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 2012  marzo 28 Mercoledì calendario

ROMA —

«Io sono un pazzo, sono fuori da ogni tipo di catalogazione e i pazzi ringiovaniscono sempre. Che c’entra l’età? La giovinezza non ha età. Anzi, ci vuole molto tempo per diventare giovani».
Albertazzi, allude per caso alla battuta acida nei suoi confronti, fatta dagli occupanti del Teatro Valle?
«Quale battuta?».
Quando il sindaco Alemanno ha annunciato che intende affidare a lei la direzione del Valle, hanno detto «la gioventù che avanza».
«Ma non conta la gioventù, è l’efficienza che conta. Sapesse quanti giovani ho conosciuto che erano già degli zombi. Per quanto mi riguarda, l’età anagrafica, 88 anni, non corrisponde a quella biologica: che ci posso fare?».
Dunque, l’idea di dirigere il Valle la intriga?
«Certo che sì: è il teatro più antico di Roma e poi io su quel palcoscenico ho debuttato con il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, se non ricordo male. Erano i tempi in cui quel teatro era frequentato da gente come Gassman, Gabriele Ferzetti, Grassilli come attor giovane...».
Il Pd romano dice che lei è un fedelissimo di Alemanno e per questo le è stata offerta questa direzione.
«Intanto non è una nuova proposta, ma circola da tempo. Lo sa chi sono stati coloro che me l’hanno offerta per primi? Rutelli e Veltroni. Tanto che, il primo passo per avvicinarmi a tale direzione fu quello di entrare nel consiglio d’amministrazione dell’Ente Teatrale Italiano, ora dismesso, ma che all’epoca gestiva appunto sia il Valle che il Quirino. E gestiva anche la Pergola: infatti, la proposta di direzione artistica oscillava proprio tra il Valle di Roma e la Pergola di Firenze. Quindi, come vede, io non appartengo ad alcuna categoria, gruppo o gruppetto politico, non sono "fedelissimo" di nessuno. Sono fedelissimo solo dell’arte teatrale e basta».
Anche l’attuale dirigenza del Teatro Stabile di Roma voleva coinvolgerla in un progetto al Valle, giusto?
«Assolutamente sì. Se ne parlava già nella primavera-estate scorsa con Gabriele Lavia, direttore artistico dello Stabile capitolino che avrebbe dovuto assumere, per un certo periodo di tempo, la gestione del Valle. E, in tale contesto, mi era stata chiesta una collaborazione. Avevo proposto un mese dedicato a Dante. Poi l’occupazione ha preso il sopravvento e la situazione è precipitata».
Come la mette con gli occupanti del Valle?
«Non ho nulla contro di loro, anche se l’"okkupazione", in quanto tale, mi sembra un po’ una roba da anni Settanta. Ho un appuntamento con gli occupanti, parlerò, discuterò con loro».
Se si concretizza la proposta del sindaco, qual è il suo progetto?
«Non solo un teatro di tradizione, ma un centro studi, perché il luogo si presta a diventare una fucina di arti e mestieri della scena. E poi penso a un centro dedicato alla drammaturgia nazionale, per promuovere nuovi autori, nuove idee, perché è solo con le nuove idee che non si invecchia».
Insomma, sembra evidente che lei tiene molto a questa direzione.
«Non ci muoio appresso... Se si realizza, vorrà dire che finalmente potrei fare qualcosa di importante per Roma: da oltre quarant’anni vivo qui, mi sento romano».
Emilia Costantini