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 2012  marzo 28 Mercoledì calendario

Fonsai, la Procura lancia l’allarme crac - «Dottor Novarese, ci rac­conta come è andata?». Macché

Fonsai, la Procura lancia l’allarme crac - «Dottor Novarese, ci rac­conta come è andata?». Macché. Fila via più veloce che può Andrea Novarese, direttore generale di Fonsai, che ha appena finito tre ore di interrogatorio con il pubbli­co ministero Luigi Orsi. Tre ore per scavare sull’impero barcollan­te di Salvatore Ligresti, sulle scatole cinesi che contengo­no la fortuna dissolta dell’In­gegnere venu­to da Paternò che a Milano per quarant’an­ni ha regnato su una parte im­portante del mattone e della finanza e che oggi agisce sulla scena imprenditoria­le attraverso Fonsai, ovvero la fu­sione tra Fondiaria e Sai, marchi un tempo gloriosi della via italia­na all’assicurazione. Un impero ormai al tramonto. E- come spes­so accade - in questo tramonto fa irruzione la magistratura. Insider trading, aggiotaggio, fal­so in bilancio, false comunicazio­ni sociali: sono questi i reati che si stagliano dietro l’inchiesta«cono­scitiva » avviata dalla Procura di Milano nella persona del pubbli­co ministero Luigi Orsi. Gli inter­rogatori dei giorni scorsi (prima di Novarese era toccato ai collegi sindacali di Fonsai e di Premafin, la holding che la controlla)si svol­gono all’interno di questo fascico­lo, che ha ufficialmente Ligresti come unico indagato per il reato di ostacolo all’attività degli organi di vigilanza, per avere occultato al­la Consob il controllo su Premafin esercitato attraverso alcune socie­tà offshore. È poco più che un det­­taglio: ma sta diventando il grimal­dello attraverso il quale Orsi sta aprendo i segreti della cassaforte di Ligresti e della sua famiglia. Il clima, nei corridoi della Procura della Repubblica, non è dissimile a quello che precedette l’esplosio­ne delle grandi inchieste di crimi­nalità economica degli anni pas­sati: Parmalat, Antonveneta, il San Raffaele. Come in quei casi, il film del crepuscolo di un impero economico ha come guest star la Procura milanese. La sostanza si può riassumere così:per la Procura,l’impero di Li­gresti è in condizioni di crisi irre­parabile. L’analisi dei bilanci del­le tre scatole che contengono l’im­pero ha portato il pm Orsi a con­cludere che- se si ragionasse aset­ticamente - né Sinergia (l’unica non quotata, che controlla le altre due) né Premafin, né Fonsai sa­rebbero oggi in grado di fare fron­te alla pesante esposizione debito­ria. Premafin, in particolare, rie­sce a mascherare il disastro dei suoi bilanci solo indicando allo stato attivo un valore di Fonsai di sette volte superiore a quello at­tuale. Una situazione apparente­mente senza via d’uscita. «È più complicata del San Raffaele», di­ce una fonte vicina agli inquiren­ti. Vuol dire che la Procura di Mila­no si prepara a chiedere il falli­mento delle tre società di Ligresti, come fece per il San Raffaele nel settembre scorso? Per adesso no, semplicemente perché - a diffe­renza di quanto accadeva nel ca­so dell’ospedale di don Verzè- in­torno a Fonsai è già in corso un ten­tativo di salvataggio, officiato da Mediobanca e affidato a Unipol, l’assicurazione legata al movi­mento cooperativo che, assorben­do Fonsai (insieme con Premafin e con la controllata Milano Assicu­razioni) potrebbe dare vita al se­condo gruppo assicurativo italia­no. A questa operazione la Procu­ra milanese guarda con qualche scetticismo, perché alcuni passag­gi obbligatori per legge - come quelli di fronte a Consob e Anti­trust- non sembrano avere un esi­to scontato. E se lo stato di insol­venza­di Fonsai dovesse continua­re a peggiorare sensibilmente pri­ma della conclusione della fusio­ne, anche in questo caso potreb­be scattare l’istanza di fallimento. Nel frattempo, però, la Procura non si limita ad aspettare e a guar­dare. Alcuni reati- come eventua­li distrazioni di capitali - assume­rebbero rilevanza penale solo se si andasse al fallimento o al con­cordato preventivo: come gli ap­palti alle aziende di famiglia dei Li­gresti, per esempio la società Wa­ve di informatica, che dal gruppo riceve contratti milionari, e che ha tra i suoi soci il marito di Jonel­la Ligresti, Omar Bonomelli. Ma alcuni reati sono già stati commes­si: le bugie nei bilanci sulle mega­consulenze pagate da Fonsai allo stesso Ligresti, e scoperte solo nei giorni scorsi dal collegio sindaca­le; le operazioni di aggiotaggio sui titoli Fonsai e Premafin, che in Borsa nelle settimane scorse si s­o­no mossi come su un