dei 2 miliardi. «In altri ambiti, con questi numeri, si parlerebbe di società prossime al fallimento», la disamina del ministro, che scaraventa il calcio addosso alle conseguenze di bilanci drammatici: «Oggi il Paese sta attraversando una crisi che sarà ancora lunga, così sarà difficile trovare dei mecenati che investano mentre si corre il rischio di non trovare società in grado di iscriversi ai campionati». Il velo alzato da Report Calcio, lo studio presentato da Figc, Arel e Pricewaterhouse Coopers, trova il pallone in pessima salute: scovare la statistica confortante è un esercizio complicato e forse fuorviante. Un paio di motivi per consolarsi, ma niente di più: nelle stagioni 2008-09 e 2009-10 erano state registrate crescite dei costi di produzione superiori al 6%. Questa volta l’incremento è contenuto (1,5%, 2,9 miliardi di euro il totale): volendo, lo si può leggere come un disperato tentativo di rinsavire. Un altro sorriso riescono a strapparlo i vivai: nelle primissime fasce d’età si segnalano significativi aumenti di tesserati. Va detto che le risorse investite nel settore giovanile sono aumentate del 19,3%: nella stagione scorsa sono stati «scommessi» sui ragazzi quasi 79,7 milioni. Il resto è un’impressionante serie di note dolenti, dalla quale affiora un fenomeno in controtendenza in tema socio-economico: soltanto otto club della serie A 2010-11 (appena 19 nell’intero sistema professionistico) hanno ottenuto un risultato netto positivo. Il circolo dei virtuosi è composto da Napoli, Lazio, Palermo, Parma, Catania e Udinese, più le retrocesse Bari e Brescia. Così, a differenza che in altri settori produttivi, nel calcio è il Sud a registrare i dati più confortanti. Un caso interessante. Come i calcoli che si intrecciano con il famigerato fairplay finanziario e che vedevano il club di De Laurentiis, assieme al Bayern Monaco e all’Arsenal, tra i soli a vantare carte in regola nel gruppo delle sedici squadre approdate agli ottavi di Champions League. E visto che di Europa si parla, l’Italia è seconda nella classifica del peggior risultato netto medio per società al 2010: -12,201 milioni di euro, solo l’Inghilterra ha saputo fare di peggio (-25,5 milioni). Lo scorso anno la presentazione del Report fu l’occasione per auspicare la diminuzione dell’incidenza dei ricavi da diritti televisivi. E magari l’aumento di quella dei ricavi da altre attività commerciali:la missione non può dirsi compiuta, se le differenze sono minime. Da sponsor e merchandising sono arrivati appena 8 milioni in più, mentre la dipendenza da tv resta viva: la serie A ha incassato 931 milioni (-6,9%), che rappresentano ancora il 55,6% del totale. Dodici mesi prima il peso era del 58,35%. L’indotto dai diritti derivanti dalle competizioni europee è passato dall’11,7 all’8,8% del totale: nel 2009-10 l’Inter vinceva la Champions. Certi risultati pesano, eccome. "STUDIO DELLA FEDERAZIONE" "Utili per 19 su 127 club pro’ Settore troppo dipendente dai diritti televisivi"