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 2012  marzo 26 Lunedì calendario

La rabbia dei produttori di vino: 52 documenti per ogni bicchiere - Due chili di carta per un litro di vino

La rabbia dei produttori di vino: 52 documenti per ogni bicchiere - Due chili di carta per un litro di vino. Cinquantadue adempimen­ti da effettuare dalla vigna al bic­chiere. Tre mesi di lavoro dedicati esclusivamente alle scartoffie. Scegliete voi qual è il dato più im­pressionante per descrivere il pe­so­della burocrazia sulla produzio­ne di quello che è uno dei vanti del Made in Italy , il vino. Che, come si vede dai dati che illustriamo in questa stessa pagina, piace sem­pre di più nel mondo. Chi però a New York o a Rio de Janeiro stap­pa un Chianti o una Barbera, pen­sa di aprire il risultato della fer­mentazione di uve di qualità, non una spremuta di incartamenti ir­ranciditi. A raccontare al Giornale le vicis­situdini di un vitic­oltore medio al­le prese con il Moloch della pedan­teria amministrativa è Federico Vacca, piccolo produttore pie­montese, titolare nonché agrono­mo di Cascina Principe, piccola azienda di Neive, in provincia di Cuneo, che produce Barbaresco, Barbera, Dolcetto, Arneis e altri classici vini piemontesi.Un giova­ne produttore di un’azienda stori­ca ma di piccole dimensioni, che dovrebbe essere incoraggiato e so­s­tenuto e si trova invece a combat­tere contro i mulini a vento delle carte da bollo.«Un vignaiolo-spie­ga - tutti i giorni è alle prese con la burocrazia. Fondamentalmente gli intoppi burocratici sono dovu­ti a numerose leggi e regolamenti che si sovrappongono in modo non coordinato. Il viticoltore si tro­va così a dovere a fare più volte le stesse pratiche, a compilare più moduli per la stessa cosa a più en­ti ». Ad esempio? «Guardi, già solo per il primo passo, quello di pian­tare un vigneto: la richiesta va fat­ta alla Provincia, la validazione su foto aeree sul fascicolo aziendale che è tenuto dalla Regione; se a questo aggiungi il controllo del­l’ente certificatore, solo per misu­rare un vigneto intervengono tre enti diversi. Tre lavori per fare la stessa cosa».Operazioni che natu­ralmente hanno un costo. «Certo­prosegue Vacca - un costo vivo, ma soprattutto un costo indiretto dovuto al tempo, al destinare per­sonale alle incombenze. Coldiretti, di cui io sono presiden­te per Alba, ha stimato che ogni azienda spende tre mesi di lavoro all’anno solo per svolgere tutte le mansioni burocratiche». Peso che naturalmente grava partico­larmente sulle aziende più picco­le perché in molti casi «l’adempi­mento è lo stesso sia per una vigna di cento metri sia per un’azienda che possiede centinaia di ettari. Quindi questa voce penalizza mol­to le piccole imprese vitivinicole, che peraltro sono quelle che in Ita­lia e soprattu­tto in Piemonte costi­tuiscono il tessuto del vino, quello più conosciuto e amato nel mon­do ». Una volta che un aspirante viti­coltore ha superato il primo sco­glio, quello dell’impianto della vi­gna, l’odissea è appena all’inizio. «Per arrivare dalla vite al vino è sta­to­calcolato che esistono 52 adem­pimenti burocratici, per alcuni dei quali ci sono più domande for­mali ». A creare molte grane, ad esempio, è il sistema di certifica­zione «che è molto importante, è stato introdotto dall’Ue ma a oggi è fatto ancora con le metodologie complicate. Nel senso che occor­re mandare fax preventivi per qua­lunque operazione e questo è un bene, per carità, perché i controlli fanno bene però bisognerebbe prevedere un sistema più veloce. Possibile che non possa esistere un portale telematico a cui accede­re per svolgere alcune di queste funzioni? E poi ci sono le accise». Le accise? «Guardi, è una grande complicazione, soprattutto per la vendita dei vini in Europa. Il vino per Bruxelles è un prodotto sotto­posto ad accisa e in Italia vige una deroga per i piccoli produttori ma questo non vale in tutta Europa. E allora succedono cose assurde. Ad esempio se un turista tedesco si ferma nella mia azienda, assag­gia i miei vini e mi chiede di spedir­glieli in Germania, io semplice­mente non posso. O meglio, pos­so a patto di spedirlo a un deposi­to fiscale in Germania che a sua volta recapiterà il vino al cliente. Questo comporta naturalmente per noi dei costi aggiuntivi. E peral­tro nessuna tassa incassata né per lo Stato italiano né per quello tede­sca. Almeno se io sapessi di contri­buire alla collettività... Ma no. E questo mina la competitività del­le nostre aziende». Coldiretti pre­sent­erà al Vinitaly in corso a Vero­na un progetto di modifica di alcu­ni regolamenti, per snellire i punti ruvidi della burocrazia. Un vino più leggero fa bene a tutti.