Maria Teresa Cometto, CorrierEconomia 26/03/2012, 26 marzo 2012
CRISI. IN AMERICA TORNANO I TIMORI: E’ FINITA LA BENZINA DELLA LIQUIDITA’ - L
a ripresa economica continua ad essere debole. E tra gli economisti si torna già a parlare di rischi di una ricaduta nella crisi anche dell’America. In Europa secondo molti osservatori la recessione sarebbe già in atto, mentre in Cina, «la fabbrica del mondo», la produzione è in forte frenata secondo gli ultimi dati diffusi la settimana scorsa.
Negli Stati Uniti si profila quantomeno una primavera-estate di grandi incertezze, alimentate da un mix di segnali contrastanti: da una parte la situazione occupazionale sembra in miglioramento, ma dall’altra il mercato immobiliare continua ad essere depresso e gli imprenditori sono sempre timorosi di lanciarsi in nuovi investimenti.
Gli indicatori
Uno degli economisti più seguiti a Wall Street per l’accuratezza delle sue previsioni, Lakshman Achuthan dell’Economic Cycle Research Institute è sicuro che il ciclo economico Usa sia orientato al peggio: sono infatti in calo entrambi gli indici su cui basa le sue analisi, l’U.S. Coincident Index (USCI) — che segue l’andamento del ciclo — e il Weekly Leading Index (WLI), che anticipa la tendenza monitorando l’andamento dei profitti, la disponibilità di credito, la fiducia di consumatori e imprenditori, le attività immobiliari.
«È molto citato l’aumento del 3% del Prodotto interno lordo Usa nell’ultimo trimestre 2011, ma anno su anno la crescita è stata piatta all’1,5% negli ultimi tre trimestri — osserva Achuthan —. E gli indicatori che compongono il WLI sono su una traiettoria recessiva nonostante la massiccia iniezione di liquidità sul mercato da parte della Federal Reserve (Banca centrale Usa) e la sua influenza positiva sui prezzi di Borsa».
La capitalizzazione di Wall Street infatti è raddoppiata dai minimi di tre anni fa, mentre il Pil Usa è cresciuto solo del 6,6% e i lavoratori americani sono ancora 5 milioni meno di allora, con un tasso di disoccupazione all’8,3%, considerato alto per gli Stati Uniti.
Che cosa succederà nei prossimi mesi dipende da vari fattori. Ecco i principali.
Caro-benzina
La benzina sopra 4 dollari per gallone (1 gallone uguale 3,78 litri) è una soglia psicologica molto negativa per i consumatori americani, ipersensibili al costo di riempire il serbatoio dell’auto: se viene superata questa estate, la stagione dei viaggi, spingerà le famiglie a risparmiare su altre spese, azzoppando la ripresa dei consumi e di tutta l’economia. Questo è il rischio numero uno secondo Nouriel Roubini, l’economista della New York University famoso per aver segnalato con largo anticipo la crisi finanziaria del 2008: la paura dello scoppio di una guerra fra Iran e Israele, sostenuta quest’ultima dagli Usa, ha fatto recentemente rincarare il petrolio, che era sceso sotto i 100 dollari al barile nel 2011. «Le ultime tre recessioni globali (prima del 2008) sono state tutte causate da uno choc geopolitico nel Medio Oriente che ha portato a un forte rialzo dei prezzi petroliferi — ricorda Roubini —. Perfino la recente recessione globale, anche se scatenata dalla crisi finanziaria, è stata esacerbata dal caro-petrolio, che nel luglio del 2008 ha raggiunto i 145 dollari al barile».
Famiglie più povere
È vero che nelle ultime settimane è diminuito il numero di richieste di sussidi di disoccupazione, ma non solo il numero dei senza lavoro è ancora alto in assoluto (12,8 milioni), il problema è che il reddito e il patrimonio delle famiglie sono diminuiti dall’estate 2006, quando le valutazioni delle case avevano raggiunto il massimo negli Usa. Il reddito è inferiore del 6%, per effetto combinato dei posti di lavoro persi e dei salari stagnanti. E il patrimonio è sceso del 7% nonostante i guadagni in Borsa (di cui beneficiano i risparmi pensionistici), perché i prezzi immobiliari sono ancora sotto del 34%. La fiducia dei consumatori nel futuro della situazione economica è quindi ancora fragile: a marzo è sceso di un punto l’indice della University of Michigan, da quota 75,3 in febbraio, ancora ben sotto la media di 88,1 punti registrata durante gli anni non di crisi dal 1978 a oggi.
Incertezza sul 2013
Alla fine di quest’anno scadono i tagli alle tasse dell’era Bush, finiscono del tutto gli effetti dello «stimolo economico» di Obama, scattano i tagli automatici alla spesa pubblica federale se il Parlamento (quasi tutto rinnovato alle elezioni di novembre) non raggiunge un nuovo accordo sulla riduzione del debito pubblico ed entrano in vigore le nuove tasse legate alla riforma sanitaria. «È il precipizio fiscale su cui ha messo in guardia il governatore della Fed Ben Bernanke durante la sua ultima audizione parlamentare — sottolinea Jason Trennert, partner della società di ricerca finanziaria Strategas —. Secondo i nostri calcoli nel 2013 ci saranno 430 miliardi di dollari di aumenti delle tasse, compreso quelli sui dividendi e sul capital gain, se il Congresso non fa qualcosa».
Ma la probabilità che Washington risponda positivamente ai vari rischi incombenti sull’economia Usa sono solo del 30% secondo le stime di Strategas, che per questo si aspetta un calo di Wall Street del 10% da ora a fine 2012.
Maria Teresa Cometto