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 2012  marzo 29 Giovedì calendario

LA FAZIOSITA’ E GLI SCOOP. ONORE DELLE ARMI PER L’ONE MAN SHOW

Rien ne va plus, les jeux sont faits. La pallina si è fermata sullo zero, ma questa volta Emilio Fede non ha vinto nulla. Dal Casinò dell’Informazione è stato accompagnato fuori, in maniera inaspettata, «non consensuale», forse a causa della valigia svizzera piena di soldi, forse per Ruby Rubacuori, forse semplicemente per una questione di età.
Onore delle armi, perché Fede, come ebbe a riconoscergli persino Sergio Cofferati, è uno spudoratamente onesto: «la sua è un’informazione di parte, ma è senza infingimenti. Altri sono faziosi, ma fingono di non esserlo». Da quando è sbarcato alla corte del Biscione, non ha mai fatto mistero del suo tifo, della sua venerazione, della sua partigianeria.
Anzi, se esiste qualcosa che va oltre la faziosità, ebbene quello è sempre stato il suo terreno d’elezione. Tuttavia, non bisogna dimenticare che è stato protagonista del giornalismo televisivo. Era la notte fra il 16 e il 17 gennaio 1991 quando scoppiò la guerra del Golfo e fu proprio Fede, collegato con New York e con Silvia Kramar, a dare per primo in tv la notizia dei bombardamenti di Bagdad. Con il pionieristico tg di Mediaset (allora Fininvest) e con pochi mezzi ha sempre fatto informazione, da one man show. Ha piazzato diversi scoop, ha preso qualche toppa (quella delle bandierine elettorali), ma ha sempre dimostrato di esserci. Ha lanciato molti giornalisti (Timperi, Brosio, Capuozzo, Lombezzi, Fedeli), ha tenuto banco fino alla fine.
Nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, Fede inizia la carriera come redattore giudiziario, diventando poi cronista e inviato speciale. Dopo alcuni anni alla «Gazzetta del Popolo» di Torino (girava in spider, corteggiava Enza Sampò), entra in Rai nel 1954, prima come conduttore a contratto («Il circolo dei castori») e, dal 1961, come giornalista fisso del tg, dove si occupa di cronaca varia. Nel 1964 sposa Diana De Feo (ora senatrice, una vera santa per come ha saputo gestire il rapporto con il marito, il suo vizio per il gioco, le sue vere o presunte scappatelle), figlia dell’allora potentissimo vicepresidente della Rai Italo De Feo (di qui gli appellativi di «ammogliato speciale» e di «genero di prima necessità»). Realizza numerose inchieste per Tv7, tra cui quella famosa sulla bistecca gonfiata dagli estrogeni; quindi, per ben otto anni è inviato speciale in Africa (per certe note spese giudicate eccessive viene spiritosamente ribattezzato «Sciupone l’Africano»). Ricopre dapprima la carica di capo redattore, poi (dal 1976 all’81) di vicedirettore e di direttore «pro tempore» del Tg1 (in seguito all’allontanamento di Franco Colombo, coinvolto nelle liste della loggia segreta P2), che dirige dall’aprile 1981 all’agosto 1982. Nel 1983 conduce una trasmissione di intrattenimento, Test, con Enzo Spaltro, il primo «psicologo da spettacolo».
Sotto la sua direzione, il Tg1 racconta la tragedia della morte di Alfredino Rampi, a Vermicino. Nel frattempo si candida alle elezioni politiche del 1979 nelle liste del Partito socialista democratico italiano (Psdi). Il rapporto con la Rai termina nel 1987 in seguito a un processo per gioco d’azzardo.
Fede finisce a Rete A (una piccola tv locale della Peruzzo Periodici), dirige il notiziario e dichiara ai giornali di non voler mai più comparire in video. Ma Silvio Berlusconi lo chiama in Fininvest, conquistandosi la sua eterna riconoscenza, dove viene nominato nel 1989 direttore della struttura informativa Videonews e in seguito di «Studio aperto», il Tg di Italia 1.
Come già detto, è il primo a dare l’annuncio dell’attacco americano su Bagdad e della cattura di due piloti italiani, riemergendo così da un cono d’ombra durato qualche anno. Nel 1992 diventa direttore del Tg4 e resta in carica fino a ieri. Ha scritto anche molti libri, tra cui «Samba dei ruffiani», con prefazione di Francesca Senette, allora sua pupilla. La sua totale dedizione e la sua ostentata devozione nei confronti di Silvio Berlusconi sono state spesso bersaglio di «Striscia la notizia», sulla cui scrivania si esibiva un cagnolino di nome Emilio Fido. Memorabili restano anche i suoi «fuori onda», siparietti ripresi regolarmente da «Striscia» in cui il direttore si abbandona a sfoghi collerici nei confronti dei suoi collaboratori. Ma non abbiamo mai capito se fossero veri o perfide interpretazioni consumate di proposito. Adesso non gli resta che farsi eleggere in Parlamento, l’ultimo refugium peccatorum.
Aldo Grasso