Maria Silvia Sacchi, CorrierEconomia 26/03/2012, 26 marzo 2012
MAPEI. GIORGIO SQUINZI FA PIU’ SPACIO AI DUE FIGLI
Per tutti i 12 anni in cui ha guidato Federchimica, Giorgio Squinzi ha continuato a essere anche il «signor Mapei». L’amministratore unico «a vita» — così nei documenti dell’azienda — del primo gruppo mondiale nelle colle e adesivi per mattonelle e terzo nella chimica per edilizia, carica per la quale nel 2010 ha ricevuto 500 mila euro a titolo di compenso. Una realtà da 2,1 miliardi di euro di fatturato totale nel 2011, che non ha mai distribuito un euro di dividendo, ha 59 stabilimenti produttivi nei cinque continenti e oltre 7.500 dipendenti, il 12% dei quali impegnati nella ricerca.
Anche se nei primi commenti «a caldo» il giorno della designazione giovedì scorso ha detto di voler «mantenere un rapporto diretto con la mia azienda, voglio continuare a seguirla» e di avere le forze per «onorare «entrambi gli impegni», oggi che si appresta a guidare Confindustria sarà forse più difficile proseguire con la stessa organizzazione di sempre.
Non fosse altro per la prima sfida che gli si pone davanti, e cioè riuscire a ricomporre la frattura che si è creata nell’organizzazione degli industriali per la cui guida l’amministratore unico di Mapei ha battuto il concorrente, il presidente di Brembo, Alberto Bombassei, con uno scarto di soli 11 voti.
Richiederà tempo.
La struttura
Se è vero che in azienda le decisioni finali spettano a Squinzi, Mapei in realtà poggia su una solida struttura manageriale, parte della quale deriva dalle acquisizioni effettuate negli anni. Una dozzina i manager che riportano direttamente a lui, insieme ai responsabili dei diversi mercati su cui la società opera. Come Carlo Pecchi, il direttore dell’area amministrazione e finanza, Roberto Boselli direttore acquisti e direttore produzione, Ernesto Erali, direttore commerciale, Giovanni Perriccioli a capo del personale, Pietro Guida a capo dei sistemi informativi. E, ancora, Zaverio Rovea, amministratore delegato insieme a Squinzi (che ne è anche presidente) di Vinavil. Solo per citare qualche nome
Poi (o prima, o insieme), c’è la famiglia. I due figli di Giorgio. Marco, 40 anni, capo della ricerca Mapei, un’area centrale per un gruppo che ha 12 centri di ricerca e investe in ricerca e sviluppo il 5% annuo del proprio fatturato. E Veronica, 39 anni, responsabile della pianificazione strategica e dell’avvio delle start up. Soprattutto, la moglie Adriana Spazzoli, 63 anni, da cui dipende il marketing. E la figlia di Laura Squinzi, avvocato e sorella del presidente designato di Confindustria, Simona Giorgetta, architetto, 35 anni.
Forse è ancora presto per dire. Ma l’arrivo al vertice di Confindustria potrà facilmente essere l’occasione per riflessioni su Mapei e su quello che sarà una volta affidata alla terza generazione Squinzi. Il gruppo, tra l’altro, fondato dal padre di Giorgio, Rodolfo Squinzi, ha appena festeggiato i 75 anni di attività. Di certo l’imprenditore, dal momento della decisione di candidarsi per Confindustria, non avrà tralasciato ragionamenti su questo tema. Si vedrà nelle prossime settimane in che direzione potranno portare, anche se ha già preannunciato che «mio figlio e mia figlia saranno ancora più coinvolti».
Le azioni
Sotto il profilo azionario, la famiglia Squinzi ha già fatto i suoi passi alcuni anni fa. Mapei è posseduta per i due terzi dal ramo familiare di Giorgio Squinzi, per il terzo restante da quello della sorella di Giorgio, Laura. Alla fine del 2007 Giorgio e Laura Squinzi hanno dato vita a una holding, la Emme Esse Vi srl, che ha per oggetto sociale «la conservazione e l’amministrazione in modo unitario» della partecipazione in Mapei «al fine di assicurare compattezza, continuità e organicità nella gestione (...) anche nell’ottica del passaggio generazionale». Lo statuto è stato costruito in modo da mantenere all’interno della famiglia il possesso di Mapei e da spingere le generazioni future a trovare soluzioni condivise.
Le azioni, però, sono state passate direttamente ai figli. Mentre solitamente nelle aziende si cede la nuda proprietà mantenendo l’usufrutto in capo ai genitori, la famiglia Squinzi ha fatto una scelta più netta. «Le nuove generazioni hanno la nostra piena e totale fiducia, il passaggio delle azioni ne è l’ulteriore prova», aveva spiegato Squinzi a CorrierEconomia, sottolineando che la famiglia aveva seguito «un processo molto lineare, abbiamo predisposto gli strumenti per il passaggio alla prossima generazione». È arrivato il momento di compiere questo passaggio.
Maria Silvia Sacchi