Vari, Corriere della Sera 28/3/2012, 28 marzo 2012
ROMA —
Nasce il movimento dei bombasseiani «Impresa al centro» ed è nuova polemica dentro Confindustria, mentre Finmeccanica minaccia di uscire. Una sessantina di fedelissimi di Alberto Bombassei, l’imprenditore bergamasco che ha perso la corsa alla poltrona di viale Astronomia per 11 voti (93 a 82), si sono riuniti in un albergo milanese per convincere il vincitore Giorgio Squinzi a recepire le loro richieste (rifondazione associativa e nuova squadra di alta qualità). La linea che ne è uscita è quella di «non mollare» sull’onda di una euforia forse non ancora smaltita per essere arrivati a pochi metri dal traguardo. Erano presenti, tra gli altri, Francesco Merloni, Gianfranco Rocca, Andrea Bolla, Stefano Parisi e in teleconferenza Andrea Tomat leader dei veneti. In serata i presidenti dei giovani e dei piccoli Jacopo Morelli e Vincenzo Boccia (le due associazioni i cui soci avrebbero a sorpresa votato per Bombassei al contrario dei loro presidenti) hanno condannato l’iniziativa milanese. «Ci auguriamo non si tratti di una corrente all’interno di Confindustria — ha detto Morelli — sarebbe una iniziativa grave e senza precedenti nei 100 anni di storia della nostra associazione». Uno scenario, per Morelli, «che ci accomunerebbe alla peggiore tradizione politica». Boccia invita all’unità e il fatto che «Squinzi dovrà essere il presidente di tutti è evidente, non è necessario immaginare movimenti o pseudocorrenti». Per il presidente designato a succedere a Emma Marcegaglia i guai arrivano anche da Finmeccanica: il ceo Giuseppe Orsi ha confermato la possibilità di un’uscita se non verranno valorizzati i contributi della grande impresa. La soluzione Fiat dunque potrebbe essere un’opzione. «Decideremo — ha precisato Orsi — a seconda del grado di cambiamento della nuova presidenza». Per mediare Squinzi ha tempo fino al 19 aprile, quando una giunta straordinaria dovrà votare programma e squadra.
Roberto Bagnoli
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MILANO — Incontri o contatti diretti con Sergio Marchionne non ce ne sono stati e, per quel che se ne dice al Lingotto, non ne sono previsti. Almeno a breve. Dopodiché: se Giorgio Squinzi vorrà (come ha dichiarato, e già avrebbe tentato i primi passi) «fare il possibile» per riportare Fiat in Confindustria, per il presidente designato la strada non sarà comunque così semplice come lo sarebbe stata se in viale dell’Astronomia avesse vinto Alberto Bombassei (che il rientro se l’era assicurato in partenza). Dovrà passare anche da una ricomposizione, se ci sarà, della spaccatura evidenziata dal voto. Al di là della posizione di Torino. Dove Marchionne continua a mostrare una sostanziale indifferenza. Ma dove, in ogni caso, un piccolo filo con l’universo associativo rimane. E proprio a Torino.
Quando lasciò Confindustria, il 3 ottobre, il numero uno Fiat-Chrysler non sbatté proprio tutte le porte. Lasciò parzialmente aperte quelle «locali». Scrisse: «Stiamo valutando la possibilità di collaborare con alcune organizzazioni territoriali e in particolare con l’Unione di Torino». Aveva in mente una sorta di assistenza tecnica (a pagamento, ovvio) su servizi specifici. Esempio tipico: tutti gli incontri sindacali per Mirafiori sono stati organizzati in via Fanti. Lo stesso potrebbe accadere in altre sedi di fabbriche Fiat. Ma questo rimane per adesso l’unico legame. Torino la sola territoriale ancora «tecnicamente» frequentata. Né, finora, Marchionne pare intenzionato a riaprire le porte chiuse. A meno di svolte che dipenderanno, anche, dai rapporti Squinzi-Bombassei. E che oggi restano al calor bianco.
R. Po.