Sergio Rizzo, Corriere della Sera 28/3/2012, 28 marzo 2012
ROMA - Sono nove righe, a pagina 92 della Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana che porta la data del 16 marzo
ROMA - Sono nove righe, a pagina 92 della Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana che porta la data del 16 marzo. E la firma, sotto il «decreto presidenziale» che nomina per altri tre anni il vicedirettore dell’Agenzia per l’impiego, è quella del governatore Raffaele Lombardo. Il prescelto? Silvio Marcello Maria Cuffaro, dipendente regionale e fratello del predecessore di Lombardo, Salvatore «Totò» Cuffaro, così legato a lui da averlo voluto nella propria segreteria particolare. Per non parlare degli affari in comune, fra cui quell’azienda alberghiera, la Raphael srl, nella quale i due fratelli (insieme al terzo, Giuseppe) si erano trovati addirittura nell’aprile 2008 soci della stessa Regione, di cui l’uno era dipendente e l’altro presidente, che aveva rilevato la quota già in mano a Sviluppo Italia. Sfortunato l’epilogo: azzeramento per perdite dell’intero capitale, compresa la quota da 425 mila euro della Regione. Che limitò i danni ritirandosi dalla faccenda con una «buonuscita» di 183 mila euro. Succedeva mentre Silvio era già a metà del suo primo mandato da vicedirettore dell’Agenzia, incarico ricevuto appena dopo la partenza di Totò da Palazzo dei Normanni. Ma se è impossibile ora dire che la sopravvivenza di quella struttura abbia qualche rapporto con la sua conferma, certo è che il testo originario della legge finanziaria siciliana di dicembre 2011, come ha raccontato Accursio Sabella sul quotidiano online www.livesicilia.it, ne prevedeva la soppressione (poi saltata). E, a leggere un rapporto pubblicato nei giorni scorsi dalla Corte dei conti, non si può dar torto a chi aveva immaginato l’eutanasia dell’Agenzia regionale per l’impiego. In una Sicilia nella quale la disoccupazione giovanile è al 38,5% e il 65,1% delle giovani donne è senza lavoro, le sono affidate alcune incombenze, fra le quali, per esempio, favorire l’incontro fra offerta e domanda di lavoro: per cui si serve di una rete di sportelli «multifunzionali» che fanno capo al Dipartimento regionale del lavoro. Sportelli che costano, secondo la Corte dei conti, 63 milioni di euro l’anno. Ma la cifra più consistente che transita per l’Agenzia sono i circa 300 milioni del Fondo unico per il precariato. Perché oltre ai 19.165 dipendenti che compaiono negli elenchi ufficiali del personale, la Regione siciliana paga ben 27.374 precari. Questi non sono, sia ben chiaro, tutti i saltuari siciliani retribuiti dalle casse pubbliche. Altri 5 mila, per esempio, li ha soltanto la città di Palermo, e il loro costo è sostenuto in parte dallo Stato e in parte dal Comune. Così anche a Sciacca e in altri centri. I precari pagati dal Fondo regionale sono quelli impiegati nelle asu, «attività socialmente utili» e nei cosiddetti «progetti di utilità collettiva», meglio noti come puc. Sussidi in piena regola e mascherati, come dice nemmeno troppo velatamente la stessa Corte dei conti, sottolineano la gravità «dell’assenza di forme di valutazione e controllo» a proposito del «miglioramento dei servizi forniti alla collettività». Traduzione: quelle risorse vengono spese senza alcuna «utilità» per i siciliani. E, dall’esame dei giudici contabili, l’Agenzia ne esce con le ossa rotte. Cominciando dai fondamentali. «Carenti», insiste la Corte, «si sono rivelati i controlli svolti dall’Agenzia soprattutto nei confronti di soggetti privati (associazioni di volontariato, enti ecclesiastici, ecc. ) utilizzatori di soggetti impegnati in attività socialmente utili». Eppure non si può dire che manchi il personale. Al 15 marzo del 2011 i dipendenti risultavano 103, la maggior parte di provenienza esterna. «Scelta discutibile», commenta la Corte dei conti, «in presenza di un notorio sovradimensionamento del personale regionale». I soli dirigenti erano 17, dei quali dieci esterni (in una Regione che ne ha oltre duemila). Soprattutto, bravissimi: dal 2007 al 2009 «i dirigenti hanno tutti ricevuto una valutazione positiva» e anche «il dirigente generale preposto ha sempre ricevuto il punteggio massimo previsto. Incassando quindi il premio. E passi che i risultati da raggiungere per avere il massimo dei voti fossero per metà costituiti da «elaborazione di report e relazioni nonché attività convegnistica varia». Semplicemente stupefacente, poi, la fotografia della struttura interna. Dove lo staff del dirigente generale, oggi Maria Letizia Di Liberti, contava 25 persone. «Un numero», stigmatizza la Corte dei conti, più che doppio rispetto a quello del personale adibito al servizio cui compete la gestione del Fondo per il precariato». La relazione informa tuttavia come l’amministrazione si sia premurata di segnalare che «a chiusura del 2011 la dotazione dell’Agenzia era di 89 dipendenti e che l’intervenuta riduzione del personale aveva comportato la contrazione dell’organico degli uffici di staff». Abbiamo controllato: a parte il numero dei dipendenti (l’elenco interno porta 97 nomi), è vero. Da 25 persone lo staff del dirigente generale è passato a 21. Quante ne ha il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Scordavamo che la Regione siciliana possiede anche una società per azioni con compiti simili a quelli dell’Agenzia. Si chiama Lavoro Sicilia e ha un consiglio di amministrazione composto da tre persone: Casimiro Gianluca Galati, ex vice capo di gabinetto di Lombardo; Giovanni Bocchieri, ex capo della segreteria tecnica dell’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini; Giovanni Villari, ex consigliere regionale del Pd. Sergio Rizzo