Federico Rampini, la Repubblica 29/3/2012, 29 marzo 2012
La frenata del dragone – La Cina rallenta la sua crescita, si scopre vulnerabile alla recessione europea e s´interroga su come aiutare l´eurozona
La frenata del dragone – La Cina rallenta la sua crescita, si scopre vulnerabile alla recessione europea e s´interroga su come aiutare l´eurozona. India e Brasile perdono colpi e hanno la tentazione di rilanciare la crescita attraverso il protezionismo. I Brics (Brasile Russia India Cina Sudafrica) sono a un appuntamento storico, il vertice annuo che li riunisce oggi a New Delhi deve decidere se sono pronti ad assumersi un ruolo da leader nell´economia globale. Le locomotive emergenti erano passate quasi indenni attraverso lo shock sistemico del 2008-2009, grazie a robusti programmi di spesa pubblica e alla tenuta della domanda interna. Ora i segnali di difficoltà si moltiplicano anche per loro. La Cina, abituata a tassi di crescita del 10% annuo, nel 2012 dovrà "accontentarsi" di un aumento del Pil del 7,5% (previsioni governative). Il Brasile dal 7,5% è sceso a una velocità di crescita del 4,5%. In parte i Brics soffrono di problemi creati dall´Occidente. L´America con la sua politica monetaria ultra-espansiva ha inondato il pianeta di liquidità, che nei Brics genera inflazione e bolle speculative. L´Europa con l´austerity si fabbrica in casa una seconda recessione, deprime i consumi e riduce la domanda di prodotti "made in China". Ciascuno dei Brics vede affiorare debolezze specifiche. Pechino rischia la "malattia di mezza età" descritta da un recente rapporto della Banca mondiale: una sindrome ben nota perché fu sofferta da Giappone e Corea del Sud. È una crisi che colpisce nazioni "a reddito medio", in quella fase di transizione che segue il primo decollo industriale: non si può andare avanti all´infinito con un modello di sviluppo fondato su bassi salari e trainato prevalentemente dalle esportazioni; bisogna riconvertirsi su produzioni ad alto contenuto tecnologico, alzare i salari, dare più spazio ai consumi interni, creare un Welfare State. La transizione non è stata facile (né perfettamente compiuta) in Giappone. Tanto meno lo è per la Cina, che ha una popolazione dieci volte più numerosa, vaste regioni ancora sottosviluppate, un regime autoritario legato a doppio filo agli interessi della lobby industriale dell´export. I vertici della Repubblica Popolare, impegnati proprio quest´anno in un avvicendamento generazionale, s´interrogano anche sul loro ruolo nel mondo. La Cina si rende conto che è arrivata a un tale livello di potenza, da dover assumere maggiori responsabilità nella governance dell´economia globale. Il suo ministro del Commercio estero Chen Deming ieri a New Delhi ha ribadito ciò che era stato annunciato dal presidente Hu Jintao: «la Cina contribuirà ad aiutare l´eurozona», sia con una partecipazione al fondo salva-Stati, sia con investimenti esteri diretti. È una generosità interessata: il Giappone fece lo stesso con l´America di Ronald Reagan, per salvare il proprio cliente più importante. India e Brasile indicano però delle possibili ricette alternative. Il governo di New Delhi, proprio mentre ospita il summit dei Brics, sta aggiungendo nuove misure a un armamentario di leggi protezioniste: ora minaccia una tassa sui capitali stranieri investiti alla Borsa di Mumbai (200 miliardi di dollari, il 17% di tutta la capitalizzazione del mercato azionario indiano). È dal 2008 che l´India ha imboccato un graduale ripiegamento protezionista, segnalato da gesti punitivi contro la speculazione finanziaria e le multinazionali straniere. Dal mondo angloamericano piovono dure critiche contro questo "ritorno ai vizi del passato", ma l´India può esibire una crescita ancora sostenuta e ormai pressoché uguale a quella cinese. La sua caratteristica è di essere trainata dalla domanda interna, quindi meno vulnerabile ai cicli americani o europei. Il Brasile ha una ragione in più per fare ricorso a misure protezioniste: la presidente Dilma Rousseff ritiene che l´industria brasiliana è stata penalizzata dalla "guerra delle valute" fra Washington e Pechino, con il real che si rivalutava eccessivamente rispetto a dollaro e renminbi. Al vertice di New Delhi il governo indiano ha messo all´ordine del giorno la creazione di una nuova banca multilaterale dei Brics, una sorta di "Fondo monetario delle potenze emergenti", e la Cina è pronta a finanziarlo in renminbi varcando una nuova tappa nell´internazionalizzazione della sua moneta. È un passaggio cruciale: gli emergenti entrano nella loro età adulta, e vogliono dotarsi di istituzioni comuni, per diventare qualcosa di più di un "club", forse l´embrione di una vera coalizione.