ottovolante; e soprattutto l’insider trading. Quest’ultima ipotesi di Orsi nasce da una semplice constatazione: l’annuncio della volontà di Uni­pol di rilevare Fonsai arriva tra il 12 e il 13 gennaio, ma già dalla fine di dicembre il titolo comincia a sa­lire. Evidentemente qualcuno (sul fronte Unipol o su quello Li­gresti?) già sapeva cosa stava per accadere. E ha messo a frutto le sue conoscenze facendo un sacco di soldi. Luca Fazzo *** La lunga agonia del colosso italiano dell’Rc auto - La battaglia per il salvataggio di Fondiaria Sai entra nel vivo. Sul tavo­lo, per salvare la compagnia, ci sono i piani di Mediobanca con Unipol e la coppia Sator-Palladio. La questione è delicata perché stiamo parlando di una delle perle finanziarie e di pote­re di questo Paese: Fonsai è la secon­da compagnia italiana alle spalle di Generali, ed è il primo operatore nel ramo della Rc auto. Ma c’è di più: la società custodisce in portafoglio al­cune partecipazioni strategiche per gli equilibri tra poteri forti. A comin­ciare da quel 5,4% del Corriere della Sera . Poi c’è il 3,8%di Mediobanca,il 4,4%di Pirelli,l’1,1%delle Generali e ancora una partecipazione dello 0,35%in Unicredit. Il 50%dell’intero portafoglio azionario del gruppo è in­vestito in sole sei società italiane. A capo della compagnia, tramite un’intricata catena di holding, con alcune con sedi Lussemburgo, c’è la famiglia Ligresti, che controlla, tra­mite Premafin, il 35,7% del gruppo assicurativo, a sua volta proprietario del 63,4% i Milano Assicurazioni. Nel dicembre 2002 i Ligresti sono di­ventati i pr­imi azionisti della compa­gnia dopo che la loro Sai ha acquista­to dalla Montedison e poi fuso Fon­diaria sotto la regia di Mediobanca. Il primo amore di Salvatore Ligre­sti è sempre stato il settore immobi­liare. Eredità ancora molto presente nei conti di Fonsai: ben 3,7 miliardi sono investiti nel «real estate», pari al 14% del totale degli investimenti. I conti della società, con un portafo­glio molto esposto al sistema finan­ziario e immobiliare italiano e una gestione non sempre trasparente, so­no saltati con la crisi: lo scorso anno a giugno Fonsai e Milano Assicurazio­ni hanno dovuto varare un aumento di 800 milioni. Ma dopo pochi mesi quella cifra si è rivelata del tutto insuf­ficiente a mettere al riparo i conti. La crisi è diventata conclamata a inizio 2012,con la richieste dell’Isvap,l’Au­thority assicurativa, e della Consob di correre ai ripari. Dopo due eserci­zi in profondo rosso, con perdite per oltre 1,5 miliardi nel periodo 2010-2011, la compagnia rischiava di non avere più le risorse sufficienti per assolvere gli impegni con gli assi­curati in caso di rimborso danni o ri­­scatti. Tecnicamente tale capacità si misura con il «margine di solvibili­tà ». Ebbene, per Fonsai, tale margi­ne è sceso al 78% quando l’Isvap ri­chiede almeno la quota del 120%. Oltre agli assicurati, a rischiare per il crac della compagnia sono an­che le banche esposte. Mediobanca vanta un prestito subordinato da 1 miliardo. A seguire c’è Unicredit che, dopo aver partecipato al primo aumento di capitale con 170 milioni, ora ha una partecipazione del 6,6% nella compagnia assicurativa e un’esposizione nell’ordine dei 300 milioni con la Premafin. Per salvare la sua esposizione,l’ad di Mediobanca Alberto Nagel ha messo a punto un piano che prevede l’intervento di Unipol, compagnia assicurativa controllata dalle coop e guidata da Carlo Cimbri, che richie­de un primo aumento da 1,1 miliar­di; poi l’ingresso di questa in Prema­f­in tramite il versamento di 400 milio­ni; e infine un aumento di capitale da 1,1 miliardo in Fonsai.L’operazione si concluderebbe con una fusione di quattro società: Premafin, Fonsai, Milano e Unipol. Ma una delle condi­z­ioni chieste alla Consob è di deroga­re all’obbligo del lancio di un’Opa. A mettere il bastone fra le ruote a Mediobanca si è mosso il private equity: Matteo Arpe con il fondo Sa­tor, salito al 3% di Fonsai, e Roberto Meneguzzo con Palladio (5%). Il pia­no è quello di iniettare 400 milioni di euro in Premafin più altri 100 per ri­pagare l’esposizione delle banche. Poi di lanciare un aumento di capita­le in Fonsai da 1,1 miliardo e di fare una fusione a tre, senza Premafin. Ma questo piano non è stato uffi­cialmente presentato alle società, che stanno già trattando in esclusiva con Mediobanca. E per questo moti­vo Arpe e Meneguzzo stanno dando battaglia in tutti i modi possibili. E da ieri, si sono aggiunti anche i fari della procura milanese. Per questo la par­tita è più aperta che mai. Marco Infante