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 2012  marzo 29 Giovedì calendario

Collasso vicino: ogni lavoratore manterrà il doppio dei pensionati - Mettiamola così: nei prossimi 50 anni ci sarà un lavoratore che dovrà mantenere uno che non lavora

Collasso vicino: ogni lavoratore manterrà il doppio dei pensionati - Mettiamola così: nei prossimi 50 anni ci sarà un lavoratore che dovrà mantenere uno che non lavora.I sociologi lo chiamano«tasso di dipen­denza totale». C’è da giurare che quel lavoratore lo apostroferebbe con un termine decisamente meno elegante. Eppure è quanto si va prospettan­do per il futuro dell’Unione europea. Il carico sui lavoratori aumenterà del 50 per cento. Un bel pe­so visto che già oggi 100 lavoratori ne mantengono 60 che saliranno a 100, di cui 60 pensionati e 40 ra­gazzi ancora in via di for­mazione. Non sono ipote­si. Sono dati, frutto di ri­cerche dell’università Cattolica di Milano che di­segnano foschi scenari dai contorni purtroppo nettissimi. E cioè, entro il 2060, 42 milioni di perso­ne operative in meno a fronte di 26 milioni di an­ziani che avranno tra i 65 i 79 anni e 39 milioni di ultraottantenni. Francesco Marcaletti, sociologo della Cattolica, ieri al convegno dell’associazione Nestore alla Commissione europea ha snocciola­to i dati spiegando che «la coperta è corta, dove la tiri scopre».«Corta»a dire poco.Ce n’è rimasto un pezzo microscopico a guardare i suoi grafici che si impennano e si inabissano perché comunque tu li voglia girare i conti non tornano. Tanto da solleci­tare al ricercatore una soluzione-provocazione: stare in pensione fino a 40 anni, poi ti formi, fai figli quando sei ancora giovane che a loro volta faran­no figli che potranno sostenere il sistema. A 40 an­ni vai a lavorare e a quel punto ci vai pure parec­chio contento perché non sei escluso dal contesto sociale. Già dal 2030 la curva sui suoi grafici torna a sorridere. Purtroppo è fantapolitica ma al profes­sore serve per poter dire che «dobbiamo comincia­re a pensare in modo sostanzialmente diverso». Che il modello applicato fi­no a oggi formazione- lavo­ro- riposo non funziona più e non potrà più funzio­nare. Che l’età non deve es­sere considerata un pro­blema. Anzi. La gestione dell’invecchiamento de­ve seguire altri percorsi e non a caso quest’anno è stato dichiarato in Europa l’anno dell’«invecchia­mento attivo». Soluzioni? Se «il presente è frutto di scelte fatte in passato che hanno provocato questo disquilibrio» l’unica ri­cetta sicura è «non» fare quello che è stato fatto e quindi men che meno continuare a portare avanti un sistema che non regge. «Sulle scelte si può tor­nare », commenta il sociologo che fa notare come in Norvegia si possa scegliere se lasciare il lavoro a 62 o 67 anni con un diverso trattamento economi­co. Oggi la terza età è un’altra cosa. 4 anziani su 10 fra i 200 partecipanti al progetto europeo Grun­dtvig hanno scelto di restare a lavorare. Perché co­me è stato sottolineato tempo libero va bene ma per 20 o 30 anni forse si avvicina troppo alla cruda affermazione di George Bernard Shaw «la vacan­za perenne è una buona definizione di inferno».