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 2012  marzo 29 Giovedì calendario

1922, CONFERENZA DI GENOVA LA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI

1922, CONFERENZA DI GENOVA LA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI - Fra poche settimane ricorrerà il novantesimo anniversario della Conferenza internazionale economica di Genova (aprile 1922), un incontro cruciale per il ristabilimento delle relazioni diplomatiche fra i Paesi vincitori del primo conflitto mondiale, la Germania e l’Unione Sovietica. Molti interpretano la conferenza come un ennesimo fallimento dei rapporti fra la Francia e la Germania, soprattutto in vista della successiva crisi della Ruhr del gennaio 1923. Io, invece, penso sia stato un incontro decisivo per la normalizzazione dei rapporti economici e diplomatici in Europa, e che abbia posto le basi per il dialogo franco-tedesco che avrà uno dei momenti apicali nel Trattato di Locarno (ottobre 1925). Le sarei grato se mi fornisse il suo punto di vista.
Giovanni Godoli
giovannigodoli@gmail.com
Caro Godoli, la conferenza di Genova, a cui parteciparono i delegati di 34 Paesi (i vincitori della Grande guerra, con l’eccezione degli Stati Uniti, gli sconfitti e cinque Dominion britannici), fu una commedia degli equivoci e dei paradossi. Il primo equivoco fu la sede dei lavori. Quando una precedente conferenza (a Cannes nel gennaio dello stesso anno) si mise d’accordo sulla necessità di un nuovo appuntamento e la delegazione italiana propose Genova, il primo ministro britannico David Lloyd George credette di capire che l’incontro avrebbe avuto luogo a Ginevra.
Altri equivoci furono l’inevitabile risultato delle riserve mentali e dei diversi obiettivi con cui le delegazioni nazionali presero parte agli incontri di palazzo San Giorgio e di altri palazzi genovesi. Lloyd George, promotore della conferenza, sperava di attenuare con la ripresa degli scambi commerciali e dei rapporti economici le molte divergenze politiche di un continente non ancora pacificato. La Francia desiderava soprattutto un patto anglo-britannico per tenere a bada la Germania e non intendeva rinunciare al pagamento dei danni di guerra tedeschi. La Russia sovietica accettò l’invito nella speranza di rompere il blocco economico di cui soffriva dall’inizio della rivoluzione. Le democrazie occidentali accettarono la presenza della delegazione di un Paese comunista, ma colsero l’occasione per chiedere formalmente il rimborso dei prestiti concessi all’Impero zarista e un indennizzo per le fabbriche straniere confiscate dai soviet. La Russia fece capire che avrebbe trattato soltanto se il negoziato si fosse esteso ai danni provocati dai contingenti militari alleati che avevano cercato di soffocare la rivoluzione. Lloyd George aveva puntato sul futuro, ma quasi tutti gli altri Paesi avevano gli occhi rivolti al passato.
Mentre nessuno di questi obiettivi veniva raggiunto, la conferenza produsse un risultato che nessuno aveva previsto. Il 16 aprile il ministro degli Esteri tedesco e il ministro degli Esteri sovietico s’incontrarono segretamente a Rapallo per firmare un accordo che avrebbe gettato le basi della loro collaborazione economica negli anni seguenti. Con un realismo e una rapidità che sbigottirono tutte le altre delegazioni, Walther Rathenau e Georgij Cicerin cancellarono con un tratto di penna il trattato di Brest Litovsk, che la Germania aveva imposto alla Russia nel marzo del 1918, e strinsero il patto delle nazioni sconfitte. Il Trattato di Rapallo fu soltanto un aspetto della loro collaborazione. Ancora più importante fu l’intesa tra il capo di stato maggiore tedesco, il generale Hans von Seeckt, e l’Armata Rossa per la collaborazione militare. I tecnici tedeschi avrebbero fornito la loro esperienza alle fabbriche russe d’armamenti. I sovietici avrebbero permesso ai tedeschi di fabbricare e sperimentare in Russia le armi che non avevano il diritto di produrre in patria. In Russia, negli anni seguenti, furono organizzati a favore della Germania campi d’addestramento per carri armati, per l’aviazione e per i gas tossici. Paradossalmente è questa la ragione per cui la conferenza di Genova ha diritto a un posto di tutto rispetto nella storia della diplomazia europea.
Sergio Romano