Elias Vacca, il Fatto Quotidiano 29/3/2012, 29 marzo 2012
L’ISOLA DIMENTICATA E LA TENTAZIONE INDIPENDENTISTA
Alghero
Sono passati due anni e qualcosa è cambiato. O forse sono passati due anni e non è cambiato nulla. Il Fatto Quotidiano sbarcò per la prima volta in Sardegna nel tardo inverno del 2010, anzi approdò, direttore in testa, sull’Asinara occupata dagli operai della Vynils e conobbe la polveriera sarda della crisi industriale e sociale, dei conflitti pronti ad esplodere. Sassari, Alghero, Nuoro, Cagliari, da nord a sud “la Sardegna come metafora della crisi italiana”.
VENNE per ascoltare e si fece riconoscere, soprattutto fu vettore formidabile delle vertenze dell’isola dimenticata. Antonio Padellaro me lo disse allora: “Mi pare di capire che questo stato di abbandono alimenta l’indipendentismo”. Due anni dopo i focolai si sono moltiplicati. Alcuni sono diventati incendi devastanti. La crisi della Vinyls è sfociata, come quegli operai sostenevano, in quella dell’intero polo industriale di Porto Torres. Nelle zone interne pastori ed agricoltori producono sottocosto e sono strangolati dagli interessi bancari, le loro aziende vengono pignorate e vendute all’asta.
Il Sulcis, la ex area mineraria
oggi polo industriale in mano agli statunitensi dell’Alcoa ed ai russi dell’Eurallumina è alla disperazione.
E l’indipendentismo allora ? A voler credere alla serietà di certi proclami potremmo dire che il direttore aveva visto giusto. Il consiglio regionale ha infatti approvato in ordine sparso un ordine del giorno proposto dal Partito Sardo d’Azione, secondo il quale “Il Consiglio Regionale, preso atto delle ripetute violazioni dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione da parte del Governo e dello Stato italiano nei confronti della Regione Sardegna, delibera di avviare...la verifica dei rapporti di lealtà istituzionale sociale e civile con lo Stato, che dovrebbero essere a fondamento della presenza e della permanenza della regione Sardegna nella repubblica italiana”. Lo hanno votato, oltre ai proponenti, Sel, Idv, Udc e Pdl. Non lo hanno votato Pd e Riformatori. Maggioranza e opposizione in ordine sparso.
PAROLE forti in quel documento, inconsuete per un consiglio regionale nel quale i partiti indipendentisti non contano neppure un rappresentante. Lo stesso PsdAz non ha mai avuto una piattaforma indipendentista ed allora perchè questa sortita che spariglia poco le carte della maggioranza di centrodestra e molto quelle dell’opposizione di centrosinistra?
Nel 2004 si apriva anche formalmente la vertenza entrate. La Sardegna, sostenevano in molti e tra essi l’ex governatore Soru allora candidato alla presidenza , non riceveva dallo stato italiano quanto dovuto sulla base dei patti vigenti in materia fiscale. I sette decimi dell’Irpef e delle altre imposte (Iva, accise) che sarebbero dovuti rientrare nel bilancio regionale alla voce entrate non sarebbero stati versati dal 1991. Una stima approssimativa quantificava il circa 10 miliardi di euro il credito dei sardi verso lo stato esattore e cattivo pagatore. Nel 2007 con Romano Prodi al governo e Renato Soru alla presidenza della regione si raggiunse un’intesa sul quantum, sulla tempistica e sul trasferimento alla regione della totalità della spesa sanitaria. L’intesa non fu però mai attuata. Non lo fu con vari pretesti dal governo Berlusconi, né dalla giunta Cappellacci, in carica dal febbraio del 2009. Nel frattempo il brusco risveglio dell’Italia a colpi di spread e di richiami europei a far quadrare i conti ha fatto venire il dubbio a qualcuno che per rispettare un’intesa di quel tipo ci volessero anche i soldi, che il governo in carica non ha per gli ammortizzatori sociali, figurarsi per i sardi.
Come dire: la buona notizia è che il nostro credito è stato riconosciuto, la cattiva è che il debitore è sull’orlo del fallimento ed il commissario liquidatore non pagherà. Di qui la sortita indipendentista, se non escono i soldi usciamo noi. Il che va bene per sparigliare le carte in vista delle prossime elezioni regionali, per Cappellacci che finalmente sa a chi dare la colpa del suo fallimento, per chi ha interesse che l’indipendentismo non esca dall’agenda politica.
Che Sardegna troverà allora il Fatto Quotidiano in questo secondo diario della motocicletta ? Ancora una volta, c’è da temere, una terra nella quale la recessione sta già producendo vittime e rabbia sociale, mentre le rappresentanze istituzionali agitano un argomento che torna buono per molte cose. Tutte dentro il palazzo, però.