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 2012  marzo 26 Lunedì calendario

Ascesa al Monte a piccoli passi così Profumo cercherà la riscossa – Che cosa farà Alessandro Profumo al Monte dei Paschi di Siena? È la domanda che si sente ripetere negli ambienti finanziari e dagli operatori del mercato, interessati a capire se il titolo del Monte, molto deprezzato negli ultimi tempi, può tornare a incarnare una storia di crescita premiante per gli investitori

Ascesa al Monte a piccoli passi così Profumo cercherà la riscossa – Che cosa farà Alessandro Profumo al Monte dei Paschi di Siena? È la domanda che si sente ripetere negli ambienti finanziari e dagli operatori del mercato, interessati a capire se il titolo del Monte, molto deprezzato negli ultimi tempi, può tornare a incarnare una storia di crescita premiante per gli investitori. Il track record di Profumo è infatti molto particolare: il suo percorso in Unicredit gli ha appiccicato addosso l’etichetta di manager della discontinuità. «Sono riuscito a far crescere Unicredit perché Enrico Cuccia era distratto da altre partite finanziarie», ha detto di se stesso in tempi non sospetti quando era già al vertice del gruppo bancario più potente del paese e il fondatore di Mediobanca era scomparso da un po’ di anni. E proprio per questo si è sempre considerato un uomo al di fuori del "sistema", difficilmente manovrabile, ma pur sempre un banchiere molto più attento alle esigenze del mercato piuttosto che alle beghe del cortile di casa nostra. Nell’estate del 2005, mentre le cronache finanziarie erano piene di resoconti sulle scalate di Stefano Ricucci al Corriere della Sera e dell’Unipol di Giovanni Consorte alla Bnl, Unicredit si comprava in Germania la HypoVereinsbank, una grande banca tedesca con problemi di redditività importanti. Profumo l’ha presa facendo diventare Unicredit il gruppo bancario più internazionale d’Europa, con una "franchise" sui promettenti mercati dell’est oggi ambita da tutti i concorrenti. E, giustificando quell’appellativo di "arrogance" che si è guadagnato nel corso degli anni, per un po’ di tempo ha potuto guardare tutti dall’alto in basso. Sebbene il suo progetto sulle Generali di liberarle dalla morsa di piazzetta Cuccia, intentato nel 2003, aveva portato solo all’obbiettivo minimo dell’uscita di scena di Vincenzo Maranghi. Il Leone di Trieste infatti, come anche i fatti dei giorni nostri riferiscono, non è mai riuscito a darsi quel colpo d’ala manageriale per raggiungere una taglia che l’avrebbe "assicurato" da qualsiasi attacco esterno. Dal 2007 al 2010 è andato in onda un altro film, con un Profumo in difficoltà e costretto ai compromessi con i propri azionisti e finanche con la politica. Il combinato disposto dell’acquisto di Capitalia ai massimi storici e l’avvento della crisi finanziaria mondiale, che è andata a mordere le banche che più avevano fatto ricorso alla leva finanziaria, è stato mortale anche per il grande banchiere. La sua uscita da Unicredit, nel settembre 2010, segna un passaggio tra i più amari che si siano mai visti. «Vogliono mettere le mani sulla banca», disse ai tempi riferendosi ai fondatori Biasi e Palenzona che avevano deciso di dare una sterzata alla guida del gruppo mandando avanti il bulldozer Dieter Rampl a fare il lavoro sporco. Salvo scoprire qualche mese dopo che i fondatori trattavano le sorti di Unicredit con il grande tessitore romano Luigi Bisignani. Così, nel nuovo mondo delle banche aguzzine di un’opinione pubblica esasperata, Profumo è un facile bersaglio di critiche. Dai 40 milioni di liquidazione da Unicredit, frutto di 15 anni di lavoro e di creazione di valore per tutti gli azionisti, come direbbero i sostenitori della dottrina dello "shareholder value", alla morsa della magistratura per operazioni fiscali al limite della correttezza. Operazioni che però hanno fatto tutte le grandi banche, come dimostrano le transazioni con il Fisco di Intesa Sanpaolo, Bpm e le altre. Ma le critiche che hanno comunque avuto l’effetto di stroncare sul nascere le ambizioni politiche di Profumo, dichiarate apertamente quando il governo Berlusconi mostrava di avere i gironi contati. Ora la nuova vita con il Monte dove «c’è spazio per fare bene» e dove il ticket con Fabrizio Viola sembra ben congegnato, essendo stato lo stesso Profumo a suggerire il nome dell’attuale amministratore delegato agli azionisti della banca. Ma la situazione da gestire sarà completamente diversa da quella degli anni ruggenti di Unicredit. Il Monte deve ritrovare la sue verve di banca medio grande molto legata al territorio, ma per tornare a buoni livelli di redditività dovrà trovare un nuovo modello di business più in linea con i tempi. La capillarità degli sportelli potrebbe diventare un boomerang come anche l’eccesso di personale non sarà facile da gestire, vedasi manifestazioni degli ultimi giorni in quel di Siena. Forse a Profumo e Viola toccherà deludere un po’ i mercati che magari si aspettano una nuova tornata di aggregazioni nel breve termine. Il primo obbiettivo rimane infatti quello di far diventare Mps una buona banca domestica, in linea con i cambiamenti che tutto il sistema bancario dovrà affrontare. Poi, forse in seguito, si potrà parlare di ulteriore crescita, ma certo non sembra auspicabile per una realtà così radicata culturalmente come quella senese immaginarsi una costola di un grande gruppo bancario internazionale. La perdita dell’indipendenza non è di certo uno status che si addice alla banca più antica del mondo e Profumo lo sa bene, dunque agirà di conseguenza.