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 2012  marzo 29 Giovedì calendario

ELKANN PADRE, L’ECLETTICO COLLEZIONISTA DI POLTRONE

Alain Elkann è un intellettuale dotato. E un uomo impegnatissimo. Ricorda il Re della canzone di Fo e Jannacci, quanto a incarichi. Se anche si dimette, l’effetto è quello del castello portato via, sì, ma giusto dei 32 che lui ne ha. Non se ne accorge nessuno, probabilmente neanche il diretto interessato. Elkann ha appena deciso di non ricandidarsi come Presidente del Comitato Scientifico di Palazzo Te a Mantova. Il mandato scadeva a fine 2011. Il sindaco lo ha esortato a rimanere, lui non ha cambiato idea. E nemmeno il comitato dei 25 specialisti internazionali, dimissionario per solidarietà. Da una parte Elkann, dall’altra il consiglio di gestione dell’associazione che organizza le manifestazioni. Lo presiede da poco Angelo Crespi, creatura di Vittorio Sgarbi, che ha accusato Elkann di megalomania e pressappochismo: “Un Comitato di 25 persone era davvero enorme, non ce l’ha neanche il Metropolitan (..) non mi sono trovato in mano nessun progetto compiuto, solo idee (..) Il Comitato ha ragionato come se fosse il board del Louvre”. Elkann, dal canto suo, ha sostenuto che “Crespi non sa organizzare mostre, (..) non ci hanno permesso di fare quello che volevamo”. Forse Mantova c’è rimasta male, di sicuro Re Alain saprà come consolarsi. La sua ubiquità è ammirevole. Colto, fascinoso, trasversale. Eclettico, resistente, instancabile. La sua mappa degli impegni, e dunque del potere, richiederebbe un Garmin potenziato: un supersonico Tom Tom Elkann.
ALLIEVO di Indro Montanelli, il defunto portale satirico Clarence ricorda così le sue interviste al maestro su Telemontecarlo: “L’attonito spettatore è portato a chiedersi chi dei due sia il più vecchio, nonostante Elkann abbia una quarantina d’anni meno del guru del giornalismo italiano”. Su La7 erano suoi “Due minuti un libro” e ora “Bookstore” al sabato mattina, dove la prima frase che rivolge agli scrittori ospiti è sempre la stessa: “Che bella questa copertina” (forse perché è l’unica cosa che ha avuto il tempo di sbirciare). Giornalista part-time, capace di spaziare dal Messaggero a Capital, da La Stampa ad A. Ora incline al colloquio domenicale (con domande che raramente mutano), ora al pensierino delle elementari (ammantato però di un quid insondabile, che sta ovviamente al lettore scorgere). Elkann ha scritto, e scrive, di tutto e con tutti: con il rabbino capo Elio Toaff, con il cardinale Carlo Maria Martini. Financo con il re giordano Abdullah. Pubblicazioni proustiane sul padre scomparso, sulla vena scomparsa , sul tutto scomparso. L’unico presente, anzi onnipresente, è lui. Premiato ovunque e comunque, a conferma di un eclettismo ispirato (si spera) o di un sapersi muovere tentacolare (si teme). Cavaliere dell’Ordine della Legion d’onore francese 2009, Premio America 2010, Premio Bellezze 2011. Bene, bravo, bis. Anzi tris. Anzi eccetera.
OLTRE all’incarico decaduto di Mantova, nel suo sfavillante curriculum ci sono (o c’erano) la presidenza della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino, quella della Fondazione CittàItalia e la nomina a consigliere per gli eventi culturali e per i rapporti con l’estero dell’ex Ministro Sandro Bondi. La lista, va da sé, è incompleta. Per quanto uno e trino, Elkann può garantire presenze episodiche. Si limita ad apparire, ogni tanto. Come un miracolo più o meno desiderato. Da qui alcune gaffes, come quando propose una bella mostra sui faraoni “per rilanciare Palazzo Te”. Peccato che in Italia, di eventi analoghi, ce ne fossero appena stati sei. La stampa parlò di “sindrome della mummia” e di idee “ovvie e populiste”, figlie degli “impegni altri e delle provenienze del presidente” (così Stefano Scansani su La Gazzetta di Mantova). Forse è tutta cattiveria, diffidenza, invidia. Oppure “insostenibile leggerezza del manager culturale”, per citare Nicola Melchiorri su L’Occidentale. O più semplicemente, ogni tanto, il Tom Tom Elkann perde il segnale. Inevitabile: neanche i satelliti riescono a stargli dietro.