Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  marzo 30 Venerdì calendario

Draghi stretto tra due fuochi Dopo gli attacchi tedeschi è partita l’offensiva francese – Non è indispensabile aver letto Erich Maria Remarque per sapere che nel rapporto tra francesi e tedeschi la Prima guerra mondiale è un vulnus

Draghi stretto tra due fuochi Dopo gli attacchi tedeschi è partita l’offensiva francese – Non è indispensabile aver letto Erich Maria Remarque per sapere che nel rapporto tra francesi e tedeschi la Prima guerra mondiale è un vulnus. E forse l’immagine della «grosse Bertha», il famoso cannone schierato dalla Germania guglielmina sul sanguinoso fronte occidentale, presa in prestito a fine febbraio da Mario Draghi per difendere le maxi aste della Bce, è stata già poco felice. Ma quando il presidente italiano dell’Eurotower si è fatto fotografare più di recente addirittura con un elmetto prussiano in testa dono del tabloid Bild per la sua presunta «germanicità» - al di là del Reno è saltato qualche nervo. Un personaggio del peso di Jacques Attali, l’ex consigliere di Mitterrand, ha dedicato questa settimana un durissimo editoriale sul settimanale Express a Draghi, in cui lo accusa senza mezzi termini di aver fatto un’intervista «sbalorditiva» alla Bild , «oltrepassando le prerogative cui lo autorizzano il suo statuto e il suo ruolo». All’economista arruolato anche da Sarkozy per rimettere in moto l’economia francese non è piaciuta la scena dell’elmetto e l’elogio esplicito del modello economico tedesco, ma soprattutto «lo schema Ponzi» che verrebbe fuori dalle maxi aste da 1000 miliardi di euro. Al di là del singolo, feroce attacco di un autorevole studioso e consigliere politico, è noto che il candidato socialista alle imminenti elezioni presidenziali, François Hollande, ha già messo al centro della propria agenda - se i francesi lo eleggeranno a capo dell’Eliseo - la modifica del mandato della Bce. Anche dieci giorni fa Hollande ha sottolineato che vuole darle un ruolo attivo nelle politiche per la crescita e che vuole assicurare una licenza bancaria al fondo salva-Stati per consentirgli di partecipare alle aste dell’Eurotower. Soprattutto, Hollande ha già minacciato a più riprese di smantellare la principale creatura merkeliana, il nuovo rigorosissimo Patto di stabilità - un insieme di regole talmente in sintonia con la filosofia di Draghi da portare il nome ispirato alla rivoluzione americana suggerito proprio dal presidente della Bce, l’hamiltoniano “Fiscal compact”. Ma questa settimana sul nuovo Patto è arrivato anche il siluro atomico di uno dei padri dell’Unione europea, Jacques Delors. L’ex presidente della Commissione Ue ha appoggiato la tesi del candidato socialista, ha sostenuto che il nuovo Patto è macchinoso e ingestibile e che «non tutti i Paesi europei possono adottare il modello tedesco». E per completare il quadro dell’offensiva francofona a Draghi e alla nuova Europa «modello Merkel», anche il belga L’Echo ha dedicato un duro editoriale contro l’intervista filo-tedesca del capo Bce al tabloid Bild . Titolo eloquente, «SuperMario, il cocco della Germania». Quello che molti francesi dimenticano è che Draghi non può fare a meno di tenere in considerazione l’opinione dell’azionista più importante della Bce, la Bundesbank. E il fuoco di fila che si è acceso da mesi anche da lì rischia di mettere Draghi letteralmente in mezzo a due fronti, quello francese e quello tedesco, se Hollande dovesse vincere le elezioni contro Sarkozy. La banca centrale tedesca sta infatti bombardando Draghi da settimane per motivi opposti. Il suo presidente, Jens Weidmann, sta criticando apertamente le due mega aste Bce e sta facendo forti pressioni perché l’Eurotower torni allo status «ordinario» pre-crisi, quando non comprava titoli di Stato dei Paesi a rischio, non organizzava aste di liquidità con tempi lunghi e interessi ai minimi e non accettava che collaterali di altissima qualità dalle banche. E anche sul rafforzamento del nuovo fondo salva-Stati Esm il banchiere centrale si è lasciato andare mercoledì addirittura a un’immagine biblica, per marcare il rigorismo: «come la Torre di Babele, anche il Muro di soldi non raggiungerà il cielo». Ieri è stato poi Wolfgang Schaeuble a mettere un freno alle ambizioni dei socialisti francesi «La Germania non accetterà né gli Eurobond né l’ipotesi di trasformare la Bce in “prestatore di ultima istanza”». Ma il clima è ormai talmente incandescente attorno a Draghi che mercoledì anche il presidente del Consiglio, Mario Monti si è sentito in dovere di intervenire, difendendo il mandato Bce: «va bene così». E anche l’operato di Draghi: è stato «intelligente e fattivo».