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 2012  marzo 26 Lunedì calendario

Quelle risate tra i due nemici che gli italiani non capiscono - La foto. Lui ha gli occhiali, i capelli bianchi, il sorriso quasi tenero e la guarda senza girare del tutto il volto, co­munque divertito, spezzando per un attimo ogni traccia di austerità

Quelle risate tra i due nemici che gli italiani non capiscono - La foto. Lui ha gli occhiali, i capelli bianchi, il sorriso quasi tenero e la guarda senza girare del tutto il volto, co­munque divertito, spezzando per un attimo ogni traccia di austerità. Lei è più alla mano, si vede, la testa è leggermente tirata indietro, la ri­sata è più vera- non ha le inibizioni dell’uomo - con le meches, il collo arrossato e gli occhi chiusi che non trattengono l’allegria. Lei ha da­vanti l’acqua, lui un bicchiere di vi­no mezzo vuoto (o mezzo pieno). Davanti, come dimenticato, un vassoio di dolci, s’intravedono tre marron glacè. La foto, si diceva, e uno potreb­be pensare che come questa se ne sono viste tante. È una pausa convi­viale sul lago di Como, a Cernob­bio, durante un forum della Con­fcommercio, solo che un attimo dopo l’anomalia si fa evidente, c’è qualcosa che non torna, non nella foto, ma nell’atmosfera. Quei due ridono. Ridono, porca della mise­ria. Come se tutto il resto non esi­stesse o stesse dall’altra parte della parete, sul palcoscenico, lì dove si apre il sipario della finzione e, co­me cantava il Caruso di Dalla, ogni dramma è un falso. Lì, nella contea nordica dei Gallio, nobiltà scom­parsa, la politica arriva solo come un rumore di scena. Fuori c’è un mondo, con il suo canovaccio do­v­e ogni commediante ha la sua par­te e recita a soggetto, e gli spettatori si accapigliano e rumoreggiano,ti­fando per l’uno o per l’altra, discet­tando di diritti e morale, come se quelle parole e quei gesti fossero vi­ta. E il bello è che gli spettatori siete voi. Siamo noi. Ecco cosa c’è di stralunato in quella foto. Lui sorride, lei ride. E i due sono Mario Monti e Susanna Camusso.Allora a noi spettatori al­l’improvviso increduli viene con un po’ difastidio da urlare:ma che ridete? Che c’avete da ride . Non c’era là, fuori da Cernob­bio, il muso a muso sull’articolo 18? Che fine ha fatto la contraddi­zione insanabile sulla riforma del lavoro, con la Cgil che evoca i fanta­smi dell’operaio massa e il gover­no dei tecnici con il loro bagaglio di cattedre bocconiane, di buona borghesia metropolitana e nordi­sta, di regolamentari camicie az­zurre e giacche blu libere finalmen­te dal rigore invernale del loden? Non c’è.O meglio,esiste come rap­presentazione. È simbolismo, è narrazione, è interessi, è identità, è senza dubbio soldi e perfino so­pravvivenza, custodia della poltro­na, che poi è l’istituzionalizzazio­ne del ruolo. Ma la vita è altrove. Questo non significa che la poli­tica sia solo un’inutile menzogna, ma che quando si presenta nuda, senza i costumi,spiazza l’elettore­spettatore. La foto di Cernobbio è un fuori onda. E sembra irreale per­ché abbiamo bisogno dei nostri mostri.È chi sta dall’altra parte del palcoscenico che sente il bisogno di mettere la maglietta con scritto «la Fornero al cimitero». Sono per noi i litigi a cena con gli amici su de­stra e sinistra. È al di là del teatro che gli antiCav disprezzano i Cav. Questo non capita ai commedian­ti. O davvero credete che Di Pietro sia l’acerrimo nemico di Berlusco­ni? No, anzi, Tonino per un mo­mento ha tremato quando il Cav ha lasciato Palazzo Chigi.Si è senti­to come l’attore a cui stavano sfor­biciando la parte. È come nell’epo­pea dei Pupi siciliani. A cosa serve Gradasso senza Orlando o Agri­mante senza Rinaldo? È così che Di Pietro senza Berlusconi deve in­ventarsi un altro canovaccio. Solo qualche volta capita che l’antipa­tia personale, la vita, prenda il so­pravvento sulla messinscena. Ac­cadde con Berlinguer e Craxi, e questo segnò il destino della sini­stra italiana. È successo nel divor­zio tra Fini e il Cavaliere. Un colpo di scena irrazionale dove l’attore per una volta ha vinto sul personag­gio. Non si sopportavano più, non si vedevano,urticanti l’uno per l’al­tro, senza fiducia, senza rispetto. Il paradosso è che critici e spettatori fecero di tutto per far credere che quel litigio fosse solo un’improvvi­sazione, un artificio, la brutta sto­ria di cinici sceneggiatori. Videro la vita e pensarono fosse teatro, ma­gari perché troppo abituati al tea­tro. E invece non sarà facile vedere Silvio e Gianfranco ridere come Su­sanna e Mario. La foto, appunto. Se qualcuno di voi si è chiesto, allora, cosa avesse­ro­da ridere lui e lei non deve pensa­re nulla di male. È quello che acca­de nel retrobottega del Palazzo. Certo, può anche accadere che due attori non si sopportino davve­ro. Succede, succede spesso, an­che a Hollywood, ma non ha nulla a che fare con la politica. La politi­ca la fate voi, non loro. Voi, spetta­tori, potete togliere il saluto a un condomino per una scelta di cam­po, per un commento in più. Non loro. La bella, disillusa verità è che in politica di solito nessuno si odia.