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 2012  marzo 26 Lunedì calendario

Diciotto ore in marcia nella giungla così Colangelo è tornato libero – BHUBANESWAR (ORISSA) - Stravolto, felice, infuriato per questi «dieci giorni rubati alla mia vita che sembrano dieci anni»

Diciotto ore in marcia nella giungla così Colangelo è tornato libero – BHUBANESWAR (ORISSA) - Stravolto, felice, infuriato per questi «dieci giorni rubati alla mia vita che sembrano dieci anni». Adesso è vero e confermato: addio giungla, Claudio Colangelo è libero. Ieri sera alle undici (le 19,30 in Italia) è arrivato sano e salvo nella capitale dell’Orissa, Bhubaneswar, e presto tornerà a Rocca di Papa, dove vive con moglie e figli: «Ora spero solo che liberino anche Paolo Bosusco, è una persona straordinaria», dice appena gli porgono un microfono. Quattro giornalisti televisivi indiani si sono fatti diciotto ore massacranti di cammino nella giungla del Daringibadi, guadagnandosi ogni metro in fila indiana tra i fitti arbusti di montagna per raggiungere il luogo concordato con i maoisti dell’Orissa e per riportarselo a casa. Un viaggio autorizzato da Sabyasachi Panda, il leader dei guerriglieri rossi che aveva catturato dieci giorni fa il pensionato italiano insieme alla guida turistica Paolo Bosusco, per il quale il cammino verso la libertà rischia purtroppo di essere ancora lungo. I quattro giornalisti - tra cui Sampad Mahapatra dell’emittente Ndtv, da sempre in diretto contatto con i maoisti - erano partiti venerdì dal villaggio di Daringibadi in direzione della giungla, telefonini spenti e cuore in gola, per «un’intervista a Panda» che tutti sapevano avrebbe potuto avere un’appendice ben più importante. Appuntamento rinnovato di continuo dai guerriglieri che si sono finalmente presentati a un punto d’incontro solo il giorno dopo, sabato sera, quando tra chi li aveva visti partire e ne aveva intuito il vero obiettivo era montata come panna acida la certezza che «Claudio Colangelo è stato liberato». Un’anticipazione frettolosa, rimbalzata con formula dubitativa su tutte le tv indiane, che ha gettato nello sconforto quando ci si è resi conto che non era (ancora) vero. Ieri mattina, invece, Sabyasachi Panda ha dato l’ok, affidando Colangelo ai quattro giornalisti: «Vai, sei libero». Con Paolo un abbraccio, un sospiro e un sorriso pieno di speranza: «Ci vediamo a Roma». In un punto imprecisato della foresta, che Bosusco e i suoi carcerieri hanno subito abbandonato nella lunga marcia infinita della clandestinità, Claudio ha registrato la sua prima intervista da uomo libero, poi è cominciato il viaggio di ritorno: «Appena ho potuto ho chiamato mia moglie Silvana. Le ho detto solo "sono libero e sto benissimo", e ho sentito in casa un urlo di gioia che non finiva più». Lo hanno accompagnato nel posto di polizia di Sorada, ai piedi delle austere, bellissime e selvagge montagne del Daringibadi. Poi via in auto verso Bhubaneswar, a bordo di un’auto della polizia tra agenti armati fino ai denti. «Ho chiesto alla polizia se possono farmi avere le mie valigie che sono rimaste in albergo a Puri, così posso ripartire subito per l’Italia". Per un capitolo che si chiude, però, se ne apre un altro delicatissimo. Paolo Bosusco resta chissà dove nel folto della foresta di teak, pini e sal, a tenere a bada la malaria che lo ha colpito e che i maoisti hanno saputo «immediatamente riconoscere con il test e curare». Pandaè stato chiarissimo: «Ho liberato Claudio Colangelo per ragioni umanitarie, ascoltando gli appelli che sono arrivati dalla società civile, ma ora devono riprendere immediatamente i negoziati» tra la delegazione maoista e quella governativa, ha detto nell’intervista ai giornalisti che lo hanno raggiunto nella giungla. Quegli stessi negoziati, cioè, che erano stati interrotti sabato perché continuamente minati dalle violenze perpetrate, in barba al coprifuoco, dai naxaliti di un’altra fazione che sconfinano dall’Andhra Pradesh. In tre giorni hanno prima freddato un poliziotto sparandogli alla testa e poi rapito un parlamentare assaltando in cento la sua auto. Non è un caso che sia stato versato sangue e ci sia stato un nuovo rapimento proprio quando le discussioni tra i mediatori di Panda e il governo del chief minister Naveen Patnaik erano a un passo dall’accordo finale, congiuntamente celebrato come imminente: la pace in Orissa non piace affatto alle fazioni più estreme dei naxaliti. Panda ha condannato «le violenze durante le trattative» assicurando di volere percorrere «un cammino democratico», e oggi stesso i mediatori potrebbero ricominciare il lavoro.