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 2012  marzo 29 Giovedì calendario

MULTINAZIONALI IN CERCA D’APPEAL

Mettetevi nei panni del capo di una grande multinazionale che voglia investire in Italia. Scegliereste Roma come sede del vostro quartier generale?
Intanto uno dei requisiti più importanti per un’azienda è la mobilità, e qui siamo messi molto male. In un recente studio l’Isfort ha calcolato che ogni romano, neonati e vegliardi compresi, trascorre mediamente in auto 227 ore l’anno. Roma ha il record mondiale delle vetture private: già nel 2006 se ne contavano ben 678 ogni mille abitanti, contro 582 di Milano, 455 di Parigi, 411 di Barcellona, 403 di Vienna, 328 di Londra e 322 di Berlino. Oggi superiamo abbondantemente quota 700. Inquinamento e lamiere imprigionano letteralmente una città che non ha la struttura viaria per sopportare una simile pressione, né parcheggi. Le auto in sosta o in movimento occupano il 20% dell’intera superficie urbana lasciata libera dalle costruzioni.
Con un’azienda di trasporto, l’Atac, che ha un numero di dipendenti paragonabile a quello dell’Alitalia, i mezzi collettivi coprono soltanto il 28,2% della mobilità «motorizzata», contro il 47% di Milano, quasi il 50% di Londra, il 63% di Parigi e Madrid, il 70% di Barcellona.
In meno di dieci anni, nella capitale spagnola sono stati realizzati 100 chilometri di metropolitane. Mentre a Roma è ora in discussione per la lievitazione dei costi dovuta a complicazioni archeologiche anche la costruzione del tratto più importante della linea C. Siamo la città d’Europa con il più basso rapporto fra chilometri di metropolitana e abitanti: 9,6 per milione, contro i 101 di Oslo, i 62 di Londra, i 38 di Madrid, i 24 di Berlino e i 19 di Parigi. Per non parlare della scarsità di ferrovie suburbane: 195 chilometri a Roma, 2.811 a Berlino, 1.477 a Vienna, 1.466 a Parigi, 788 a Londra. Il che rende, ovviamente, la situazione delle periferie ancora più caotica.
Mettiamoci pure che Roma è l’unica grande città d’Europa a non avere un aeroporto collegato con la metropolitana, nonostante i binari arrivino a Fiumicino dai mondiali di calcio di Italia’90 e il quadro è completo.
Poi c’è il resto. Non esiste un centro direzionale. I costi degli immobili sono altissimi, in qualche caso addirittura superiori a quelli delle grandi metropoli europee: non altrettanto si può dire per l’efficienza dell’amministrazione. E se questa è diventata la seconda città industriale d’Italia, la capitale produttiva e soprattutto finanziaria, anche a causa delle privatizzazioni e delle concentrazioni bancarie, è sempre di più Milano.
Decisamente non è un caso che il capoluogo lombardo sopravanzi Roma nella classifica della qualità della vita del settimanale britannico Economist, che la colloca soltanto al cinquantaduesimo posto fra le città mondiali di una certa dimensione. Se non scivola più in basso, probabilmente, è solo grazie al clima.
Non è poco, ma non è di sicuro merito degli amministratori che si sono avvicendati negli anni. Soprattutto non basterà una passeggiata al Pincio in un tiepido pomeriggio di primavera a persuadere i manager delle multinazionali che questa città fa al caso loro. Tutt’al più potrà convincerli a venirci in vacanza.
Sergio Rizzo