Laura Laurenzi, la Repubblica 29/3/2012, 29 marzo 2012
Nel super-laboratorio che cerca il segreto della chioma perfetta – Un edificio super moderno, bianco accecante, ardito, una sorta di fortezza consacrata allo studio e alla ricerca avanzata sul capello
Nel super-laboratorio che cerca il segreto della chioma perfetta – Un edificio super moderno, bianco accecante, ardito, una sorta di fortezza consacrata allo studio e alla ricerca avanzata sul capello. Siamo a Saint-Ouen, alle porte di Parigi: in questo luminescente palazzo di 25 mila metri quadrati l´Oréal, multinazionale della bellezza presente in 130 paesi, ha concentrato i suoi avveniristici laboratori di ricerca tricologica su cui ha investito una fortuna: 100 mila euro. Ieri inaugurazione ufficiale con taglio di nastro e annuncio decisamente ambizioso ma, secondo le alte sfere dell´azienda, raggiungibile: contiamo di conquistare entro breve un miliardo di nuovi clienti. L´atmosfera è un po´ quella di un ospedale da film americano e noi siamo tutti in camice bianco veniamo condotti a visitare le sezioni dove si eseguono gli esperimenti. Le varie sezioni hanno nomi di pietre preziose: rubino, zaffiro, topazio, ambra, corallo. Sottovetro fa mostra di sé una grande carta geografica, un planisfero, con i continenti rivestiti di capelli secondo provenienza. Volontari, soprattutto donne ma non solo, si sottopongono a nuove tinture, mezza testa trattata con un prodotto e l´altra mezza con un altro. I volontari, obbligatoriamente maggiorenni, non sono pagati: in cambio della loro disponibilità ottengono trattamenti gratuiti, tagli e colorazioni quasi sempre all´avanguardia. Complessivamente si eseguono circa 250 test al giorno: in totale saranno più o meno 35 mila l´anno su ottomila persone. Fra provette, pc, schermi, robot, macchinari da fantascienza gli esperimenti sono a ciclo continuo. La valutazione sensoriale si fa in un locale arredato come fosse la stanza da bagno di casa; telecamere filmano i movimenti. Ecco il laboratorio per la ricerca applicata al colore, quello per l´esame dei capelli in movimento. Ecco il robot-bilancia che prepara miscele e formule e simula diverse applicazione successive misurando la qualità del fusto del capello, finora ha pesato quasi un milione di campioni. Ecco la zona digitale per i capelli virtuali. C´è persino un settore per misurare il tasso di emozioni che danno determinati trattamenti. Sono una cinquantina i tecnici specializzati a monitorare sensazioni e reazioni del consumatore. Uno dei più massicci investimenti mai affrontati dall´azienda: cento milioni di euro per uno stabilimento che conta 500 dipendenti fra chimici, fisici, ottici, esperti di informatica, dermatologi, ingegneri. Il centro di Saint-Ouen coordinerà gli altri cinque centri analoghi disseminati nel mondo: in Giappone, negli Stati Uniti, in India, in Cina e in Brasile ed è soprattutto nei paesi emergenti che si cercano nuovi redditizi mercati. «Il nostro centro di ricerca rappresenta la nostra strategia che punta a rendere la bellezza universale attraverso la piena comprensione delle necessità e delle aspirazioni dei consumatori - afferma il presidente dell´Oréal Jean-Paul Agon - così da offrire alle donne e agli uomini di tutto il mondo prodotti adatti alle loro culture, abitudini di bellezza e potere di acquisto». Siamo nell´era della globalizzazione ma i capelli certo non sono «globalizzabili». Laurent Attal, direttore generale della ricerca, parla di «bellezza su misura, di universalizzare la bellezza» ma soprattutto di diversificarla, facendo presente quanto differenti siano i diversi tipi di capelli: «Basta esaminare al microscopio la sezione: è ellittica per gli africani, circolare per gli asiatici, ovale per gli europei. Diversa anche la densità: gli europei hanno in media circa 226 capelli per centimetro quadrato, gli asiatici 175, gli africani 161». È proprio in un paese emergente, ma in grande via di sviluppo, che le donne usano per i loro capelli un numero piuttosto consistente di prodotti mirati: quattro per le brasiliane, seconde solo alle giapponesi con 4,3, le francesi ne utilizzano in media 3,6 e le indiane 3.