Diego Gabutti, ItaliaOggi 27/3/2012, 27 marzo 2012
Il Papa va a Cuba anche se prima fa una dichiarazione antimarxista – C’è una pretesa bizzarra, da parte dei sindacati, dei leghisti, dell’Italia dei valori e della minoranza democratica, cioè di tutti quelli che s’intestardiscono a combattere la grande guerra (nemmeno ideologica, ma giusto il fatto personale in vista delle elezioni che s’avvicinano) sull’art
Il Papa va a Cuba anche se prima fa una dichiarazione antimarxista – C’è una pretesa bizzarra, da parte dei sindacati, dei leghisti, dell’Italia dei valori e della minoranza democratica, cioè di tutti quelli che s’intestardiscono a combattere la grande guerra (nemmeno ideologica, ma giusto il fatto personale in vista delle elezioni che s’avvicinano) sull’art. 18. È la pretesa che le aziende private italiane, vent’anni dopo la fine della guerra fredda, quando ormai persino il Papa può andare a Cuba facendosi precedere da una dichiarazione antimarxista, che un tempo gli sarebbe costata minimo il visto d’ingresso, funzionino come le aziende socializzate in Urss. * * * Prima di varare la riforma del lavoro (una riforma che per il momento c’è soltanto sui giornali e nella testa di chi ancora legge le pagine politiche) non si limiteranno ad aspettare le elezioni. Nonno Mario e i suoi fidi bocconiani aspetteranno anche (anzi soprattutto) di vedere chi le vince. * * * «Ricordo una vecchia che abitava in un calanco, in una casa piccola piccola con erbe e fiori piantati sotto il muro. La sera stava seduta davanti alla finestra ad aspettare che passasse la luna. Quando appariva la luna piena, applaudiva» (Tonino Guerra, Polvere di sole, Bompiani 2012). * * * Non meno bizzarra, naturalmente, è la pretesa del Caro Leader e delle sue maestrine di scuola: che le aziende italiane marcino perfettamente incolonnate se non come Sturmtruppen alla conquista del mondo almeno come cavalli viennesi che, ben infiocchettati e impennacchiati, danno spettacolo con passo ritmico, giù al maneggio del Prater, per Cecco Beppe e famiglia. * * * Per l’impiego pubblico e le aziende di stato (o almeno simpatizzanti) vale invece l’ordine sparso. * * * Non c’è più bisogno di satira politica (meglio per Sabina Guizzanti, che non sa che cosa sia) da quando i politici fanno tutto da soli e si sbertucciano da sé. Come per esempio Tonino Di Pietro, autoironizzatore tanto famoso quanto involontario, che ha dichiarato d’essere «pronto a un Vietnam parlamentare» se la norma sui «licenziamenti facili» non verrà abrogata. * * * «Entrate lì dentro, in queste mense. Con gli occhi spalancati abbiamo visto distribuire la manna comunista. (_) Ognuno porta una scodella, o una vecchia scatola di conserva, o un ex piatto da barbiere, e persino vere gamelle. Tendono queste cose verso il bancone lurido. La porzione d’immonda zuppa cade schizzando di qua e di là nei vari contenitori. L’ingoiano avidamente. È l’ultimo stadio della degradazione, sono stalle per uomini. È la terza internazionale. Alla quarta si camminerà a quattro zampe. Alla quinta s’abbaierà» (Albert Londres, Nella Russia dei soviet, Ideazione Editrice 1998). * * * Secondo Massimo D’Alema, che continua a perseguire l’alleanza col radicalismo di sinistra, a cominciare dalla Cgil scesa sul sentiero di guerra, la riforma dell’Art. 18 è «pericolosa e confusa». Be’, confusa è confusa, inutile negarlo. Non fosse che perché non c’è - è una chimera. Apparirebbe, forse, meno confusa soltanto se il Caro Leader si ripromettesse di cancellare anche i privilegi degli statali, che campano di tasse, e non solo quelli dei lavoratori dipendenti del settore privato, che invece pagano tasse salate per tenere allegro il ceto fortunello che prospera sulla spesa corrente. Ma perché pericolosa? C’è forse il rischio che qualcuno s’arrabbi e indulga a gesti disperati perché un governo più ligio alla democrazia formale che a quella sostanziale intende riformare (se mai lo farà) l’Art. 18 contro il parere di sindacalisti danzanti come dervisci, fascisti che tifano per le manette, ex democristiani de sinistra e Neogoscisti Molleggiati? Crepi il mondo ma per carità non facciamo arrabbiare i pazzi? * * * Niente magliette con la scritta «la Fornero al cimitero» alle manifestazioni della Cgil, prego. Piaceranno a Oliviero Diliberto (ex On. ed ministro della giustizia, e pensate che idea poteva avere della giustizia uno che ha quest’idea dell’eleganza femminile) ma non piacciono a Susanna Camusso. Piacciono ancor meno al ministro del welfare e del lavoro. Che sia questo il clima pericoloso che secondo D’Alema consegue alla riforma dell’Art. 18? Magliette operaiste dark? Sorrisi da squalo degli ex ministri della giustizia? Se è tutto qui, se il peggio che può succedere è che Elsa Fornero scoppi a piangere, si può rischiare d’estendere la riforma anche a statali nullafacenti e fancazzisti. * * * «La logica “aberrante” si distingue dalla logica “allucinante” per connotazioni positive, o negative, o nessuna connotazione? Esiste una qualunque differenza tra una logica aberrante e un’ottica aberrante? E fra un’ottica allucinante e una logica allucinante, ne esistono? Quando la logica è “grottesca” e l’ottica è “farsesca” e la montatura è “ridicola”, che cosa si fa? Si ride o si piange?» (Alberto Arbasino, Un paese senza, Garzanti 1980).